Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 febbraio 2020, n. 27

Proventi conseguiti in sostituzione dei redditi Articolo 6, comma 2, del Tuir

 

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto,
è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

L’Ente istante, associazione riconosciuta con
personalità giuridica, chiede di conoscere il corretto trattamento fiscale, con
riferimento alla ritenuta di cui all’articolo
25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in merito ad una somma che è stata
condannata a versare a seguito di una sentenza della Corte di Appello.

L’Ente rappresenta che il Sig. Alfa veniva nominato,
con decorrenza dal 13 dicembre 1999, Presidente dell’Ente per la durata di cinque
anni, incarico ulteriormente prorogato per un quinquennio.

Dal momento che il Sig. Alfa era titolare di partita
IVA ed essendo l’attività relativa a tale incarico di natura prevalente, il
compenso veniva qualificato quale reddito di lavoro autonomo.

In data 1° luglio 2005, è stata sottoscritta la
lettera di incarico con la quale è stato stabilito il compenso lordo annuale
per l’incarico di Presidente, pari ad euro xxx (oltre il premio di risultato
stabilito dall’Assemblea dei soci), e nella quale è stato altresì riconosciuto
che in caso di risoluzione anticipata dell’incarico per cause non dipendenti
dalla volontà del Presidente medesimo, sarebbe stato allo stesso riconosciuto
“un importo a titolo di indennizzo pari a due annualità di costo, con la
sola esclusione datale computo del premio annuale”. Tale importo per
espressa accettazione del Presidente incaricato “è comprensivo del
risarcimento danni a qualunque titolo previsto dal Codice Civile”.

A seguito di ulteriori rinnovi, l’incarico è stato
successivamente prorogato con scadenza al 19 marzo 2015 con un adeguamento del
compenso fino alla somma lorda di euro yyy, oltre il premio di risultato, e con
la medesima clausola di indennizzo in caso di risoluzione anticipata
dell’incarico.

Verificatesi successivamente le condizioni per lo
scioglimento anticipato dell’Ente, si procedeva alla nomina del Commissario
Straordinario, con conseguente decadenza degli organi in carica, tra cui quello
di Presidente, dalla data di accettazione dell’incarico del Commissario
medesimo.

A seguito della cessazione dalla carica di
Presidente, il Sig. Alfa proponeva dinanzi al Tribunale ricorso per decreto
ingiuntivo con il quale si richiedeva il pagamento a titolo di indennizzo per
risoluzione anticipata dell’incarico di un importo pari a complessivi euro zzz,
oltre interessi e rivalutazione, spese di procedura, nonché il rimborso
forfetario delle spese generali pari al 15 per cento dei compensi, IVA, CPAe
contributo unificato.

Avverso il decreto ingiuntivo, l’Ente ha proposto
opposizione e il Tribunale ha revocato il suddetto decreto ingiuntivo.

Tale sentenza è stata impugnata dal Sig. Alfa
dinanzi alla Corte di Appello, la quale ha disposto la condanna dell’Ente al
pagamento, a titolo di indennizzo per l’anticipata risoluzione del rapporto non
dipendente dalla volontà di quest’ultimo, della somma corrispondente ad una
annualità di costo complessivo pari a euro www, oltre interessi e
rivalutazione.

Ciò posto, l’Ente istante chiede di chiarire quale
sia il corretto trattamento fiscale applicabile alle predette somme.

 

Soluzione interpretativa
prospettata dal contribuente

 

L’istante ritiene che l’importo liquidato sia
qualificabile in parte come lucro cessante e in parte come risarcimento danno.

In particolare, tenuto conto che l’incarico è
cessato con un anticipo di otto mesi e viste le condizioni contrattuali, l’Ente
ritiene corretto qualificare la somma lorda di euro kkk quale lucro cessante ed
euro jjj quale danno emergente.

A parere dell’istante, la prima quota dovrebbe
essere considerata quale reddito di lavoro autonomo e quindi soggetta a
ritenuta d’acconto e contribuzione previdenziale,mentre la seconda quota non
sarebbe assoggettata a tassazione.

 

Parere dell’agenzia delle
entrate

 

Come noto, l’articolo 6, comma 2, del testo unico
delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir),
prevede che “I proventi conseguiti in sostituzione di redditi,(…), e le
indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di
danni consistenti nella perdita di redditi,esclusi quelli dipendenti da
invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria
di quelli sostituiti o perduti.

Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione
di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui
derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati”.

In linea generale, qualora l’indennizzo percepito da
un determinato soggetto vada a compensare in via integrativa o sostitutiva, la
mancata percezione di redditi di lavoro ovvero il mancato guadagno, le somme
corrisposte sono da considerarsi dirette a sostituire un reddito non conseguito
(c.d. lucro cessante) e conseguentemente vanno ricomprese nel reddito complessivo
del soggetto percipiente ed assoggettate a tassazione.

Nella diversa ipotesi in cui il risarcimento venga
erogato con la finalità di indennizzare il soggetto delle perdite
effettivamente subite ovvero di risarcire la perdita economica subita dal
patrimonio (c.d. danno emergente), le somme corrisposte non saranno
assoggettata a tassazione. In tale evenienza, infatti, viene meno il
presupposto impositivo dal momento che l’indennizzo assume un carattere
risarcitorio del danno alla persona del soggetto leso e manca una qualsiasi
funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi.

Al riguardo, l’amministrazione finanziaria in
diversi documenti di prassi ha precisato che devono essere ricondotte a
tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse
abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente;
sono in sostanza imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati
guadagni (lucro cessante) sia presenti che futuri del soggetto che le
percepisce. Diversamente non assumono rilevanza reddituale le indennità
risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero
al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (danno
emergente) (cfr. risoluzione 22 aprile2009, n. 106
e 7 dicembre 2007, n. 356/E).

Al fine di pervenire alla corretta qualificazione
giuridica delle somme corrisposte, nei sopracitati documenti di prassi è stato
precisato che deve essere cura dell’interessato provare concretamente
l’esistenza e l’ammontare di tale danno in quanto “in assenza di tale
prova torna applicabile il principio più volte affermato dalla Corte di
Cassazione, secondo cui alla somma versata dal datore di lavoro in base ad una
definizione transattiva della controversia, che tenga ferma la cessazione del
rapporto, deve essere presuntivamente attribuita, al di là delle qualificazioni
formalmente adottate dalle parti, la natura di ristoro della perdita di
retribuzioni chela prosecuzione del rapporto avrebbe implicato, e quindi il
risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante” (cfr. Cass. n. 360 del 2009 ed inoltre n. 14167 del2003
e n. 4099 del 2000).

Nel caso di specie, nella sentenza di condanna
dell’istante al pagamento delle somme in esame all’ex Presidente, il giudice
adito ha, in primo luogo, dichiarato l’operatività tra le parti della clausola
della lettera di incarico all’ex Presidente che attribuisce a quest’ultimo, in
caso di risoluzione anticipata del rapporto, per causa non dipendente dalla sua
volontà, il diritto a vedersi corrispondere un indennizzo parametrato al costo
riconosciuto per le prestazioni da questi operate, “comprensivo del risarcimento
danno a qualunque titolo previsto dal Codice Civile”.

Nel seguito della trattazione, il giudice ha
ritenuto opportuno altresì affermare, che “L’operatività della clausola
contrattuale determinativa dell’indennizzo per risoluzione anticipata dal
contratto di incarico di presidente dell’Ente per causa indipendente dalla
volontà di quest’ultimo non presuppone né richiede alcun inadempimento
dell’Ente, inadempimento che, del resto, non si è verificato, avendo l’ente
agito in conformità a legge e contratto; al contrario presuppone la risoluzione
anticipata (oggettivamente avvenuta in forza della procedura di cui sopra) e
l’assenza di volontà risolutoria del titolare dell’incarico, requisiti entrambi
verificatisi e che determinano il diritto all’indennizzo contrattualmente
previsto”.

Sulla base di tali premesse, la Corte conclude che
l’Ente deve essere condannato”al pagamento in favore del suo ex-presidente
(…), a seguito dell’anticipata risoluzione del rapporto non dipendente dalla
volontà di quest’ultimo, a titolo di indennizzo per tale ipotesi come previsto
nella lettera contratto di incarico, della somma corrispondente ad una
annualità di costo complessivo”.

In altri termini, la Corte d’Appello non sembra
riconoscere la sussistenza di una componente risarcitoria di un “danno
emergente” nel pagamento posto a carico dell’istante quanto piuttosto una
valenza sostitutiva del reddito non conseguito per effetto della risoluzione
anticipata (lucro cessante).

Si ritiene, pertanto, che detto pagamento,
sostitutivo dei mancati redditi conseguenti alla risoluzione anticipata del
rapporto, abbia la medesima natura reddituale degli emolumenti ordinariamente
spettanti all’ex Presidente, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del Tuir.

Ne consegue, in linea con la prassi citata, che le
somme liquidate dovranno essere assoggettate alla ritenuta di cui all’articolo 25, comma 1, del d.P.R. n. 600
del1973, al pari dei compensi corrisposti per le prestazioni professionali
svolte sulla base del rapporto contrattuale precedentemente in essere.

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