Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 febbraio 2020, n. 2509

Diritto di credito, Fondo di garanzia, Amministrazione
straordinaria, Insinuazione al passivo, Prescrizione

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Roma, in riforma della
pronuncia del Tribunale di Civitavecchia, ha dichiarato prescritto il credito
di Euro 530,53 rivendicato da F.B. a titolo di tredicesima mensilità, e di Euro
176,84 a titolo di quattordicesima mensilità relativi all’attività lavorativa
svolta nel 2002 alle dipendenze della Società G.E. Gruppo E. in amministrazione
straordinaria, credito posto dal primo giudice a carico del Fondo di garanzia
ai sensi della legge n. 297 del 1982 e del d.lgs. n.80 del 1992;

l’iter argomentativo della Corte territoriale si
fonda sul principio in base al quale soltanto con l’insinuazione al passivo si
produce l’effetto interruttivo della prescrizione, e sulla norma (art. 2, co.2 I. n.297 del 1982)
con cui si prevede che dal quindicesimo giorno dal quale lo stato passivo è
divenuto esecutivo decorre il termine di un anno per far valere il diritto alle
prestazioni rivendicate nei confronti del Fondo di garanzia; l’accertamento di
merito ha dunque chiarito che lo stato passivo dell’azienda G.E. del gruppo E.
era divenuto esecutivo l’11 febbraio del 2004, la domanda era stata  inoltrata il 2 marzo del 2011 e, nel
frattempo, la lavoratrice non aveva posto in essere nessun atto interruttivo
della prescrizione, decadendo dall’azione per far valere l’asserito diritto di
credito nei confronti del Fondo di garanzia; la cassazione della sentenza è
domandata da F. B. sulla base di due motivi, cui l’Inps ha resistito con
tempestivo controricorso; è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 co.1, n.3 cod. proc. civ, parte
ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto
con riguardo agli artt. 2 L.
297/1982 e 326 c.p.c.”; censura la
mancata pronuncia della Corte territoriale sull’eccezione di tardività
dell’appello proposto dall’Inps per essere decorsi più di trenta giorni tra la
notifica della sentenza del Tribunale al procuratore domiciliatario
dell’Istituto ed il deposito dell’atto davanti alla Corte d’appello di Roma;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 co.1, n.3 cod. proc. civ, contesta
“Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riguardo all’art. 2 L.297/1982” in
merito all’erronea statuizione di prescrizione del proprio credito sì come
motivata dalla Corte territoriale con l’inutile decorso del termine di un anno
dall’esecutività dello stato passivo, in assenza d’insinuazione da parte della
B., dovendo la prescrizione decorrere dalla conclusione della procedura
concorsuale; il primo motivo non merita accoglimento; dagli atti risulta che,
non essendo stato indirizzato il provvedimento al naturale destinatario della
notifica nella persona del difensore costituito, avv. P. S., come risulta
dall’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, il termine di impugnazione
breve non può considerarsi decorso, trovando applicazione il termine lungo di
cui all’art. 327 cod. proc. civ., il che rende
il ricorso in appello invulnerabile rispetto all’eccezione di tardività;

quanto al secondo motivo, esso è contrario
all’orientamento consolidato espresso da questa Corte, secondo cui nei
confronti delle imprese sottoposte a procedura concorsuale il credito del
lavoratore non si perfeziona con la cessazione del rapporto di lavoro, e che,
prima che si siano verificati i presupposti di legge (insolvenza del datore,
accertamento del credito in sede di ammissione al passivo ovvero all’esito
della procedura esecutiva) nessuna domanda di pagamento può essere rivolta
all’INPS, e, pertanto, la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti
del Fondo di garanzia non può decorrere (Cass.
n.20547 del 2015, specie punto 2 della motivazione, conf. Cass. n. 12971/14;
Cass. n. 20675/13; Cass. n. 10875/13; Cass. n. 12852/12);

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 febbraio 2020, n. 2509
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