Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 febbraio 2020, n. 2849

Contributi accreditati presso l’ex INPDAI, Pensionamento,
Liquidazione, Sistema di computo, Criterio del pro-rata

 

Fatti di causa

 

1. Il sig. G.U. vantava contributi accreditati presso
l’ex INPDAI relativi al periodo dal primo novembre 1974 al 31 dicembre 1999,
nonché contributi accreditati all’INPS dal primo gennaio 2000 e fino al momento
del pensionamento.

2. L’INPS liquidava la pensione sulla base del
sistema del pro-rata previsto dall’art.
42 commi 1 e 3 della I. n. 289 del 2002, considerando unitariamente la
contribuzione versata nelle diverse gestioni per il raggiungimento del diritto
a pensione, ma calcolando, ai fini della misura, la pensione per quote, di cui
la prima sulla base della contribuzione versata presso il disciolto INPDAI sino
alla data in cui tale ente era rimasto in vita (31.12.2002) e una seconda sulla
base della contribuzione versata all’ INPS, con l’applicazione delle relative
disposizioni di riferimento.

3. La Corte d’appello di Milano confermava la
sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda del
pensionato, così dichiarando il diritto di G.U. al trattamento pensionistico
calcolato per intero secondo il sistema di computo vigente nel fondo pensioni
lavoratori dipendenti e condannando l’INPS alla riliquidazione della pensione
secondo il su indicato sistema di calcolo.

4. La Corte territoriale riteneva che il criterio
del pro-rata applicato dall’Inps di cui al citato art. 42 potesse operare solo per
coloro che al momento della soppressione dell’INPDAI erano in costanza di
rapporto di lavoro in qualità di dirigenti con le aziende del settore industria
e quindi assicurati presso tale istituto, e non a coloro che, come l’U., non vi
erano più iscritti, avendo in atto una posizione contributiva con l’IlNPS.

5. Per la cassazione della sentenza l’INPS ha
proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui G.U. ha resistito con
controricorso.

6. G.U. ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

7. L’ l’INPS deduce la violazione dell’art. 42 della I. 27 dicembre 2002 n
289 e la falsa applicazione dell’art. 3 comma 4 del d.lgs 24 aprile
1997 n. 181 e sostiene che il richiamato art. 42 sarebbe applicabile anche
alla fattispecie, in quanto l’interessato ha maturato il diritto al trattamento
di pensione successivamente alla sua entrata in vigore.

8. Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha chiarito (v. Cass. 27/02/2017, n. 4897, Cass. n. 12944 del 24/05/2018 e Cass. n. 23573 del 23/09/2019) che «ai fini della
liquidazione della pensione spettante ad un dirigente di imprese industriali,
già iscritto presso l’INPDAI, confluito nell’INPS in forza della I. n. 289 del 2002, le retribuzioni di riferimento
sono quelle che sarebbero state utili nel caso di un’ipotetica liquidazione da
parte dell’INPDAI, e non anche le retribuzioni degli ultimi cinque e dieci anni
a decorrere a ritroso dalla data del pensionamento, in quanto il rinvio dell’art. 42 della I. n. 289 del 2002
all’art. 3, comma 7, del d.lgs.
n. 181 del 1997, nonché lo stesso meccanismo del pro-rata adottato nell’art. 42 cit., sono espressione
della volontà del legislatore di tenere distinti i due periodi assicurativi,
per la diversità dei sistemi di calcolo adottati, dando luogo a due distinte
quote di pensione da determinare secondo specifici criteri».

9. Come è stato argomentato nei richiamati arresti,
la premessa da cui ha tratto le mosse la Corte d’appello, secondo cui il criterio
del pro-rata sarebbe applicabile solo a coloro che erano in costanza di
rapporto di lavoro in qualità di dirigenti con le aziende del settore
industria, e quindi assicurati presso l’INPDAI alla data del 31/12/2002, non è
sostenuta da alcuna ragione letterale o teleologica. Sotto l’aspetto letterale,
il riferimento ai «lavoratori assicurati presso il soppresso Inpdai» include
tutti i titolari di una posizione assicurativa presso il suddetto Istituto:
tale posizione non viene meno per il fatto che il soggetto abbia perso la
qualifica di dirigente presso un’azienda industriale e non sia più in costanza
di rapporto di lavoro, ma permane anche se l’attività lavorativa è cessata ed
in assenza di ulteriore contribuzione, fino all’eventuale trasferimento dei contributi
in altra gestione attraverso la domanda di ricongiunzione o fino al
conseguimento della prestazione assicurata, ove ne sussistano i presupposti.

10. Né appare decisivo, al fine di inficiare la
consistenza del superiore principio di diritto, l’assunto di parte
controricorrente secondo cui la soppressione dell’INPDAI avrebbe in realtà
comportato una sorta di ricongiunzione ex lege delle posizioni contributive dei
dirigenti già iscritti all’ INPDAI nell’assicurazione generale obbligatoria:
ciò che rileva è piuttosto che il legislatore abbia manifestato la volontà di
uniformare il regime pensionistico dei dirigenti industriali a quello dei
lavoratori dipendenti «nel rispetto del principio del pro-rata» (L. n. 289 del 2002, art. 42, comma 3).

11. L’ interpretazione patrocinata dalla Corte
territoriale poggia sull’assunto, invero indimostrato, secondo cui il regime
introdotto dalla L. n. 289 del
2002, art. 42, costituirebbe una misura di salvaguardia delle aspettative
pensionistiche maturate dei dirigenti industriali, laddove appare piuttosto una
misura per porre argine al notorio e crescente disavanzo cagionato dal
pregresso regime di favore di cui essi beneficiavano, caratterizzato da basse
aliquote di calcolo dei contributi, alte aliquote di rendimento e più elevate
fasce di retribuzione pensionabile.

12. Non merita miglior sorte l’ulteriore assunto di
parte controricorrente secondo cui, così operando, i dirigenti ex INPDAI
subirebbero un trattamento discriminatorio e deteriore, essendo impossibilitati
a chiedere la ricongiunzione gratuita ai sensi del D.P.R. n. 58 del 1976, art. 22,
e dovendo per contro subire un calcolo della pensione meno favorevole di quello
previsto dal D.Lgs. n. 503 del 1992 nell’AGO,
con violazione anche della regola di salvaguardia prevista dall’art. 3 comma 4 del d.lgs n. 181 del
1997 operante in materia di regime pensionistico per gli iscritti
all’INPDAI. A riguardo va rilevato che parte controricorrente non ha offerto
gli elementi di fatto necessari per effettuare il giudizio comparativo, che
deve aver riguardo anche alla contribuzione versata (cfr. Cass. n. 4897/2017) e non solo all’anzianità ed
alla retribuzione, occorrendo, ai fini della liquidazione della quota A secondo
i criteri vigenti per l’INPDAI, che la comparazione avvenga a parità di
condizioni – cfr. in tal senso anche Cass. n.
13980/2018 – tenendo conto delle diverse retribuzioni pensionabili e delle
diverse contribuzioni e dimostrando poi che, all’esito di una simile comparazione,
la quota A, da liquidarsi secondo i criteri INPDAI, sarebbe inferiore a quella
da calcolarsi con i criteri AGO, mentre il controricorrente àncora all’intero
importo della pensione liquidata il pregiudizio derivante dall’applicazione del
principio del pro-rata.

13. Il ricorso va, pertanto, accolto, la sentenza
impugnata va cassata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto dell’ originaria domanda
proposta da G.U..

14. Il fatto che gli arresti di questa Corte sulla
materia in oggetto siano intervenuti dopo la proposizione del ricorso consiglia
la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.

15. Non sussistono i presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, previsto dall’art.
13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda proposta da G.U.. Compensa
tra le parti le spese dell’intero processo.

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