Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3285

Licenziamento dichiarato illegittimo con sentenza passata in
giudicato, Restituzione della somma percepita a titolo risarcitorio, Aliunde
perceptum, Fatti accaduti in epoca successiva alla formazione del giudicato

Rilevato che

 

1. La C. Hospital s.p.a., con distinti ricorsi poi
riuniti, convenne in giudizio R.P. chiedendone la condanna alla restituzione
della somma da questa percepita a titolo risarcitorio, in relazione al
licenziamento dichiarato illegittimo con sentenza passata in giudicato, e non
dovuta in quanto, successivamente alle procedure esecutive intraprese dalla P.
per il pagamento delle somme, la società aveva appreso che la lavoratrice aveva
percepito retribuzioni in relazione al rapporto di lavoro intrattenuto con la
ASL Salerno distretto sanitario 64 U.O.UVD-84025 Eboli dal 1.12.2004 (a tempo
determinato fino al 12.8.2010 e dal 13.8.2010 a tempo indeterminato). Inoltre
deduceva che la lavoratrice, con comportamento concludente, era decaduta
dall’esercizio dell’opzione per 15 mensilità di retribuzione in luogo della
reintegrazione.

2. Il Tribunale respinse le domande mentre la Corte
di appello di Salerno, investita del gravame da parte della società, in
parziale riforma della sentenza di primo grado ha dichiarato che dagli importi
spettanti alla P. a titolo risarcitorio deve essere detratta la somma di €
24.284,06 percepita dalla P. nel periodo 29.4.200931.3.2011 osservando che il
periodo precedente era coperto dal giudicato formatosi nel giudizio avente ad
oggetto l’accertamento della illegittimità del licenziamento e la condanna
della società alla reintegrazione ed al risarcimento del danno.

3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto
ricorso sia la C. Hospital s.p.a. con due motivi che R.P. che ha articolato un
unico motivo.

Con controricorso la C. Hospital s.p.a. ha opposto
difese al ricorso della P. la quale invece è rimasta nel giudizio intrapreso
dalla società.

 

Considerato che

 

4. Con il suo ricorso R.P. deduce che, erroneamente,
la Corte di appello in violazione dell’art. 2909
cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ.
ha ritenuto che la questione della detraibilità dell’aliunde perceptum non fosse
coperta dal giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra le parti avente ad
oggetto l’accertamento della illegittimità del licenziamento e la condanna
della datrice di lavoro alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di
lavoro ed al risarcimento in suo favore dei danni subiti quantificati nelle
retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegrazione nel corso del quale
la questione della detraibilità dell’aliunde perceptum non era mai stata posta
dalla società datrice.

4.1. Evidenzia la ricorrente che la società non
aveva dato esecuzione alla sentenza , tanto che per ottenere il pagamento delle
somme dovute la lavoratrice aveva dovuto intraprendere delle procedure
esecutive, ed osserva che inammissibilmente, con separati e successivi giudizi
intrapresi quando la prima sentenza era passata in giudicato, la società aveva
opposto l’esistenza di somme da porre in compensazione. Ritiene la P. che
erroneamente la Corte ha ritenuto inammissibile la domanda di detrazione dalle
somme chieste a titolo risarcitorio dei compensi medio tempore percepiti
limitatamente al periodo antecedente il passaggio in giudicato della sentenza
che ha deciso sulla illegittimità del recesso laddove invece tale
inammissibilità si sarebbe dovuta estendere anche al periodo successivo atteso
che il giudicato formatosi sulla domanda risarcitoria avrebbe coperto oltre
alle questioni già dedotte anche quelle deducibili.

5. Con il suo primo motivo di ricorso invece la C.
Hospital s.p.a. denuncia, simmetricamente, l’erroneità della sentenza per avere
invece la Corte limitato la deducibilità dell’aliunde perceptum al solo periodo
successivo il passaggio in giudicato della sentenza.

5.1. Sostiene la società ricorrente che nel giudizio
sul licenziamento non si era fatta questione della detraibilità dell’aliunde
perceptum atteso che dell’esistenza delle retribuzioni la C. Hospital era
venuta a conoscenza solo successivamente al passaggio in giudicato della
sentenza a seguito di comunicazione da parte dell’Ispettorato del lavoro del 12
gennaio 2011.

6. Le censure, che possono essere esaminate
congiuntamente, sono infondate.

6.1. La Corte territoriale ha correttamente
applicato alla fattispecie esaminata i principi, ripetutamente affermati da
questa Corte, in base ai quali domande aventi ad oggetto diversi e distinti
diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le
parti, ben possono essere proposte in separati processi, fermo restando che,
ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto
tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo
ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondate sullo stesso
fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a
costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente
dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, le relative
domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al
creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale
frazionata (Cass. S.U. n. 4090 del 2017).

6.2. E’ del pari consolidato il principio di diritto
secondo cui l’autorità del giudicato copre sia il dedotto sia il deducibile,
cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di
azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma
anche tutte quelle altre che, se pure non specificamente dedotte o enunciate,
costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento
relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e
indefettibili della decisione (giudicato implicito), di talché, qualora due
giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto
giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato,
l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una
questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune ad entrambe
le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione
contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto
accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia
finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo
(cfr. Cass. n. 5486 del 2019 ed anche 15/10/2019 n. 26089).

6.3. Ne consegue che, salvo che risulti in capo
all’attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale
frazionata, sono precluse dal divieto di bis in idem tutte quelle pretese
creditorie che, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti,
siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo del
giudicato medio tempore intervenuto (cfr. Cass. ult. cit. n. 26089/2019).

6.4. Applicando i detti principi di diritto alla
fattispecie in esame ne risultano infondate le censure mosse sia dalla
ricorrente P. che dalla Società C. Hospital s.p.a. nel suo primo motivo di
ricorso.

6.5. L’ aliunde perceptum preso in considerazione
nella sentenza impugnata riguarda fatti che si sono verificati in epoca
successiva alla formazione del giudicato (che la sentenza individua nella data
del 29.4.2009) e ben poteva, quindi, essere fatto valere nel giudizio promosso
dalla società per ottenere una riduzione del danno genericamente liquidato
dalla sentenza di accertamento della illegittimità del licenziamento. Non è
ammessa, infatti, la deduzione di fatti estintivi o modificativi del rapporto
sostanziale, consacrato dal giudicato, già operanti al tempo della formazione
del titolo esecutivo, ma è ammessa quella di fatti modificativi o estintivi che
si siano verificati successivamente alla formazione del giudicato stesso (cfr.
Cass. 30/01/2013 n. 2160).

7. Del pari non può essere accolto il secondo motivo
del ricorso proposto dalla C. Hospital s.p.a. con il quale è denunciato
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc.civ.. Secondo
la ricorrente la sentenza sarebbe incorsa nella denunciata violazione per avere
il giudice di secondo grado trascurato di considerare la circostanza che, a
fronte dell’invito a riprendere servizio a seguito della sentenza definitiva
sul licenziamento la lavoratrice non ha, come avrebbe dovuto, fatto richiesta
di ristoro del danno nel termine di trenta giorni. Inoltre il giudice di
appello avrebbe omesso di valutare il comportamento della P. che era stata
immessa nei ruoli della ASL implicitamente rinunciando all’altra posizione
lavorativa e decadendo dalla facoltà di optare per le quindici mensilità in
luogo della reintegrazione.

7.1. La censura presenta diversi profili di
inammissibilità. Trascura di riportare nel dettaglio il contenuto dell’appello
ed i fatti allegati il cui esame sarebbero stato omesso. Deduce un omesso esame
che nella sostanza si concreta in una diversa valutazione del materiale
probatorio. Pretende da questa Corte una valutazione in concreto del
comportamento complessivamente tenuto dalla parte, che forma oggetto di un
giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità se non per
contraddittorietà intrinseca della motivazione o per sua carenza o illogicità,
nella specie non ravvisabile (Cass. 14/06/2019 16061, 13/01/2009 n. 460). Ed
infatti la Corte territoriale ha chiarito le ragioni in base alle quali, sulla
base delle allegazioni di parte, non aveva ravvisato nella condotta
complessivamente tenuta dalla P. un comportamento concludente nel senso della
rinuncia al ripristino del rapporto di lavoro.

8. In conclusione entrambi i ricorsi devono essere
rigettati e, per effetto della reciproca soccombenza le spese del giudizio
devono essere compensate tra le parti. Va infine dato atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002 sussistono i presupposti processuali per il versamento da
parte di entrambe le ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R.,
se dovuti.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi. Compensa le spese del giudizio di
legittimità. Ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento da parte di entrambe le ricorrenti
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per i rispettivi ricorsi a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R.,
se dovuti.

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