Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 febbraio 2020, n. 3823

Cartella di pagamento, Pretese contributive e sanzioni,
Natura subordinata del rapporto di lavoro, Gestione separata Inps, Co.co.co.

Rilevato che

 

1. la Corte d’appello di Milano confermava la
sentenza del Tribunale di Varese che aveva rigettato l’opposizione proposta
avverso la cartella di pagamento, avente ad oggetto pretese contributive e
sanzioni, quantificate ai sensi dell’art.
116 comma 8 lettera b) della I. n. 388 del 2000, derivanti dalla ritenuta
natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la Società V. c. e c.
Spa e A.S., C.G. e N.D., iscritti i primi due alla gestione separata dell’Inps
in qualità di co.co.co ed il terzo all’ENPALS.

2. In merito all’accertamento della natura della
prestazione resa dalla A. per il periodo dal marzo 1998 al agosto 1999,
infermiera deputata all’assistenza dei fantini in caso di infortuni che si
fossero verificati durante gli allenamenti, la Corte territoriale condivideva
la valutazione del Tribunale relativa in primo luogo all’utilizzabilità delle
dichiarazioni rese dalla stessa ex articolo 421
c.p.c., neppure contestate in merito alla veridicità del loro contenuto.
Argomentava poi che, così come ritenuto dal Tribunale, il particolare contenuto
professionale dei compiti affidati alla lavoratrice escludesse la possibilità
della società – la cui attività consisteva nella gestione dell’Ippodromo delle
B. di Varese ove essa organizza corse di cavalli sia al trotto che al galoppo –
la formulazione di qualsiasi potere di conformazione della propria attività e
che di conseguenza correttamente il primo giudice avesse valorizzato ai fini
della qualificazione del rapporto gli elementi sussidiari della subordinazione,
consistenti nel carattere fisso dell’orario di lavoro, nella misura
sostanzialmente costante della retribuzione, nell’assenza in capo alla
lavoratrice di qualsiasi organizzazione imprenditoriale o rischio di impresa,
nell’utilizzo di materiali della datrice di lavoro per lo svolgimento delle
prestazioni, nello stabile inserimento nell’organizzazione aziendale, nella
cadenza costante e continuativa dell’ attività lavorativa presso l’infermeria
dell’ippodromo per tutta la durata degli allenamenti.

Per la cassazione della sentenza la Società V. c. e
c. s.p.a. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito l’INPS
con controricorso.

3. La società ricorrente ha depositato anche memoria
ex art. 380-bis. 1 c.p.c.

 

Considerato che

 

4. come primo motivo di ricorso la società deduce la
violazione dell’articolo 360 n 5 c.p.c. in
relazione agli articoli 2094 e 2222 c.c. e la violazione e falsa applicazione
delle disposizioni di legge in materia di lavoro subordinato e lavoro autonomo.
Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere non decisivo
l’esercizio del potere di conformazione da parte del committente e di
valorizzare soltanto gli indici sussidiari della subordinazione, che peraltro
nel caso erano più compatibili con il lavoro autonomo che con quello
subordinato.

5. Il motivo non è fondato.

Questa Corte ha chiarito che ai fini della
qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, nei casi
di difficile qualificazione a causa della natura intellettuale e specialistica
dell’attività svolta, la sussistenza dell’essenziale criterio distintivo della
subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere
organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, deve necessariamente essere
verificata sulla base di elementi sussidiari che il giudice di merito deve
individuare con accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se
adeguatamente motivato (Cass. n. 22785 del
07/10/2013, Cass. n. 13858 del 15/06/2009).

6. Nel caso, trattandosi di esercizio di una
professione sanitaria in favore di un’organizzazione imprenditoriale,
correttamente pertanto la natura subordinata della prestazione è stata desunta
dalle modalità eteroorganizzate della prestazione resa nell’ambito e
dell’organizzazione datoriale, piuttosto che sull’esistenza di uno specifico
potere di conformazione del suo contenuto, che sfuggiva di necessità alla
competenza datoriale.

7. Con il secondo motivo di ricorso si censura la
violazione dell’articolo 116 della
legge n. 388 del 2000 in ordine alla qualificazione delle sanzioni civili
in termini di evasione anziché omissione contributiva. La ricorrente sostiene
che difettino il requisito dell’occultamento del rapporto di lavoro e
l’intenzione specifica di non versare i contributi, derivando l’addebito da una
diversa qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro.

8. Come terzo motivo deduce l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 117
comma 8 lettera b) ove interpretato nel senso della sentenza impugnata, per
violazione del principio di non proporzionalità delle sanzioni sancito
dall’ordinamento comunitario, applicabile agli atti normativi degli Stati
membri e anche agli atti nazionali.

9. Il secondo motivo non è fondato: la Corte
territoriale ha applicato la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale
in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali
ed assistenziali, l’accertamento dell’esistenza, tra le parti, di un contratto
di lavoro subordinato in luogo di un lavoro autonomo, benché regolarmente
denunciato e registrato, concretizzi l’ipotesi di “evasione
contributiva” di cui all’art.
116, comma 8, lett. b), della I. n. 388 del 2000 e non la meno grave
fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lettera a) della
medesima norma, in quanto si realizza un occultamento dei rapporti o delle
retribuzioni o di entrambi, idoneo a presumere l’esistenza della volontà
datoriale di realizzarlo allo specifico fine di non versare i contributi o i
premi dovuti, sicché grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare
la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, che non può
tuttavia reputarsi assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei
dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce sui libri di cui è
obbligatoria la tenuta; in tale contesto, spetta al giudice del merito
accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere
la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimità se
congruamente motivata (Cass. n. 6405 del
13/03/2017).

10. Nel caso, la Corte ha riferito che nessun
elemento fattuale idoneo a vincere la presunzione di evasione contributiva era
stato fornito dalla società, affermazione che nel caso neppure viene fatta
oggetto di specifica confutazione.

11. Inammissibile è infine il terzo motivo, in
assenza dell’indicazione di qualunque parametro quantitativo che consenta di
ritenere la sanzione non proporzionata all’addebito contributivo, a fronte del
ritenuto intento fraudolento dell’occultamento della vera natura del rapporto
di lavoro.

12. Segue coerente il rigetto del ricorso.

13. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono
la soccombenza.

14. L’esito del giudizio determina la sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi €
7.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso
delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, ove
dovuto.

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