Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 febbraio 2020, n. 3912

Trasporto su strada, Riconoscimento di un rapporto di lavoro
subordinato, Stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione
produttiva, carattere continuo della prestazione ed effettiva eterodirezione
anche in tema di trasporto su strada, Onere della prova, Contratto di lavoro
a termine con patto di prova, Recesso per mancato superamento del periodo di
prova

Fatti di causa

 

1. Adito da G.K. con ricorso ai sensi della l. n. 92 del 2012 depositato il 30.10.2014, il
Tribunale di Bari rigettava in sede sommaria la domanda della ricorrente
diretta al riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con la ditta L.
Trasporti s.r.l. a far data dal 1.1.2014, quando aveva cominciato a prestare la
propria opera di camionista, in coppia con il marito Y.P., parte di un
parallelo giudizio nei confronti della stessa ditta, senza alcuna
formalizzazione, mentre solo in data 10.1.2014 veniva stipulato un contratto di
lavoro subordinato a tempo determinato, con un periodo di prova di novanta
giorni. Il lavoratore faceva valere di essere stato allontanato dal posto di
lavoro verbalmente e senza nessuna giustificazione il 10.3.2014. Il Tribunale
riteneva che non fosse stata fornita la prova dell’esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato a partire dal 1.1.2014, per cui si doveva ritenere la
validità del contratto di lavoro a termine con patto di prova stipulato il
10.1.2014, contratto idoneo a legittimare il recesso ad nutum del rapporto
nell’arco temporale previsto, recesso che era stato giustificato dalla società
datrice di lavoro con riferimento al mancato superamento del periodo di prova.

2. In sede di opposizione, il Tribunale di Bari
confermava con sentenza la decisione assunta nella fase sommaria.

3. Nei confronti della sentenza del Tribunale la
lavoratrice proponeva reclamo dinanzi alla Corte di appello di Bari.

La società datrice di lavoro si costituiva per
resistere all’impugnazione.

4. Con sentenza pubblicata il 28.5.2018, la Corte di
appello di Bari rigettava il reclamo, confermando la sentenza impugnata, con la
condanna della reclamante al pagamento delle spese del grado.

5. La Corte di appello concordava con il giudice di
prime cure circa la mancata dimostrazione da parte della lavoratrice, a causa
della lacunosità della prova testimoniale, dell’esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato con la L. Trasporti a partire dal 1.1.2014, prova non
raggiunta neanche in seguito all’escussione in appello di un ulteriore
testimone. Inoltre, osservava la Corte di appello, anche a volersi basare sulle
allegazioni della ricorrente, la prestazione dedotta sarebbe consistita in un
unico viaggio, sia pure svoltosi nell’arco di diversi giorni e con varie tappe
in diverse località italiane ed europee, per cui non erano riconoscibili nella
fattispecie gli elementi distintivi della subordinazione, rappresentati dallo
stabile inserimento della lavoratrice nell’organizzazione produttiva, dal
carattere continuo della prestazione. La Corte di appello aggiungeva che le
stesse caratteristiche della prestazione allegata, apparivano poco compatibili
con la dedotta sussistenza di una effettiva eterodirezione, idonea a
caratterizzare un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato.

6. Inoltre, la Corte territoriale osservava che il
contratto a tempo determinato assistito da patto di prova stipulato tra le
parti il 10.1.2014 aveva natura novativa rispetto ad un eventuale pregresso
rapporto di lavoro subordinato, per cui in ogni caso si doveva ritenere la
validità dello stesso contratto.

7. Avverso la sentenza della Corte di appello di
Bari G.K. propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi. La società L.
Trasporti s.r.l., regolarmente intimata, non ha svolto attività difensiva in
questa sede.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Con il primo motivo G.K. lamenta l’omessa
“valutazione” del fatto che la ricorrente guidasse in coppia (multipresenza)
con il marito Y.P., nonché la violazione degli art.
115, 116, 416
cod.proc.civ., 2607, 2712 cod.civ., art. 2 Reg. 3821/1985 CE, art. 15 Reg. 3820/1985 CE, art. 179 Codice della strada, 11
bis e dell’art. 4 lett. o) Reg. CE 5671/2006, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 cod.proc.civ. In
questo contesto vengono valorizzati in particolare gli stampati del
cronotachigrafo digitale.

3. Con il secondo motivo la ricorrente si duole
della violazione degli art. 115, 116, 416 cod.proc.civ.,
2697, 2712 cod.civ.,
art. 2 Reg. 3821/1985 CE,
art. 15 Reg. 3820/1985 CE, art. 179 Codice della strada, 11
bis e dell’art. 4 lett. o) Reg. CE 5671/2006, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 “e/o” 4 cod.proc.civ. Ciò,
in via subordinata, sempre in relazione alla prestazione in “multipresenza” dei
due coniugi, giacché, in tesi, vi sarebbe stato un travisamento delle
risultanze processuali.

Con il terzo motivo, relativo alla mancata
ammissione di istanze istruttorie, il ricorrente lamenta violazione del suo
diritto di difesa “e/o” nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod.proc.civ. “e/o” omesso
esame di un fatto decisivo del giudizio; violazione degli art. 112, 115, 116 cod.proc.civ., 2697
cod.civ., art. 24 della Costituzione, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 “e/o” n. 4
“e/o” n. 5. In questo contesto il ricorrente insiste sulla rilevanza delle
proprie istanze relative all’esibizione di vari documenti, negandone il
carattere generico ed esplorativo.

Con il quarto motivo, relativo “alla efficacia
probatoria delle riproduzioni meccaniche e all’onere di contestazione gravante
sulla convenuta”, si denuncia la violazione degli art.
115, 116, 416
cod.proc.civ., 2697 e 2712 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 “e/o” 4 cod.proc.civ.
Erroneamente la sentenza impugnata non avrebbe dato peso al mancato
assolvimento da parte della società datrice di lavoro del suo onere di
contestazione, giacché il disconoscimento operato dalla L. Trasporti, riferito
non agli scontrini originali prodotti dal ricorrente, ma alle copie
fotostatiche prodotte nella fase sommaria, non sarebbe stato per nulla
specifico e circostanziato come richiesto dalla giurisprudenza.

Con il quinto motivo G.K., in relazione alla
allegata natura subordinata dell’attività esercitata prima della
formalizzazione del rapporto, lamenta la violazione dell’art. 2094 cod.civ., art. 11 e 11bis CCNL Autotrasporto, art. 12 DLGS n. 285 del 2005, art. 12 DM 22.5.1998, n. 212, art. 82 Codice della strada, art. 416 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ.,. Nullità della sentenza per
violazione degli art. 112, 115, 116, 132 comma 2 n. 4 cod.proc.civ. Omesso esame di un
fatto decisivo del giudizio, ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 3, “e/o” 4 “e/o” 5 cod.proc.civ.

Con il sesto motivo, relativo alla ritenuta
“novazione del rapporto di lavoro subordinato ad opera del successivo contratto
a termine”, la ricorrente si duole della violazione degli art. 1230 e 1231
cod.civ., dell’art. 2697 cod.civ., 112, 115 e 116 cod. proc.civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ. e della
violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4,
cod.proc.civ. per nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod.proc.civ.

8. Con il settimo motivo si deduce la nullità del
patto di prova apposto al contratto di lavoro del ricorrente e si denuncia la
violazione dell’art. 2096 cod.civ., ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ. Ciò
in conseguenza dell’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a partire
dal 1.1.2014.

9. Con l’ottavo motivo, relativo alla dedotta
nullità del termine apposto al contratto di lavoro, G.K. lamenta la violazione
dell’art. 1 DLGS n. 368 del 2001,
ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ.
Ciò sempre in conseguenza dell’esistenza del rapporto di lavoro dal 1.1.2014.

10. Con il nono, in via subordinata si denuncia la
violazione degli Art. 1230, 1231, 2094 cod.civ.
e del DLGS n. 368 del 2001, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ. in relazione
alla dedotta illegittimità del contratto a termine concluso tra le parti
qualora dovesse ritenersi che l’intento delle parti fosse quello di costituire
un rapporto di lavoro a termine fin dal 1.1.2014.

11. Deve essere esaminato con precedenza il quinto
motivo di ricorso, inerente agli errori di diritto che sarebbero stati compiuti
dalla Corte territoriale a proposito del mancato riconoscimento del rapporto di
subordinazione tra la ricorrente e la ditta L. Trasporti, nonché a vizi
motivazionali sullo stesso punto.

12. In effetti, le altre doglianze proposte dalla
lavoratrice non sono autonome, giacché i primi quattro motivi attengono alla prova
dell’effettività della prestazione lavorativa prima della formalizzazione del
rapporto con la stipula tra le parti, il 10.1.2014, di un contratto a tempo
determinato assistito da patto di prova, mentre i motivi dal sesto al nono
attengono alla motivazione sussidiaria della sentenza impugnata, quella basata
sulla natura novativa di quest’ultimo contratto.

13. Ora, per quanto riguarda il primo punto, la
motivazione della sentenza impugnata, pur riferendosi, in accordo con il primo
giudice, alla debolezza della prova offerta dalla lavoratrice, è basata sul
mancato riconoscimento dei caratteri della subordinazione sulla base delle
stesse allegazioni della ricorrente, assumendone in via ipotetica la realtà.
Relativamente al secondo punto, i motivi in questione riguardano una
motivazione sussidiaria, la cui critica dovrebbe essere presa in considerazione
da questa Corte solo in caso di accoglimento del quinto motivo.

14. Tale però non è il caso, perché quest’ultima
doglianza non ha fondamento, il che comporta il rigetto dell’intero ricorso.

15. Nessuno dei tre profili prospettati, cioè errore
di diritto, nullità della sentenza per non soddisfacimento del requisito del
“minimo costituzionale” per la motivazione e omesso esame di un fatto decisivo
del giudizio oggetto di discussione tra le parti, è meritevole di accoglimento.

16. Sotto il primo profilo la lavoratrice deduce in
primo luogo che dal punto di vista legale l’utilizzo di un mezzo per
autotrasporto di proprietà di terzi può avvenire o in virtù di un rapporto di
lavoro subordinato o grazie ad un contratto di noleggio del mezzo senza
conducente ad un’altra impresa di trasporto, ciò che richiede l’iscrizione
all’albo degli autotrasportatori, condizione che la signora G. non soddisfa
(come suo marito). Da varie norme di legge, regolamentari e collettive (in
particolare il D.Lgs. n. 286 del
2005, art. 12 c. 5), emergerebbe secondo la ricorrente che, in caso di
irregolarità, vi sarebbe una presunzione legale di lavoro subordinato. Analoghe
considerazioni vengono svolte in ordine all’art. 12 del D.M. 22 maggio 1998, n.
212 e agli art. 82 e ss. del
Codice della strada.

17. Il Collegio osserva a questo riguardo come,
sebbene dalla violazione delle norme invocate possa derivare, evidentemente,
una responsabilità amministrativa del legale rappresentante dell’impresa, non
si possa parlare di presunzione legale. In particolare, l’art. 12 comma 5 del D.lgs. n. 286 del
2005 statuisce che, in caso di irregolarità, oltre alle sanzioni
amministrative, si applicano “le sanzioni previste dalle vigenti disposizioni
in materia di rapporto di lavoro dipendente”. Non è possibile ricavare da
questa frase, né dalle altre norme invocate dalla ricorrente, la volontà di
stabilire una presunzione legale di subordinazione, perché la norma si limita,
senza ambiguità, a far salvo il regime sanzionatolo pertinente in tema di
rapporto di lavoro dipendente, ma non contiene alcun elemento che possa
condurre ad estendere il perimetro della fattispecie legale di cui all’art. 2094 cod.civ. ovvero a stabilire presunzioni
legali di subordinazione. Anche in ipotesi di guida irregolare di automezzi da
trasporto si deve dunque ritenere che il giudice mantenga il proprio potere di
accertare la subordinazione (o, come in questo caso, la sua mancanza).

18. Quanto alle disposizioni collettive invocate
dalla ricorrente, esse sono assolutamente compatibili con la soluzione adottata
dalla sentenza impugnata. In particolare, gli articoli 11 e 11bis del CCNL di settore,
unitamente all’art. 3, n. 1, lett.
c) n. 2 del D.Lgs. n. 234 del 2007, si limitano a sancire che per gli
autisti il posto di lavoro e “il veicolo usato dalla persona che effettua
operazioni mobili di autotrasporto per lo svolgimento delle sue mansioni” e a
descrivere l’attività di autotrasporto, ma nulla dicono quanto agli elementi
che permettono di individuare il vincolo della subordinazione, essendo pacifico
che la prestazione di guida in autotrasporto può effettuarsi sia in regime di
lavoro autonomo sia in regime di subordinazione.

19. La sentenza impugnata viene poi criticata in
relazione agli elementi presi in considerazione per escludere la
subordinazione. In sostanza la Corte territoriale non avrebbe considerato che
nell’autotrasporto il posto di lavoro è il camion e che tutto il lavoro si
compie in trasferta. La lavoratrice valorizza il fatto che i trasporti erano
eseguiti per conto della ditta, cui il mezzo apparteneva, che le direttive in
ordine ai luoghi di carico e scarico, ai tempi di consegna e alle destinazioni
erano impartite ovviamente sempre dalla ditta, la permanenza sul mezzo
aziendale per tutta la durata del periodo in questione, la molteplicità dei viaggi,
e il fatto che la ricorrente non dispone di alcun mezzo aziendale e non ha
assunto alcun rischio d’impresa.

20. In realtà queste considerazioni non sono idonee
a scalfire la statuizione sul punto della sentenza impugnata, la quale è
corretta nella sua affermazione in diritto secondo la quale per caratterizzare
un rapporto di lavoro a tempo indeterminato occorre considerare lo stabile
inserimento del lavoratore nell’organizzazione produttiva, il carattere
continuo della prestazione ed una “effettiva eterodirezione”, anche in tema di
trasporto su strada. Come si è detto, la prestazione di guida per autotrasporto
può svolgersi sia in regime di lavoro autonomo sia in regime di lavoro
subordinato. Come questa Corte ha più volte osservato, in tema di lavoro subordinato,
la sporadicità dell’attività prestata e l’affidamento – secondo indicazioni di
massima e con possibilità del lavoratore di accettarli o meno – di compiti
saltuariamente svolti, sono idonei ad escludere la configurabilità di un
rapporto di lavoro subordinato, denotando tali aspetti la mancanza di
eterodirezione e dell’inserimento stabile e costante del lavoratore nella
compagine organizzativa aziendale (tra molte, Cass.
n. 25204 del 2013, n. 58 del 2009 e n. 7304 del 1999).

21. Ora, spetta al giudice del merito accertare il
comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del rapporto di lavoro al fine
della conseguente qualificazione dello stesso come lavoro autonomo ovvero come
lavoro subordinato e la relativa valutazione non è censurabile in cassazione
ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass.
n. 1238 del 2011). In questo caso la Corte territoriale è giunta alla
conclusione che, esaminando le caratteristiche del lavoro prestato dalla
ricorrente secondo le sue stesse allegazioni, in particolare l’essersi trattato
di un unico seppur lungo viaggio di andata e ritorno, sia pure con varie tappe
intermedie, non erano riconoscibili le caratteristiche del lavoro subordinato.

22. Sotto quest’ultimo profilo, quello
motivazionale, la ricorrente deduce sia la nullità della sentenza per assoluta
insufficienza della motivazione, che sarebbe al di sotto del cosiddetto “minimo
costituzionale” sia l’omesso esame di un fatto decisivo.

23. Relativamente al primo aspetto, come affermato
dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza
n. 8053 del 2014, la riformulazione dell’art.
360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n.
83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134,
deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al
“minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla
motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente
rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il
vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto
con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza
assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella ”
motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione (v. anche Cass. 12.10.2017 n. 23940;
Cass. 25.9.2018 n. 22598).

24. Alla luce di questi principi, ritiene il
Collegio che la sentenza impugnata non meriti l’accusa che il ricorso muove ad
essa di essere basata su di una motivazione inferiore al “minimo
costituzionale”. La sentenza della Corte territoriale è chiara nell’escludere
la subordinazione in assenza dei caratteri suoi propri, in particolare
l’inserimento stabile del lavoratore nell’organizzazione produttiva, la
continuità della prestazione e la eterodirezione. La motivazione permette di
comprendere i motivi di fatto e di diritto della decisione oltre che le ragioni
e l’iter logico seguito dal giudice di appello per raggiungere il proprio
convincimento. Pertanto, l’iter seguito dai giudici di seconde cure è stato
logicamente e sufficientemente esplicitato e ciò conduce a ritenere, pertanto,
insussistente la violazione denunciata.

25. Infine, per quanto riguarda il denunciato vizio
di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod.proc.civ.,
nuovo testo, la doglianza è inammissibile. In questo caso la sentenza impugnata
ha confermato la decisione di prime cure, per cui si verte in un caso di
“doppia conforme” ai sensi dell’art. 348 ter, comma
5, cod.proc.civ. In questi casi, per evitare l’ipotesi di inammissibilità
prevista dalla detta disposizione, il ricorrente deve indicare le ragioni di
fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della
decisione di appello e dimostrare che esse sono diverse tra loro (tra molte, Cass., n. 10897 del 2018). Una tale comparazione
manca del tutto nel ricorso.

26. Tornando agli altri motivi di ricorso, i primi
quattro sono inammissibili sia perché sono nella sostanza diretti a censurare
la motivazione della sentenza impugnata, e quindi soffrono della stessa ragione
di inammissibilità di cui si è appena detto, mancando anche qui la comparazione
con la motivazione della sentenza di prime cure volta a dimostrare
l’inesistenza di una “doppia conforme” sia perché le doglianze in esame
riguardano la prova delle circostanze di fatto allegate dalla ricorrente,
questione ininfluente rispetto alla ragione del decidere della sentenza
impugnata, che ha fondato il proprio assunto sulla base delle stesse
allegazioni.

27. Sono inammissibili anche i motivi da sei a nove,
perché come detto essi si riferiscono ad una motivazione sussidiaria della
sentenza impugnata, mentre a sorreggere la stessa decisione è sufficiente
l’accertamento negativo del rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e
la ditta L. Trasporti per il periodo antecedente la stipula del contratto a
termine con patto di prova del 10.1.2014, giacché le doglianze sollevate in
questi motivi danno per presupposto proprio l’accertamento di quel rapporto o
comunque, in via gradata, per quanto riguarda l’ultimo motivo, un rapporto di
lavoro subordinato a termine, pure implicitamente escluso dalla sentenza
impugnata. L’accertamento negativo del rapporto di subordinazione, invece, come
si è visto, non è stato efficacemente censurato con il ricorso, in particolare
con il quinto motivo; di qui, l’inammissibilità delle doglianze in esame.

28. Successivamente all’esposizione del nono motivo,
il ricorso, sotto il numero “11” (pag. 52), richiama quanto esposto negli atti
di merito relativamente alla quantificazione della retribuzione globale di
fatto da utilizzarsi per il calcolo dell’indennità risarcitoria da riconoscere
in tesi al lavoratore. Il punto non è presentato come doglianza. Si tratta
comunque di rilievi inconferenti.

29. Alla luce delle considerazioni che precedono, il
ricorso è quindi complessivamente da rigettare.

30. Non vi è luogo a liquidazione di spese, non
avendo la società intimata svolto attività difensiva in questa sede.

31. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n.
115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
-bis dello stesso art. 13, se
dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 febbraio 2020, n. 3912
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