Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3624 (riutilizzare)

Tributi, IRPEF, Agevolazioni, Incentivo all’esodo, Istanza
di rimborso maggiori ritenute operate dal datore di lavoro, Presupposti di
applicazione dell’agevolazione, Onere di prova a carico del contribuente

 

Ritenuto che

 

La controversia in oggetto riguarda l’impugnativa
del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso del 50% delle ritenute Irpef
operate dal sostituto d’imposta – Banco di Sicilia – al momento dell’esodo
volontario di B.S., nonché sulle somme liquidate a titolo di TFR (anno 2003).
Con la decisione in epigrafe, la CTR ha rigettato l’appello proposto
dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Palermo n.
479/12/10, che aveva disposto il rimborso dell’imposta indebitamente trattenuta
dall’Agenzia delle Entrate nell’entità del 50% della ritenuta operata da Banco
di Sicilia.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione affidato a tre motivi.

Nessuna attività difensiva ha svolto il
contribuente.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate
assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992,
132 comma 2, n. 4, 112
cod. proc. civ., in rapporto all’art. 360,
comma 1 n. 4, cod. proc. civ., sotto il profilo del difetto di motivazione
della gravata sentenza estrinsecantesi in argomentazioni inidonee a rivelare la
ratio decidendi.

2. Con il secondo motivo, assume la violazione e
falsa applicazione degli artt. 16,
comma 1, lettera a), 17 comma 4 bis e 48, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986,
59, comma 3 della I. n. 449 del
1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3
cod. proc. civ. per non aver la CTR considerato che il contribuente ha
chiesto il rimborso senza specificare il quantum della somme corrisposte al
fine di incentivare l’esodo, come recita il comma 4 bis dell’art. 17 t.u.i.r., in vigore fino al
4 luglio 2006, pur avendo usufruito dell’assegno straordinario per il sostegno
al reddito, in forma rateale, forma di corresponsione alternativa rispetto
all’assegno straordinario in un’unica soluzione, ex art. 5, comma 1, lett. b), d.m n.
158 del 28 aprile 2000.

3. Col terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ.,
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc.
civ., non avendo la CTR fatto buon governo delle regole di riparto
dell’onere probatorio, secondo cui è onere del contribuente che chiede il
rimborso allegare la prova dell’assenza delle condizioni costituenti il
presupposto impositivo; rileva che la normativa agevolativa è applicabile solo
qualora l’offerta del datore di lavoro a corrispondere maggiori somme sia
rivolta alla generalità dei dipendenti in possesso dei requisiti previsti dalla
norma, richiamando giurisprudenza (Cass. Civ. n.
9139 del 2006) secondo cui è necessario un piano collettivo stabilito
dall’azienda per incentivare l’esodo a più dipendenti escludendosi la
possibilità di esodi individuali. Deduce, in ogni caso, che il contribuente non
ha in concreto dimostrato che le somme ricevute per la cessazione volontaria
del rapporto siano state corrisposte a titolo di incentivo all’esodo e non
altro titolo.

4. Il primo motivo è infondato.

Le motivazioni addotte dalla Commissione Regionale
nella gravata sentenza, consentono senz’altro di individuare la loro
“ratio decidendi” in quanto enunciano, in maniera obiettivamente
adeguata, le ragioni che, sia sul piano logico che su quello giuridico, hanno portato
al rigetto dell’appello dell’Ufficio; in particolare, nella sentenza n.
707/29/15, la Commissione Regionale, dopo dedicato la prima parte della
motivazione all’esposizione dei motivi di appello delimitando l’oggetto della
controversia in relazione ad essi, ha sufficientemente e chiaramente motivato
la sua decisione, superando la prospettazione dell’appellante – secondo cui le
somme corrisposte come incentivo all’esodo non hanno natura liberale o premiale
né eccezionale ma costituirebbero reddito di lavoro dipendente in quanto tali
non esentabili da imposta ma soggette a tassazione separata – sul rilievo che
la retribuzione del lavoratore subordinato è funzionale alle attività
effettivamente svolte come da contratto di lavoro; vieppiù, ha sottolineato che
gli incentivi all’esodo e l’applicazione dell’aliquota agevolata della metà di
quella applicata per il trattamento di fine rapporto, prescinde dall’accordo
collettivo, potendo essere diretta anche a lavoratori singoli, proprio perché
si inquadrano nell’ambito di misure urgenti della finanza pubblica sottese alla
razionalizzazione delle risorse aziendali. E’ evidente, dunque, che la
motivazione della sentenza di cui in epigrafe ha rispettato i canoni di
sufficienza, di logicità e di chiarezza, senza incorrere nel vizio denunciato,
di cui all’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc.
civ., che sussiste solo quando il giudice non indichi affatto le ragioni
del proprio convincimento.

5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso vengono
esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, riguardando entrambi
i presupposti di legge e il relativo onere probatorio per ottenere il rimborso
della imposta che si assume indebitamente trattenuta. Essi sono fondati e vanno
accolti per le ragioni di cui appresso.

6. Con essi l’Amministrazione ricorrente deduce, la
violazione di legge perché il contribuente avrebbe richiesto il rimborso del
50% di tutte le somme del TFR senza specificare il quantum delle somme
corrisposte per tale incentivo pur avendo usufruito dell’assegno straordinario
per il sostegno al reddito in forma rateale, nonché l’error in procedendo per
difetto dell’attività valutativa del giudice a quo che non avrebbe considerato
la totale carenza di documentazione attestante le ragioni del rimborso,
nonostante fosse onere del contribuente fornirne prova. In particolare,
l’Amministrazione ricorrente deduce che la CTR avrebbe omesso di considerare
che: 1) le somme corrisposte non sono mai state classificate quale assegno straordinario
per il sostegno al reddito; 2) l’assenza di qualsivoglia riferimento ai
requisiti oggettivi e soggettivi del lavoratore, nonché di elementi oggettivi
di ristrutturazione aziendale; 3) le somme sono state corrisposte dal Banco di
Sicilia e non dal Fondo di solidarietà/Inps.

7. La sentenza impugnata, afferma che l’imposta
trattenuta dall’Agenzia delle Entrate e, quindi, l’istanza di rimborso del
contribuente, riguarda “il 50% della ritenuta operata dal Banco di Sicilia
(ex datore di lavoro), in occasione della corresponsione dell’incentivo
all’esodo e del TFR, oltre interessi e rivalutazione” (v. pag. 1 della
sentenza); nella parte motiva, ritiene infondato l’appello dell’Amministrazione
in quanto basato sull’erroneo rilievo che le somme corrisposte per l’incentivo
all’esodo non avessero natura liberale (v. pag. 3-4- della sentenza).

8. Orbene, va in primo luogo evidenziato che,
trattandosi di istanza di rimborso, non v’è dubbio che è il lavoratore tenuto a
dimostrare, mediante idonea documentazione, che l’erogazione del contributo è
avvenuta a titolo di incentivo all’esodo. (Sez. 5,
Ordinanza n. 21770 del 07/09/2018, Rv. 650104-01). In tal senso, la
giurisprudenza di questa Corte ha precisato che è dovere del giudice di merito
quello di verificare la sufficienza della documentazione prodotta a sostegno
delle ragioni creditorie (da rimborso) allegate dal contribuente, con un
giudizio di merito che, se congruamente e logicamente motivato – è
incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 23696 del 2007).

La CTR, tuttavia, alcun apprezzamento ha compiuto
circa gli elementi di prova forniti dal contribuente a sostegno dell’istanza di
rimborso del 50% delle ritenute Irpef operate dal sostituto d’imposta – Banco
di Sicilia – al momento dell’esodo volontario, sebbene abbia dato atto che il
contribuente avesse chiesto (ed ottenuto) il rimborso indistinto del 50% delle
somme versate, con riferimento, pur esso indistinto, a quanto percepito per
incentivo individuale all’esodo e a quanto percepito come normale TFR,
dimenticando che quest’ultimo sia soggetto alla tassazione separata con
aliquota integrale e non dimezzata.

9. Non v’è dubbio, dunque, che i secondi giudici
abbiano completamente omesso di verificare – in base agli elementi di prova che
il contribuente aveva l’onere di allegare per fondare l’istanza di rimborso –
se l’imposta fosse stata indebitamente trattenuta dall’Amministrazione
erariale, differenziando e quantificando, a tal fine, le somme corrisposte dal
datore di lavoro a titolo di incentivo all’esodo e quelle corrisposte a titolo
di TFR.

10. In tal senso questa Corte da tempo afferma che
le somme corrisposte dal datore di lavoro, in aggiunta alle spettanze di fine
rapporto, come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente,
costituiscono reddito di lavoro dipendente, essendo predeterminate al fine di
rimunerare il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto,
in funzione del ristoro di un lucro cessante e che le stesse sono assoggettate
alla tassazione separata alla stregua delle “altre indennità e somme”
di cui all’art. 16, primo comma,
lettera a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo “ratione
temporis” vigente), percepite “una tantum” in dipendenza della
cessazione del rapporto di lavoro (cfr. Sez. 5,
Sentenza n. 13777 del 31/05/2013, Rv. 627123-01).

11. Si evidenzia, altresì, che la giurisprudenza è
ferma nel ritenere che l’art. 19
(già art. 17), comma 4-bis, del
d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione vigente “ratione
temporis”), che ha introdotto per i contributi d’incentivo all’esodo dei
lavoratori dipendenti un’aliquota dimezzata rispetto a quella per il
trattamento di fine rapporto, si applica alle somme corrisposte al lavoratore a
titolo d’incentivo per le dimissioni anticipate indipendentemente dal carattere
individuale o collettivo della corrispondente pattuizione. (v. Sez. 5,
Ordinanza n. 33628 del 28/12/2018, Rv. 652129-01 che ha applicato la relativa
normativa agevolativa in riferimento ad una pattuizione contenente un generico
riferimento ad un accordo transattivo tra datore di lavoro e lavoratore.).
Inoltre, al fine di favorire l’obiettivo del legislatore di razionalizzare le
risorse aziendali e creare nuove opportunità di lavoro, la giurisprudenza è
unanime nel ritenere che l’art. 19
(già art. 17), comma 4-bis, del
d.P.R. n. 917 del 1986, è applicabile a tutti i lavoratori i quali abbiano
superato una determinata età anagrafica, anche se non in possesso dei requisiti
minimi per l’età pensionabile e che il suo ambito operativo non può essere
ridotto con l’inserimento negli accordi aziendali di limiti non contemplati
dalla legge (come, nella specie, un termine temporale per la manifestazione
dell’adesione dei lavoratori alla possibilità di esodo), in quanto, ai fini del
riconoscimento dell’agevolazione, le aziende non sono tenute a prevedere piani
ed incentivi generalizzati o indirizzati ad una pluralità di destinatari (cfr. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 24313 del 29/11/2016,
Rv. 641759-02; Sez. 6-5, Sentenza n. 19626 del
17/09/2014, Rv. 63246101).

12. Per le suesposte ragioni, deve essere rigettato
il primo motivo e devono essere accolti il secondo ed il terzo motivo di
ricorso. In conseguenza dell’accoglimento del secondo e terzo motivo, la
sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa
composizione, perché proceda ad un nuovo esame della controversia; il giudice
di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il
secondo ed il terzo motivo di ricorso, in relazione ai quali cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, anche in
ordine alle spese del presente giudizio.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3624 (riutilizzare)
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