Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 febbraio 2020, n. 5037

Contratti di somministrazione a tempo determinato,
Accertamento invalidità, Successivo rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato alle dipendenze della società utilizzatrice, Capacità espansiva
dell’impugnazione, Non sussiste

Rilevato che

 

la Corte di appello di Brescia, con sentenza nr. 160
del 3.5.2016, rigettava l’appello proposto da A.Z. nei confronti di M. W. I.
SRL unipersonale (già H.L. srl) avverso la decisione di primo grado che, a sua
volta, aveva respinto la domanda del lavoratore diretta all’accertamento
dell’invalidità di plurimi contratti di somministrazione a tempo determinato,
conclusi tra il 3 ottobre 2011 ed il 28 luglio 2013, ed alla costituzione, ai
sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003,
art. 27, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle
dipendenze della società utilizzatrice;

la Corte territoriale, premesso che il Tribunale
aveva accolto l’eccezione di decadenza ai sensi dell’art. 32, comma 4, della legge nr.
183 del 2010, con riferimento a tutti i contratti di somministrazione
intercorsi tra le parti tranne che in relazione all’ultimo, poiché soltanto con
atto del 12 aprile 2013 il lavoratore aveva proposto l’ impugnativa
stragiudiziale, osservava come non potesse essere accolto il motivo di appello
secondo cui il termine di decadenza non dovesse applicarsi ai contratti
stipulati prima dell’1.1.2012 ed altresì riteneva infondata la censura secondo
cui l’impugnativa dovesse estendersi a tutti i contratti pregressi, in presenza
di rapporti plurimi che si erano succeduti nel tempo con intervallo tra l’uno e
l’altro inferiore al termine di sessanta giorni; con riferimento all’unico
contratto, in relazione al quale l’impugnazione era tempestiva, la Corte
territoriale giudicava sussistenti i presupposti per il ricorso alla
somministrazione;

per la cassazione di tale sentenza il lavoratore ha
proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha resistito, con controricorso, la
società M.W.I. SRL;

entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod.proc.civ.;

 

Considerato che

 

con il primo motivo il ricorrente denuncia – ai
sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – falsa
applicazione dell’art. 6 della
legge nr. 604 del 1966, come modificato dall’art. 32 della legge nr. 183 del 2010,
in relazione all’art. 2966 cod.civ. ed all’art. 24 Cost., per avere la Corte territoriale
ritenuto che, in caso di plurimi contratti succedutisi con intervallo tra l’uno
e l’altro inferiore al termine di sessanta giorni, l’impugnativa proposta nei
confronti dell’ultimo contratto non fosse da intendersi estesa anche agli
altri;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), denuncia falsa
applicazione dell’art. 6 della
legge nr. 604 del 1966, come modificato dall’art. 32 della legge nr. 183 del 2010,
in relazione agli artt. 11.1 e 14 preleggi per avere la Corte di appello ritenuto
applicabile il termine di decadenza anche ai rapporti costituiti
antecedentemente alla nuova disciplina, pur in assenza di disposizioni
transitorie in tal senso;

il ricorso è infondato;

il primo motivo introduce la questione della
capacità espansiva dell’impugnazione dell’ultimo contratto di lavoro a termine
in somministrazione anche a quelli che lo hanno preceduto, con particolare
riferimento all’ipotesi in cui tra un contratto e  l’altro sia intercorso un termine inferiore a
quello utile per l’impugnazione stragiudiziale;

la questione è stata recentemente esaminata e
risolta da questa Corte con plurime pronunce (Cass. n. 30134, 30135, 30136,
32702 del 2018; nn. 422, 2283 e 24356 del 2019
) sulla base del principio di diritto, qui da ribadirsi ulteriormente, secondo
cui: « in tema di successione di contratti di lavoro a termine in
somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della
serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e
l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa»;

in tali precedenti, si è richiamato e condiviso
l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza
nr. 2420 del 2016, con cui è stato affermato che il termine di decadenza di
cui all’art. 6 della legge nr.
604 del 1966, come successivamente modificato, decorre, per i contratti di
somministrazione, dalla data di scadenza originariamente pattuita, in quanto il
potenziale rinnovo per un numero indefinito di volte di tale tipologia di
contratto, a differenza di quanto previsto per i contratti a termine, non
autorizza di per sé il lavoratore a nutrire alcun affidamento. In continuità
con tale principio, è stato ritenuto che la singolarità dei contratti di somministrazione
e l’inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro evidenzia la
necessità che a ciascuno di essi si applichino le regole inerenti alla loro
impugnabilità, venendo altrimenti anticipata in modo non giustificato una
eventuale considerazione unitaria del rapporto lavorativo, estranea al fatto
storico allegato, il cui rilievo giuridico è oggetto della domanda avanzata. E’
stato ritenuto non pertinente il richiamo ai fatti impeditivi della decadenza (art. 2966 cod.civ.), in quanto specificamente
previsti e, dunque, non suscettibili di applicazione estensiva ed analogica;

alla motivazione di Cass.
nr. 24356 del 2019 si rinvia anche quanto all’affermazione di tenuta degli
esposti principi con il Diritto dell’Unione; in questa sede, si ribadisce solo
come la accolta interpretazione non «si pon(ga) in contrasto con il diritto
dell’Unione quale fattore – ai sensi dell’art. 6, comma 2, della direttiva
2008/104/CE – di ostacolo o impedimento alla “stipulazione di un
contratto di lavoro o l’avvio di un rapporto di lavoro tra l’impresa
utilizzatrice e il lavoratore tramite agenzia interinale al termine della sua
missione”, poichè la direttiva in questione, che non è autoapplicativa, si
rivolge unicamente agli Stati membri, senza imporre alle autorità giudiziarie
nazionali un obbligo di disapplicazione di qualsiasi disposizione di diritto
nazionale che preveda, al riguardo, divieti o restrizioni che non siano
giustificati da ragioni di interesse generale»;

anche il secondo motivo di ricorso è infondato, alla
stregua della costante ed oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte;

costituisce ius receptum il principio secondo cui,
in tema di somministrazione di lavoro, la decadenza di cui all’art. 32, comma 4, della legge nr.
183 del 2010 e la conseguente proroga di cui al comma 1-bis del medesimo
articolo, si applicano anche ai contratti a termine in somministrazione scaduti
alla data di entrata in vigore della legge stessa (24 novembre 2010), senza la
necessità di una specifica previsione di deroga all’art.
11 preleggi, atteso che la nuova norma non ha modificato la disciplina del
fatto generatore del diritto ma solo il suo contenuto di poteri e facoltà,
suscettibili di nuova regolamentazione perché ontologicamente e funzionalmente
distinti da esso e non ancora consumati (così Cass.
nn. 7788 del 2017, 12984, 24598, 30134, 30135, 30136 e 30153 del 2018 e, da
ultimo nr. 160 del 2019; pronunce tutte che,
dando continuità a Cass. n. 2420 del 2016,
hanno definitivamente superato il contrario ed isolato avviso espresso da Cass. nn. 21916 del 2015 e 2462 del 2016);

in tale contesto, giova pure ribadire che la legge nr. 183 del 2010, art. 32,
comma 1-bis, introdotto dal D.L. nr. 225 del 2010,
conv. con mod. dalla legge nr. 10 del 2011,
nel prevedere «in sede di prima applicazione» il differimento al 31  dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle
disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del
licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta
esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della legge nr. 604 del
1966, sicché, con riguardo ai contratti a termine, nonché ai contratti a
termine in somministrazione, non solo in corso ma anche con termine scaduto e
per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24
novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”)
e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in
vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il
differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo
alla ratio legis di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le
conseguenze legate all’introduzione ex novo del suddetto e ristretto termine di
decadenza (Cass. nr. 25103 del 2015; Cass. S.U. nr. 4913 del 2016; con particolare
riguardo all’applicabilità ai contratti in somministrazione già scaduti alla
data del 24.11.2010 cfr. Cass. nr. 2420 del 2016;
Cass. nr. 7788 del 2017, nonché, più di
recente, Cass. nr. 30134 del 2018);

infine, si è anche osservato come l’introduzione del
nuovo termine di decadenza non determini una violazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 47 della Carta dei diritti
fondamentali della UE o 6 e 13 della CEDU, essendo stato
assicurato un ambito temporale quantitativamente congruo per la conoscibilità
della nuova disciplina, attesa la proroga disposta «in sede di prima
applicazione» disposta dal citato comma 1-bis (v. Cass.
n. 7788 del 2017; conf. Cass. n. 23619 del
2018);

in conclusione, il ricorso va respinto; quanto alle
spese del presente giudizio, le stesse si compensano integralmente «tenuto
conto che la questione oggetto del primo motivo di ricorso è stata risolta solo
recentemente da questa Corte, in epoca successiva all’introduzione del giudizio
di legittimità, e, quanto al secondo motivo, che l’orientamento espresso da Cass. n. 2420 del 2016 ha trovato conferma nella
giurisprudenza formatasi negli anni 2017 e seguenti» ( in termini, Cass. nr. 24356 del 2019);

sussistono i presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ai sensi del D.P.R. nr. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, se dovuto;

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio
di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

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