Solo quando fra più società si ravvisi un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, gli obblighi inerenti al rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si estendono anche alle altre.

 Nota a Cass. ord. 24 gennaio 2020, n. 1656

 Valerio Di Bello

Nel gruppo di società i rapporti di lavoro dei dipendenti sono imputabili alle società che ne sono titolari, a meno che non si riscontri un’utilizzazione impropria dello schema societario, determinata da una simulazione o da una preordinazione in frode alla legge e “pur esistendo di fatto un unico centro d’imputazione del rapporto di lavoro lo stesso sia solo apparentemente frazionato in più imprese.”

Il principio è enunciato dalla Corte di Cassazione (ord. 24 gennaio 2020, n. 1656, conforme ad App. Roma 1 giugno 2018, n. 2350), la quale precisa, in linea con la consolidata giurisprudenza, che non basta il collegamento economico-funzionale tra imprese per far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si estendano anche all’altra, a meno che, come detto, non si ravvisi un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.

La Corte ribadisce altresì che gli elementi che evidenziano la simulazione/preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti uniti da un collegamento economico-funzionale (la cui esistenza va accertata dal giudice di merito – v. Cass. ord. n. 3482/2013), sono: a) l’unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) l’“utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori” (v. Cass. n. 19023/2017, annotata in questo sito da F. ALBINIANO, Gruppo di imprese e unitarietà funzionale); c) l’integrazione fra le attività esercitate dalle diverse imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; d) il coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario idoneo ad “individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune”.

La fattispecie in esame riguarda il licenziamento per giustificato motivo oggettivo impugnato per violazione dell’obbligo di repêchage anche sul presupposto che lo stesso dovesse essere effettuato nei confronti delle diverse società del gruppo.

Con specifico riguardo al ripescaggio del lavoratore, la Corte di Appello di Roma (1 giugno 2018, n. 2350) ha rilevato l’erroneità in diritto della soluzione prospettata dal giudice di prime cure, secondo cui per consentire il repêchage di una lavoratrice la società avrebbe dovuto ridurre l’orario di lavoro di tutto il personale tecnico-amministrativo. Ciò, poiché tale soluzione contrasta con l’art. 41 Cost., “non essendo consentito al giudice ventilare una sua soluzione riorganizzativa dell’impresa”. Per i giudici, inoltre, la società non aveva l’obbligo di comparare la posizione della dipendente licenziata con quella dei suoi colleghi di lavoro di pari livello in quanto la posizione della ricorrente non era né omogenea né fungibile con quella dei suoi colleghi di lavoro.  Mancava quindi la condizione della “totale fungibilità dei dipendenti”, presupposto dell’obbligo di comparazione con gli altri lavoratori.

Licenziamento e gruppo di imprese
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