Il sequestro preventivo della carta del reddito di cittadinanza è ammesso in caso di dichiarazioni mendaci sul reddito da parte del beneficiario, anche se sia ancora in corso l’accertamento sulla veridicità delle medesime dichiarazioni.

 Nota a Cass. 10 febbraio 2020, n. 5290

 Alfonso Tagliamonte

“Il sequestro preventivo della carta reddito di cittadinanza, nel caso di false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, da parte del richiedente, può essere disposto anche indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio” (ai sensi dell’art. 7 del D.L. n. 4/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 26/2019).

È quanto afferma la Cassazione con la sentenza 10 febbraio 2020, n. 5290, con la quale la Corte rigetta il ricorso di un lavoratore beneficiario dell’RDC che lamentava l’illecito sequestro della “carta ricaricabile” (e quindi la violazione dell’art. 125 c.p. e della L. n. 26/2019), in quanto la variazione reddituale dovuta alla sua nuova occupazione, che avrebbe fatto sforare i limiti previsti per la concessione del reddito di cittadinanza, era intervenuta dopo il rilascio della documentazione ISEE necessaria per chiedere il beneficio.

I Giudici di legittimità hanno consentito una tutela penale anticipata nel caso sottoposto al loro esame, stante la violazione del dovere di lealtà richiesto ai cittadini nel dichiarare la propria situazione reddituale. Il sequestro della carta, infatti, in presenza di indizi di reato come quelli rilevati nella fattispecie (il beneficiario percepiva un reddito per lavoro in nero che si è accertato essere superiore alle somme minime per l’ottenimento della misura) è funzionale alla successiva revoca del beneficio.

Difatti, il richiamato art. 7 del D.L. n. 4/2019, prevede che: “1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni. 2. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’art. 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni.”

Entrambi i comportamenti contemplati nei due commi dell’art. 7 sono identificati come reati di condotta e di pericolo. Tali previsioni sono finalizzate a tutelare la pubblica amministrazione contro dichiarazioni mendaci o omissioni relative alla effettiva situazione patrimoniale e reddituale di chi ha già ottenuto o intende ottenere il reddito di cittadinanza. Entrambe le disposizioni contenute nell’art. 7, alla luce dei principi costituzionali sanciti dagli artt. 3 e 53, da cui si desume l’importanza del principio anti-elusivo, presuppongono il dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni da cui riceve un beneficio, per cui esse trovano applicazione indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva esistenza delle condizioni richieste per ottenere la misura, indagine che non è neppure necessaria, come emerge dalla formulazione della norma.

Ammesso il sequestro preventivo della carta relativa al Reddito di cittadinanza (RDC)
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