Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2020, n. 5548

Indennità di equiparazione, Art. 31 del d.P.R. 20 dicembre
1979, n. 761, Progressione di carriera, Rideterminazione

Rilevato

 

che con sentenza in data 11 febbraio 2014 la Corte
d’appello di Napoli respinge l’appello di P.M. avverso la sentenza n. 2816/2012 del locale Tribunale, di
rigetto del ricorso del M. volto ad ottenere la rideterminazione dell’indennità
di equiparazione prevista dall’art.
31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (c.d. indennità De Maria) a seguito
della progressione di carriera e del conseguente inquadramento a fini
retributivi nella categoria di Dirigente di primo livello ex decimo livello del
CCNL Dirigenza Sanitaria Amministrativa Tecnica e
Professionale, con decorrenza economica dal giorno 1 luglio 1998 e sino
alla cessazione del rapporto di lavoro in data 31 dicembre 2010;

che la Corte territoriale perviene alla suddetta
conclusione con articolata motivazione cui si rinvia ex art. si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;

che avverso tale sentenza P.M. propone ricorso
affidato ad un unico motivo;

che al ricorso oppone, con controricorso, l’Azienda
O.U.a della Seconda Università degli Studi di Napoli;

che resiste, con controricorso, anche la S.U. degli
Studi di Napoli – rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato –
la quale propone, a sua volta, ricorso incidentale per un unico motivo;

 

Considerato

 

che con l’unico motivo del ricorso principale si
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.
2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ.,
deducendosi il mancato rispetto dei principi in tema di giudicato formale e
sostanziale con riferimento alla sentenza della Corte d’appello di Napoli n.
8843 del 2008 – che avrebbe affermato che al ricorrente deve riconoscersi lo
stato di dirigente sanitario di I livello – nonché all’asseritamente erronea
efficacia di giudicato attribuita dalla Corte d’appello alla precedente
sentenza del Consiglio di Stato n. 6086 del 2005 resa in sede di ottemperanza e
quindi non suscettibile di passare in cosa giudicata sostanziale;

che con l’unico motivo del ricorso incidentale
l’Università denuncia ex art. 360, n. 3, cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 517 del 1999,
riproponendo la questione del proprio difetto di legittimazione

passiva, sull’assunto secondo cui l’unico soggetto
legittimato passivo sarebbe l’Azienda O.U.;

che il ricorso principale va dichiarato
inammissibile;

che tutte le censure proposte dal ricorrente
principale sono incentrate sull’interpretazione – che si assume erronea –
offerta dalla Corte d’appello alla sentenza della Corte d’appello di Napoli n.
8843 del 2008 (divenuta definitiva) nonché alla precedente sentenza del
Consiglio di Stato n. 6086 del 2005 (cui la Corte d’appello avrebbe attribuito
efficacia di giudicato, sbagliando);

che tuttavia il ricorrente, nel contestare
l’efficacia e il valore attribuito alle menzionate sentenze dalla Corte
territoriale, non osserva i consolidati e condivisi orientamenti di questa
Corte secondo cui:

a) nel giudizio di cassazione il principio della
rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere del rispetto
del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione per cui la
parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena di
inammissibilità, riprodurre nel ricorso il testo integrale della sentenza che
assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il
richiamo a stralci della motivazione o ad un riassunto sintetico della stessa
(Cass. 18 novembre 2019, n. 29881; Cass. 31ottobre 2019, n. n. 28182; Cass.
30838/18; Cass. 31 maggio 2018, n. 13988; Cass. 23 giugno 2017, n. 15737; Cass. 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass. SU 27
gennaio 2004 n. 1416);

b) il rilievo pubblicistico del giudicato comporta
altresì che l’onere di allegazione del ricorrente sia completo e non resti
affidato alla deduzione di frammentarie proposizioni della sentenza che, come
tali, non consentono ai giudici di legittimità di trarre dal primo il
significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è
portatore (Cass. SU 9 maggio 2008, n. 11501);

che, nella specie, le suindicate sentenze risultano
allegate al ricorso ma manca la riproduzione del rispettivo testo integrale di
cui si assume la scorretta interpretazione da parte del giudice di appello e di
cui si chiede a questa Corte di accertare la portata, di talché le doglianze
risultano formulate senza il dovuto rispetto degli anzidetti principi;

che, pertanto, il ricorso principale è inammissibile
e questo porta all’assorbimento del motivo di ricorso incidentale;

che le spese del presente giudizio di cassazione –
liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

che si dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali di cui all’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228
del 2012.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso principale,
assorbito il ricorso incidentale della S.U. degli Studi di Napoli. Condanna il
ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di
cassazione, liquidate in euro 200,00 per esborsi e, per ciascuno dei contro
ricorrenti, euro 2500,00 (duemilacinquecento/00) per compensi professionali,
oltre spese prenotate a debito per la Seconda Università degli Studi di Napoli
e spese forfetarie nella misura del 15% nonché accessori come per legge, per
l’Azienda O.U. della Seconda Università degli Studi di Napoli.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.

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