Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 marzo 2020, n. 6301

Dipendenti iscritti all’INPDAP, Contributi CUAF,
Applicazione dell’aliquota piena, Inapplicabilità per le categorie iscritte a
regimi pensionistici obbligatori diversi dal Fondo Pensioni Lavoratori
Dipendenti

 

Rilevato che

 

1. con sentenza in data 14 marzo 2014, la Corte di
Appello di Milano, per quanto in questa sede rileva, ha confermato la decisione
di primo grado che, rigettando l’opposizione a cartella esattoriale, svolta
dalla s.p.a. E., ora s.p.a. A.W., ha escluso il diritto della società di
avvalersi, per i contributi CUAF, dell’aliquota ridotta anche per i dipendenti
iscritti all’I.V.S.-INPDAP, al pari dei dipendenti iscritti confermando
l’applicazione dell’aliquota piena;

2. avverso tale sentenza la s.p.a. A.W. ha proposto
ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a due motivi, al quale
ha opposto difese l’INPS, con controricorso;

 

Considerato che

 

3. i motivi di ricorso della società ricorrente, per
violazione e falsa applicazione dell’art. 41 legge n. 488 del 1999,
dell’art. 3 comma 23 della legge
n. 335 del 1995, dell’art. 1
comma 238 della legge n. 662 del 1996, investono, sotto vari profili, la
statuizione di esclusione dell’applicazione dell’aliquota ridotta in relazione
ai contributi per assegni familiari per i dipendenti che avevano optato per il
mantenimento dell’iscrizione presso l’INPDAP e sono da rigettare;

4. le questioni proposte con i detti motivi, anche
sotto il profilo della conformità ai canoni costituzionali delle norme di
riferimento, sono state disattese dalla giurisprudenza di questa Corte la quale
ha escluso che la disciplina di riferimento, interpretata nel senso della non
applicabilità dell’aliquota ridotta per i dipendenti iscritti all’INPDAP, si
ponga in contrasto con le norme costituzionali e comunitarie;

5. è stato infatti precisato che l’obiettivo di
armonizzazione degli ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità
degli organismi assicurativi, fatto proprio dalla riforma previdenziale di cui
alla legge n. 335 del 1995, non implica la
sottrazione alla discrezionalità del legislatore della regolamentazione della
disciplina contributiva in relazione alle peculiari necessità dei diversi enti
previdenziali, sicché non può ritenersi che le norme che implichino, al
riguardo, una diversificazione contributiva costituiscano violazione del
principio di uguaglianza;

6. ancor meno potrebbe legittimarsi una
interpretazione che, nell’ottica anzidetta, si discosti dal contenuto testuale
delle disposizioni scrutinate;

7. neanche si condividono i dubbi di costituzionalità
con riferimento al parametro di cui all’art. 41
della Costituzione, la cui asserita violazione è del resto espressa in
termini generici, non potendo ravvisarsi una limitazione della libertà di
iniziativa economica nelle specifiche disposizioni regolanti oneri
contributivi, a carico delle aziende, in misura diversificata a seconda
dell’ente previdenziale di iscrizione dei dipendenti;

8. anche i dubbi di conformità al canone
costituzionale di ragionevolezza non sono stati condivisi dai precedenti di
questa Corte di legittimità (v., fra le tante, Cass. n. 10314 del 2015 e
numerose successive conformi), ai quali va data continuità ricordando che il
giudice costituzionale ha ripetutamente affermato il principio della incomparabilità
dei sistemi previdenziali, derivante dalla complessità inerente alla varietà
delle prestazioni e dalle condizioni per ottenerle, dalle variegate fonti di
finanziamento (v. Corte Cost. n. 202 del 2008,
n. 325 del 1993), ricordando che la realizzazione definitiva della tendenziale
omogeneizzazione dei regimi previdenziali è affidata alla discrezionalità del
legislatore, trattandosi di scelte di politica sociale ed economica (Corte
cost. n. 173 del 1986), e che tale discrezionalità concerne anche la
conformazione dell’obbligo contributivo (Corte
cost. n. 48 del 2010, ord. n. 896 del 1988);

9. neanche consta, né è stato dedotto, che la
Commissione UE abbia ravvisato nella riduzione contributiva di che trattasi un
aiuto di stato incompatibile, il che, del resto, avrebbe semmai condotto alla
soppressione della disposta riduzione, non certo ad una sua estensione nel
senso propugnato dalla parte ricorrente;

10. ciò premesso, l’art. 3, comma 23, legge n. 335 del
1995 prevede che: «Con effetto dal 1° gennaio 1996, l’aliquota contributiva
di finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è
elevata al 32 per cento con contestuale riduzione delle aliquote contributive
di finanziamento per le prestazioni temporanee a carico della gestione di cui
all’articolo 24 della legge 9
marzo 1989, n. 88 contributive di finanziamento per le prestazioni
temporanee a carico della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 3,
comma 23, procedendo prioritariamente alla riduzione delle aliquote diverse da
quelle di finanziamento dell’assegno per il nucleo familiare, fino a
concorrenza dell’importo finanziario conseguente alla predetta elevazione. La
riduzione delle aliquote contributive di finanziamento dell’assegno per il
nucleo familiare, di cui al D.L. 13 marzo 1988, n.
69, convertito, con modificazioni, dalla L. 13
maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni e integrazioni, ha
carattere straordinario fino alla revisione dell’Istituto dell’assegno stesso
con adeguate misure di equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con Il
Ministro del tesoro saranno adottate le necessarie misure di adeguamento. Con
la medesima decorrenza, gli oneri per la corresponsione dell’assegno per il
nucleo familiare, sono posti integralmente a carico della predetta gestione di
cui alla citata L. n. 88 del
1989, art. 24 e, contestualmente, il concorso dello Stato per i trattamenti
di famiglia previsto dalla vigente normativa è riassegnato per le altre
finalità previste dalla medesima L. n. 88 del 1989, art. 37»;

11. in attuazione di tale norma, con il decreto 21 febbraio 1996 emesso dal Ministero del
Lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero del Tesoro,
sono state adottate le misure di adeguamento delle aliquote contributive. Le
riduzioni delle aliquote contributive TBC, maternità e CUAF non trovano però
applicazione, in base a quanto espressamente previsto dall’art. 2 di tale decreto
ministeriale, per le categorie iscritte a regimi pensionistici obbligatori
diversi dal Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti;

12. con numerose decisioni, cui occorre dare
continuità (v. Cass. nn. 18455, 7834 del 2014,
n. 14869 del 2015, nn. 312, 180 del 2016; n. 30806 del 2018; n. 19581 del 2019) questa Corte ha chiarito che
la richiamata disposizione dell’art.
3, comma 23, della legge n. 335 si applica unicamente ai soggetti per i
quali sussiste l’obbligo contributivo al fondo pensioni lavoratori dipendenti e
comunque iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti e non anche ai dipendenti delle aziende che hanno
continuato a mantenere l’iscrizione all’INPDAP;

13. si è rilevato che la disposizione è univoca nel
ricollegare la contestuale riduzione delle aliquote contributive di
finanziamento per le prestazioni temporanee all’elevazione dell’aliquota
contributiva dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, onde non
vi è spazio per ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore dei
soggetti che non versano i contributi a tale Fondo e, in particolare, non
tenuti, per alcuni dei dipendenti (quelli iscritti all’INPDAP), al
corrispondente aumento delle aliquote IVS;

14. il successivo comma 24, nel prevedere, invece,
un aumento delle aliquote contributive dovute «all’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori
dipendenti e alle forme di previdenza esclusive, sostitutive ed esonerative
della medesima» suona a conferma che la ricordata previsione di cui al
precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole contribuzioni
relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti;

15. le spese di lite, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza;

16. ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro
2.900,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e
altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 marzo 2020, n. 6301
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: