Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2020, n. 6439

Patti di prova successivi, Leceità, Pregressa attività
lavorativa, Contratto di somministrazione

 

Rilevato che

 

con sentenza in data 18 maggio 2018, la Corte di
Appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto dalla B.I. s.r.l. avverso la
decisione del Tribunale di Roma che, in accoglimento del ricorso proposto da
S.C., aveva disposto la reintegrazione della stessa nel posto di lavoro in
seguito ad opposizione ex art. 1,
comma 5 L. n. 92/2012;

in particolare, il giudice di secondo grado pur
ritenendo in linea teorica ammissibili due, patti di prova successivi, ha
escluso la liceità del patto di prova annesso al contratto intercorso con la ricorrente
alla luce della pregressa attività lavorativa svolta alle dipendenze della B.,
sia pure con contratto di somministrazione;

avverso tale sentenza propone ricorso la B.I.
S.r.l., affidandolo ad un motivo;

resiste, con controricorso, S.C.;

 

Considerato che

 

– con l’unico motivo di ricorso la B. s.r.l.
denunzia violazione dell’art. 2096 cod.civ.;

 il motivo è
infondato;

con riguardo all’allegata violazione della normativa
civilistica e contrattuale in tema di superamento del patto di prova, va
rilevato che sebbene parte ricorrente lamenti una violazione di legge, essa fa,
in realtà, valere vizi di merito, attinenti all’iter decisorio del giudice, non
vagliabili in sede di legittimità;

per costante giurisprudenza di legittimità, (cfr.,
fra le più recenti, Cass. n. 20335 del 2017,
con particolare riguardo alla duplice prospettazione del difetto di motivazione
e della violazione di legge) il vizio relativo all’incongruità della motivazione
di cui all’art. n. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e
sussiste quando il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito
presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione del criterio
logico posto a fondamento della decisione, o comunque, qualora si addebiti alla
ricostruzione di essere stata effettuata in un sistema la cui incongruità
emerge appunto dall’insufficiente, contraddittoria o omessa motivazione della
sentenza;

invece, attiene alla violazione di legge la
deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato,
della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando
necessariamente una attività interpretativa della stessa;

nella specie, la stessa piana lettura delle modalità
di formulazione del motivo considerato induce ad escludere, ictu oculi, la
deduzione di una erronea sussunzione nella disposizione normativa mentovata
della fattispecie considerata, apparendo, invece, chiarissima l’istanza volta
ad ottenere una inammissibile rivalutazione del fatto in sede di cassazione;

– la parte si sofferma, invero, sostanzialmente
sulla ricostruzione fattuale della vicenda e delle sue conseguenze – deducendo
l’omesso esame di circostanze rilevati – e mira ad ottenere una rivisitazione
del merito anche in ordine ad aspetti del tutto sottratti al sindacato di
legittimità;

– in particolare, il giudice di secondo grado ha
congruamente motivato in ordine alla nullità del patto di prova, già ritenuta
in sede di opposizione dal Tribunale, alla luce dell’espletamento della
medesima attività lavorativa già nei precedenti contratti a tempo determinato
ma, soprattutto, dell’ultimo contratto, di somministrazione, intercorso proprio
con la B. s.r.l. nonché della mancata allegazione, da parte della società, del
CCNL che consentisse di accertare nello specifico tutta la declaratoria, ed ha
evidenziato che, sebbene nei due contratti le declaratorie fossero diverse, le
mansioni specifiche di “cuoca”, anche alla luce delle prove
testimoniali raccolte, dovessero reputarsi uguali, non essendovi prova certa
per poter ritenere la diversità delle attività lavorative svolte, onde
considerare legittimo il patto di prova; questa Corte, in particolare, ha
ritenuto legittima l’apposizione di un patto di prova al contratto a tempo
indeterminato stipulato con un dipendente in precedenza già assunto, ma con
contratto a tempo determinato, all’esito del superamento di un periodo di prova
per le medesime mansioni ma solo ove, in base all’apprezzamento del giudice di
merito, risponda all’interesse di entrambe le parti sperimentare la persistente
convenienza del rapporto (fra le più recenti, Cass. 29/08/2018, n. 21376);

nel caso di specie, il giudice di secondo grado ha
escluso, confermando sul punto quanto deciso dal Tribunale, in base al proprio
prudente apprezzamento, che la volontà delle parti potesse indurre a reputare
giustificato un patto di prova e che occorresse sperimentare la convenienza del
rapporto alla luce del precedente contratto di somministrazione intercorso fra
le parti;

in realtà parte ricorrente mira ad ottenere una
diversa valutazione della volontà delle parti contrattuali richiedendo un
diverso apprezzamento che, tuttavia, in quanto fattuale, risulta sottratto alla
valutazione del giudice di legittimità;

alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso
deve essere respinto;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come
in dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato ai sensi del comma
1-quater dell’art. 13 d.P.R. n. 115 del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla
rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida
in complessivi euro 5000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre
spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1 – bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 – bis dello stesso articolo 13),
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2020, n. 6439
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