Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 marzo 2020, n. 7089

Amministratrice di società iscritta alla Gestione separata
Inps, lndennità di maternità per il periodo di astensione obbligatoria dal
lavoro, Ricezione nel medesimo periodo del compenso per la carica di
amministratore, Regime anteriore ala L. n.
81/2017, Avvenuto pagamento dell’emolumento non significativo di
prestazione dell’attività lavorativa relativa alla carica

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte d’Appello di Milano confermava la
sentenza di primo grado che aveva riconosciuto ad A.T., iscritta alla gestione
separata dell’Inps in quanto amministratore di società, l’indennità di
maternità per il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro dal 24 marzo al 19
maggio 2009.

2. La Corte territoriale riteneva che non ostasse
alla percezione della suddetta indennità il fatto che l’appellata avesse
ricevuto in tale periodo il compenso per la carica di amministratore,
considerato che l’avvenuto pagamento dell’emolumento non significava di per sé
prestazione dell’attività lavorativa relativa alla carica, prestazione che era
stata negata nella dichiarazione resa ex art. 5 del D.M. 12 luglio 2007.

3. Per la cassazione della sentenza l’INPS ha
proposto ricorso, affidato ad un motivo, illustrato anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui A. T. non ha opposto attività
difensiva.

 

Considerato in diritto

 

4. L’istituto ricorrente deduce la violazione e
falsa applicazione degli articoli
2 comma 26 della I. 8 agosto 1995 n. 335, 22 comma 2 e 64 del d.lgs 26 marzo 2001 n. 151,
nonché 1, 2, 5 e 6 del d.m. 12 luglio 2007 n.
28057, con riferimento agli artt. 2110 c.c.
e 6 comma 2 della I. n. 138 del
1943. Precisa che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice
territoriale, il compenso per l’attività di amministratore è stato percepito
dalla signora T. nel periodo di riferimento in misura intera e non in misura
ridotta. Sostiene che in virtù dell’applicazione agli iscritti alla gestione
separata della tutela della malattia e maternità prevista per il lavoro
dipendente, esisterebbe incumulabilità tra la percezione della relativa
indennità e la percezione di un reddito lavorativo.

5. Il ricorso non è fondato.

6. Il d.lgs. n. 151 del
2001 ha regolamentato la materia della tutela e del sostegno della
maternità e della paternità con riferimento in via principale ai lavoratori
dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni
pubbliche, di privati datori di lavoro nonché i soci lavoratori di cooperative,
come si ricava dall’art. 2.

7. Delle lavoratrici iscritte alla gestione separata
di cui all’articolo 2, comma 26
della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme
obbligatorie, si occupano l’art. 64,
nonché i successivi articoli 64 bis
e 64 ter inserito dall’art.
13, comma 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, con effetto a decorrere dal 25
giugno 2015.

8. Il testo dell’art. 64 del d.lgs n. 151 del 26.3.2001
operante ratione temporis, anteriore alla modifica apportata dalla I. n. 81 del 22 maggio 2017, è il seguente:

«In materia di tutela della maternità, alle
lavoratrici di cui all’articolo
2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme
obbligatorie, si applicano le disposizioni di cui al comma 16 dell’articolo 59 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Ai sensi del comma 12 dell’articolo 80 della legge
23 dicembre 2000, n. 388, la tutela della maternità prevista dalla
disposizione di cui al comma 16,
quarto periodo, dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente. A tal
fine, si applica il decreto del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, del 4 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del
12 giugno 2002. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è disciplinata
l’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 7, 17 e 22 nei limiti delle risorse
rinvenienti dallo specifico gettito contributivo, da determinare con il
medesimo decreto».

9. La disposizione è stata modificata dall’art. 13 comma 1 della I. 22/05/2017,
n. 81, che ha aggiunto al primo periodo, dopo le parole: «lavoro
dipendente» le seguenti: «a prescindere, per quanto concerne l’indennità di
maternità spettante per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre
mesi successivi, dalla effettiva astensione dall’attività lavorativa».
L’analisi che viene qui svolta è però di necessità relativa al periodo anteriore
a tale novella, considerato che l’indennità di maternità di cui si discute
riguarda il periodo dal 24 marzo al 19 maggio 2009 (così la sentenza impugnata,
pg. 6).

10. Dal testo in esame della disposizione si ricava
che per le iscritte alla gestione separata l’assimilazione della disciplina
rispetto a quella dettata per il lavoro dipendente non è operata in via
generale in relazione a tutti i suoi aspetti, ma riguarda solo le «forme e
modalità» della tutela, ferma restando la specifica disciplina dettata per gli
iscritti alla gestione separata richiamata dalla stessa norma.

11. Tale disciplina, del resto, risente della
peculiarità del lavoro prestato dagli iscritti alla gestione separata rispetto
al lavoro dipendente. E difatti, è espressamente richiamato il D.M. 04/04/2002, recante I’ «Attuazione dell’art. 80, comma 12, della L. 23
dicembre 2000, n. 388», che tra l’altro prevede all’art. 1 che alle madri
lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8
agosto 1995, n. 335, e tenute al versamento della contribuzione dello 0,5
per cento di cui all’art. 59,
comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è corrisposta un’indennità
di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi
successivi alla data stessa.

12. Il decreto richiamato dall’art. 64 del d.lgs n. 151 del 2001,
cui è demandata l’applicazione alle lavoratrici iscritte alla gestione separata
delle disposizioni dettate in via generale per i lavoratori dipendenti agli
iscritti alla gestione separata di cui agli artt. 7 (lavori vietati), 17 (Estensione del divieto) e 22 (Trattamento economico e
normativo) è stato emanato il 12 luglio 2007.

13. In virtù di tale decreto, il divieto di adibire
le donne al lavoro per il periodo di astensione obbligatoria di cui all’art. 16 del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, è esteso ai committenti di lavoratrici a progetto e
categorie assimilate iscritte alla gestione separata ed agli associanti in
partecipazione «a tutela delle associate in partecipazione iscritte alla
gestione medesima».

14. A norma dell’art. 2 dello stesso D.M., poi,
le esercenti attività libero professionale iscritte alla gestione separata
possono accedere all’indennità di maternità a condizione che l’astensione
effettiva dall’attività lavorativa nei periodi di cui all’art. 16 del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, sia attestata da apposita dichiarazione sostitutiva di
atto di notorietà.

15. A mente dell’art. 5 comma 3, l’indennità è
corrisposta «previa attestazione di effettiva astensione dal lavoro da parte
del lavoratore e del committente e resa nelle forme della dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà».

16. L’art.
6 del suddetto D.M. del 2007 prevede infine che “Per i periodi di
astensione dal lavoro per i quali è corrisposta l’indennità di maternità, sono
accreditati i contributi figurativi ai fini del diritto alla pensione e della
determinazione della misura stessa”.

17. Quindi, nel regime anteriore alla modifica
apportata dalla I. n. 81 del 2017, la
corresponsione dell’indennità di maternità è correlata per le lavoratrici iscritte
alla gestione separata alla mancata prestazione di attività lavorativa
debitamente attestata nelle forme sopra richiamate.

18. Dal quadro descritto si desume che la tutela
della maternità per le lavoratrici iscritte alla gestione separata, nella disciplina
operante ratione temporis, è dettata da apposita regolamentazione ed è
caratterizzata da un duplice obiettivo: tutelare la salute della donna e del
nascituro, soprattutto attraverso lo strumento dell’astensione dal lavoro, ed
introdurre una provvidenza economica di sostegno alla maternità per il periodo
di astensione dal lavoro.

19. La percezione dell’indennità opera tuttavia su
un piano distinto rispetto allo stato di effettivo bisogno nel quale versi la
donna in tale periodo. Se deve infatti ribadirsi la necessità, valorizzata
anche dalla Corte Costituzionale (v. ex aliis la sentenza
n. 271 del 1999) di evitare che dalla disciplina del rapporto di lavoro
derivi una sostanziale menomazione economica a motivo della maternità, con essa
non confligge che tale tutela sia indipendente dai redditi percepiti, di
qualunque natura essi siano.

20. Non osta quindi alla percezione dell’indennità
di maternità la sussistenza di redditi che non siano collegati all’effettiva
prestazione di attività lavorativa, come è avvenuto nel caso in esame, in cui
la signora T. ha percepito I’ indennità per la carica di amministratore di
s.r.l., pur non avendo prestato attività lavorativa, come la stessa ha
attestato con le forme previste dall’art. 5 del D.M. del 2007 e non è
stato contestato in fatto dall’Inps.

21. Non hanno rilievo in senso ostativo le sentenze
richiamate dall’Inps (Cass. Sez. U. n. 10232 del
27/06/2003 e successive conformi), che hanno ad oggetto la diversa
questione dell’esonero dal pagamento del contributo di malattia dovuto all’INPS
da parte del datore di lavoro che eroghi direttamente ai dipendenti il relativo
trattamento economico.

22. La possibile coesistenza della contribuzione
figurativa ed effettiva per il medesimo periodo non osta poi al fatto che essa
sarà di necessità ritenuta utile ai fini della maturazione dei requisiti per la
pensione e del suo ammontare secondo le norme nel tempo applicabili.

23. Segue coerente il rigetto del ricorso.

24. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in
assenza di attività difensiva della parte intimata.

25. L’esito del giudizio determina la sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 marzo 2020, n. 7089
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