Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 marzo 2020, n. 6959

Collaboratore coordinato e continuativo, Requisiti
caratterizzanti la subordinazione della prestazione, Assoluta genericità del
progetto, Peculiarità organizzative dell’attività dei cali center outbound,
Collocazione temporale dei rapporti di lavoro controversi antecedente la
normativa di cui all’art. 24
bis, co. 7, della L. n. 134/2012

 

Rilevato che

 

La Corte d’appello di Firenze ha rigettato il
ricorso della Società N. S.r.l. avverso la sentenza del locale Tribunale, il
quale aveva accertato la legittimità della riqualificazione, operata dall’Inps
ai fini contributivi, della natura dei rapporti di lavoro intercorsi dal
gennaio 2005 all’ottobre 2008 tra la predetta Società e diciotto dipendenti,
inquadrati quali collaboratori coordinati e continuativi ma di cui i giudici
del merito avevano accertato la ricorrenza dei requisiti caratterizzanti la
subordinazione della prestazione;

la Corte territoriale, nel confermare la sentenza di
primo grado, ha ritenuto corretta l’attività svolta dall’Inps sulla base dei
seguenti elementi: a) assoluta genericità del progetto; b) concreto atteggiarsi
dei rapporti come di lavoro dipendente;

la cassazione della sentenza è domandata dalla
Società N. s.r.l. sulla base di un unico motivo; l’Inps ha resistito con
tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata
alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio.

 

Considerato che

 

Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi
dell’art. 360, co. 1, n.3 cod. proc. civ., la
ricorrente Società deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 61 del d.lgs. n.276 del 2001 per non aver
considerato le peculiarità organizzative dell’attività dei cali center
outbound”;

sostiene che la legge
n. 134 del 2012, di conversione del d.l. n. 38
del 2012, nell’apportare modifiche all’art. 61, d.lgs. n. 276 del 2003,
avrebbe introdotto specifiche deroghe, in relazione ai cd. cali center
“outbound”, quanto alla nozione di progetto, alla coincidenza di esso
con l’oggetto sociale dell’impresa datrice e alla finalizzazione ad uno
specifico risultato; la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle
peculiarità del settore, riconosciute altresì dalla circolare
ministeriale n. 14 del 2013, omettendo di operare il necessario adattamento
della fattispecie oggetto di controversia alla normativa ad essa applicabile;
il motivo non merita accoglimento;

la N. S.r.l., partner di T. Italia S.p.a., ha
finalizzato le prestazioni oggetto dei rapporti di lavoro in contestazione al
progetto di telemarketing e vendita dei prodotti promozionati dalla Società;

i rapporti di lavoro hanno avuto corso tra il 2005 e
il 2008, dunque, in vigenza dell’art.
61, prima versione, del d.lgs. n. 276 del 2003, recante “Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge
14 febbraio 2003, n. 30”, il quale prevedeva quali requisiti del contratto
di collaborazione coordinata e continuativa la riconduzione delle prestazioni a
uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti
autonomamente dal collaboratore; il collegamento funzionale del progetto a un
determinato risultato finale e la diversità della prestazione resa dall’oggetto
sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione
di questi e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione
dell’attività lavorativa; che il progetto non comportasse lo svolgimento di
compiti meramente esecutivi o ripetitivi, sì come individuati dai contratti
collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale;

l’art.
24 bis, comma 7, della legge n. 134 del 2012, che ha convertito il d.l. n. 83 del 2012, nell’introdurre modifiche
all’art. 61 del d.lgs. n. 276 del
2003, ha preso in espressa considerazione i contratti a progetto aventi a
oggetto le attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate
attraverso cali center “outbound”, liberalizzandone, a giudizio del
ricorrente, l’adozione mediante la possibilità di assunzione acausale;

la collocazione temporale dei rapporti di lavoro
controversi (2005-2008) non consente di censurare sotto il profilo denunciato
il ragionamento svolto in punto di diritto dalla Corte territoriale, atteso che
la finestra temporale apertasi con la modifica dell’art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003
(in seguito abrogato dal d.lgs. n. 81 del 2005), da parte dell’art. 24 bis, del d.l. n.83 del 2012
(conv. in I. n. 134 del 2012) non assume
rilevanza nella fattispecie in questione, atteso che, la norma vigente ratione
temporis non autorizzava a considerare mutata sostanzialmente la disciplina
delle predette collaborazioni nel senso invocato dal ricorrente, con riguardo,
cioè, sia alla valenza contrattuale del progetto, sia alla necessaria
specificità di esso in relazione all’attività propria del datore di lavoro,
soggiacendo la fattispecie all’art.
61 del d.lgs. n. 276 del 2003 nella sua versione originaria;

quanto al piano dell’accertamento fattuale, si
rileva che la Corte d’appello, adottando una rigorosa e prudente valutazione
delle risultanze istruttorie assunte in corso di causa ha riscontrato la
presenza degli indici della subordinazione dei rapporti di lavoro oggetto di
contestazione e, pertanto, in relazione al predetto accertamento, le
prospettazioni della ricorrente deducono solo apparentemente una violazione di
legge, là dove mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal
giudice di merito;

va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al
costante orientamento di questa Corte, che reputa «…inammissibile il ricorso
per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di
legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di
merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di
legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.» (Cass. n.18721 del 2018; Cass. n.8758 del 2017);

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese,
come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’esito del giudizio,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la Società al rimborso delle spese del
giudizio di legittimità nei confronti del controricorrente Istituto, che
liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 5.600,00 per compensi professionali,
oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R.
n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1 -bis dello stesso art. 13.

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