Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2020, n. 7085

Licenziamento disciplinare, Illecito sistema di gestione
dell’esito delle gare d’appalto, Procedimento disciplinare sospeso in attesa
dell’esito del giudizio penale, Ripresa del procedimento disciplinare prima
della formazione del giudicato, Facoltà di sospensione discrezionale
attribuita alla Pubblica Amministrazione ex art. 55 ter, co. 1, D.Lgs. n. 165/2001

 

Rilevato che

 

1. con sentenza in data 6-14 luglio 2018 nr. 991 la
Corte d’Appello di Lecce, giudice del reclamo ex articolo 1 commi 58 e seguenti legge
92/2012, confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi, che
conformemente al giudice della prima fase, aveva respinto la impugnazione
proposta da V.C., dirigente tecnico della ASL di BRINDISI, avverso il
licenziamento disciplinare comunicatogli in data 20.4.2016.

2. La Corte territoriale respingeva la tesi del
reclamante secondo cui era illegittima la determinazione della ASL, che aveva
sospeso il procedimento disciplinare in attesa dell’esito del giudizio penale
sui medesimi fatti, di riattivare il procedimento e di irrogare la sanzione
prima della formazione del giudicato penale.

3. Osservava che la amministrazione non era tenuta
ad attendere la definizione del processo penale allorquando fossero
sopravvenuti fatti in relazione ai quali l’ufficio del procedimento
disciplinare (in prosieguo: UPD) riteneva di potere concludere il giudizio
disciplinare; tale facoltà era prevista dall’articolo 55 ter D.Lgs 165/2001.

5. Era infondata altresì la deduzione di violazione
del principio di specificità della contestazione.

6. L’UPD – oltre a specificare le fonti di
conoscenza dei fatti di rilievo disciplinare – aveva trasmesso in allegato alla
contestazione numerosi documenti, richiamati come parte integrante del testo,
da cui si evincevano i fatti addebitati.

7. Non vi era la dedotta incompetenza del direttore
amministrativo: la nota a sua firma, con cui era stato trasmesso il decreto di
giudizio immediato, era l’atto con cui l’UPD era venuto a conoscenza dei fatti
contestati.

8. Il motivo di reclamo con cui il C. lamentava la
violazione dell’articolo 55 quater
D.Lgs. 165/2001 era inammissibile perché generico.

9. In ogni caso- qualora il reclamante avesse voluto
riferirsi alla pretesa tassatività delle ipotesi di licenziamento disciplinare
previste dal suddetto articolo 55
quater – la censura sarebbe stata infondata: le ipotesi di licenziamento
disciplinare previste dalla norma erano aggiuntive rispetto a quelle generali,
come si desumeva dalla clausola di salvezza contenuta in apertura del medesimo
articolo.

10. Nel merito, dalla istruttoria compiuta
dall’organo disciplinare – a seguito della acquisizione della documentazione
della Guardia di Finanza, del Nucleo di Polizia Tributaria e di Polizia
Scientifica e degli atti del procedimento penale – era emerso l’illecito
sistema di gestione dell’esito delle gare d’appalto della ASL di Brindisi,
attuato attraverso la apertura fraudolenta delle buste contenenti le offerte di
gara, la comunicazione dei loro contenuti all’impresa da favorire e la
sostituzione dell’offerta di quest’ultima con una nuova più conveniente. Dal
verbale dell’interrogatorio di G.B. in sede di indagini preliminari emergeva la
partecipazione attiva del C. alla apertura e chiusura dei plichi contenenti le
offerte, la cui manomissione era stata accertata dalla polizia scientifica.

11. Il C. non aveva mai fornito eventuali
giustificazioni alle sue condotte.

12. Il giudizio di gravità delle condotte e di
irrimediabile compromissione del vincolo fiduciario espresso dal Tribunale era
condivisibile, in ragione della gravità dei fatti addebitati, tanto nella
portata oggettiva che nella portata soggettiva.

13. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza V.C., articolato in quattro motivi, cui ha opposto difese la ASL
BRINDISI con controricorso.

14. La ASL ha depositato memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha
denunciato – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.- violazione e falsa applicazione dell’articolo 55 ter D.L.gs.
165/2001, censurando la sentenza per avere dichiarato la legittimità della
ripresa del procedimento disciplinare prima della formazione del giudicato penale.

2. Ha dedotto che, in ogni caso, non era
sopraggiunto alcun fatto nuovo tale da giustificare la riapertura del
procedimento, trattandosi di addebiti privi di riscontro probatorio.

3.Il motivo è in parte inammissibile, in parte
infondato.

4. Questa Corte (Cass. civ. sez. lav. 13 maggio 2019
nr. 12662) ha già affermato che la sospensione del procedimento disciplinare in
pendenza del procedimento penale, di cui all’art. 55 ter, comma 1, del d.lgs. n. 165
del 2001, costituisce facoltà discrezionale attribuita alla PA, la quale,
fermo il principio della tendenziale autonomia del procedimento disciplinare
rispetto a quello penale, può esercitarla qualora, per la complessità degli
accertamenti o per altre cause, non disponga di elementi necessari per la
definizione del procedimento, essendo legittimata a riprendere il procedimento
disciplinare senza attendere che quello penale venga definito con sentenza
irrevocabile allorquando ritenga che gli elementi successivamente acquisiti
consentano la decisione. In tal senso il D.Lgs. 25
maggio 2017, n. 75, qui non applicabile ratione temporis, nell’aggiungere
un ultimo periodo al suddetto comma uno, nel senso che «…il procedimento disciplinare
sospeso può essere riattivato qualora l’amministrazione giunga in possesso di
elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un
provvedimento giurisdizionale non definitivo» formalizza una regola già
ricavabile dal sistema.

5. A tale principio, cui si intende assicurare in
questa sede continuità, si è conformata la sentenza impugnata.

6. Per il resto il ricorrente si duole della
rilevanza degli elementi di prova posti dalla ASL a fondamento della riapertura
del procedimento, chiedendo a questo giudice di legittimità una inammissibile
rivalutazione del merito, peraltro in materia di scelte riservate alla
discrezionalità della amministrazione datrice di lavoro.

7. Con il secondo motivo il ricorrente ha impugnato
la sentenza – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.- per violazione e falsa applicazione dell’articolo 18, comma quattro, legge
nr. 300/1970, in combinato disposto con l’articolo 7, comma cinque, CCNL
DIRIGENZA SANITARIA, PROFESSIONALE, TECNICA E AMMINISTRATIVA del SSN, in
relazione alla dichiarazione di specificità della contestazione disciplinare.

8. Ha esposto che la contestazione si limitava a
richiamare le norme asseritamente violate ed il decreto di giudizio immediato
allegato ad una nota del direttore amministrativo, in violazione delle
disposizioni normative e regolamentari, che riservano all’UPD la competenza in
materia disciplinare.

9. Ha dedotto che in ogni caso la contestazione era
viziata dalla genericità dell’atto richiamato e dalla inammissibilità del
rinvio ad un atto esterno, quale il decreto di giudizio immediato.

10. Il motivo è infondato.

11. Deve in questa sede ribadirsi il principio (ex
aliis: Cassazione civile sez. lav., 10/01/2019, n.448 e giurisprudenza ivi
richiamata) secondo cui la contestazione dell’addebito disciplinare ben può
essere effettuata per relationem, anche mediante il richiamo agli atti del
procedimento penale instaurato a carico del lavoratore per fatti e
comportamenti rilevanti anche ai fini disciplinari, ove le accuse formulate in
sede penale siano a conoscenza dell’interessato, risultando rispettati, anche
in tale ipotesi, i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio.

12. Alla luce di tale principio, correttamente la
Corte territoriale ha ritenuto legittimo il rinvio della contestazione
disciplinare alla nota del direttore amministrativo cui era allegata copia del
decreto di giudizio immediato, atti trasmessi al lavoratore come allegati alla
medesima contestazione.

13. Nella parte in cui assume la genericità della
contestazione il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto
nel ricorso non si trascrivono né l’atto di contestazione né i suoi allegati.

14. Con il terzo motivo si denunzia – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.- violazione e
falsa applicazione dell’articolo 55
quater D.Lgs. 165/2001, censurando la statuizione resa sulla dedotta
violazione dell’articolo 55 quater
D.Lgs. 165/2001.

15. Il ricorrente ha assunto che immotivatamente le
ragioni di reclamo erano state ritenute «estremamente generiche» ed, inoltre,
che l’articolo 55 quater D.Lgs.
165/2001 prevederebbe ipotesi tassative di licenziamento disciplinare per
giusta causa, non derogabili dalla contrattazione collettiva.

16. Il motivo è inammissibile, in quanto non si
confronta con la ratio decidendi della sentenza, che ha dichiarato la
inammissibilità delle ragioni di reclamo sul punto in discussione per mancanza
di specificità.

17. Rispetto a tale statuizione, di per sé
preclusiva della successiva valutazione impropriamente compiuta dalla Corte
territoriale sul merito del reclamo, il ricorrente deduce in questa sede la
assenza di motivazione laddove sulle questioni processuali rilevabili
d’ufficio- quale, nella specie, la inammissibilità dell’impugnazione- non
rileva la motivazione della decisione assunta ma piuttosto la eventuale nullità
della decisione, propria o derivata, discendente dalla erroneità della
soluzione data dal giudice alla questione.

18. Con il quarto motivo la parte ricorrente ha
dedotto- ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.- violazione e falsa applicazione dell’articolo 18, comma quattro, legge
300/1970 in combinato disposto con gli articoli
2106 cod.civ., 8 CCNL
DIRIGENZA SANITARIA, PROFESSIONALE, TECNICA E AMMINISTRATIVA del SSN, 10
codice disciplinare nr. 2398 del 15 luglio 2010, impugnando la sentenza nel
punto in cui riteneva la proporzionalità della sanzione e la integrazione della
giusta causa del licenziamento.

19. Ha esposto che, contrariamente a quanto
affermato dal giudice del reclamo, non risultava che l’organo disciplinare
avesse compiuto una attività istruttoria, essendosi limitato a recepire gli
atti di indagine, neppure sottoposti al contraddittorio con la difesa ed al
vaglio del giudice penale.

20. Ha dedotto che il giudicante avrebbe dovuto
valutare la gravità degli addebiti alla luce di criteri fissati dall’articolo 8 del CCNL e
dall’articolo 10 del codice disciplinare approvato con delibera nr. 2398/2010.

21. Da ultimo, ha censurato il rilievo della mancata
giustificazione degli addebiti assumendo di avere contestato ogni addebito fin
dalla memoria difensiva in sede di procedura disciplinare, chiarendo che si
sarebbe difeso nei modi e nelle sedi opportune.

22. Il motivo è inammissibile.

23. Benché formalmente proposto in termini di
violazione di norme di diritto, nei contenuti esso contesta tanto la
affermazione della responsabilità del C. per i fatti addebitatigli che la
valutazione di proporzionalità degli addebiti rispetto al licenziamento.

24. Trattasi in relazione ad entrambi i profili di
accertamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede
di legittimità soltanto nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione.
Nella fattispecie di causa gli accertamenti storici non sono contestabili
davanti a questa Corte per la preclusione alla deduzione del vizio di
motivazione di cui all’articolo 348 ter, commi
quattro e cinque, cod.proc.civ., in ragione del carattere conforme del
giudizio compiuto nei gradi di merito.

25. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

26. Le spese di causa, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza.

27. Trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art. 1 co 17 L.
228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della
sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle
spese, che liquida in € 200 per spese ed € 8.500 per compensi professionali,
oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

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