Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 marzo 2020, n. 10671

Violazione della normativa di prevenzione degli infortuni sul
lavoro, Responsabilità datoriale per colpa generica e per colpa specifica,
Lesioni personali gravi riportate dal dipendente, Reato estinto per
prescrizione

 

Ritenuto in fatto e considerato
in diritto

 

1. Con sentenza del 25 novembre 2016 il Tribunale di
Bologna dichiarava P.T. responsabile del reato di cui all’art. 590, commi 2 e 3 cod. pen., e la condannava,
concessa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod.
pen. ritenuta equivalente rispetto alle circostanze aggravanti, alla pena
di euro 300 di multa perché, in qualità di Direttore generale alla gestione
operativa del punto vendita dell’Ipermercato I. della Coop. A. s.c.a.r.,
cagionava, per colpa generica e per colpa specifica consistita nella violazione
della normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro, alla lavoratrice
dipendente R. P. lesioni personali gravi da cui derivava un’incapacità di
attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai quaranta
giorni (gg. 199).

1.1. In particolare veniva addebitato alla P. che,
in occasione della ristrutturazione dell’Ipermercato avvenuta nell’anno 2007 in
occasione della quale si era provveduto anche alla sostituzione delle
scaffalature dell’area di vendita, la predetta aveva omesso di aggiornare il
documento di valutazione dei rischi in quanto non aveva inserito il rischio di
investimento da materiale causato dal sovraccarico delle scaffalature stesse di
cui né la direzione né il personale operativo era a conoscenza dell’effettiva
portata; infatti nei momenti formativi a cui i lavoratori dell’ipermercato
avevano partecipato non erano state affrontate le problematiche afferenti a
tali rischi.

In Bologna l’8 giugno 2011.

2. Con sentenza del 14 settembre 2018 la Corte di
Appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado ritenendo
comprovata la prospettazione accusatoria in quanto, mentre la lavoratrice R. P.
era impegnata nella sistemazione sugli scaffali di vari prodotti (vini,
bevande, detersivi, ecc.), l’eccesso di carico determinava la deformazione di
elementi strutturali di una testata degli stessi ed il conseguente abbassamento
della colonna rispetto alla gondola dietro alla quale era agganciata, con
conseguente improvviso crollo di numerosissimi e pesanti prodotti addosso alla
lavoratrice che la colpivano determinando le lesioni di cui all’imputazione.

3. P.T., a mezzo del difensore di fiducia, ricorre
per cassazione avverso la predetta sentenza elevando due motivi.

3.1.Con il primo motivo denuncia il vizio di
violazione di legge in relazione agli artt. 192,
530, 533 e ss. cod.
proc. pen. rappresentando che la Corte distrettuale, pur ritenendo fondata
l’eccezione difensiva di mancanza di correlazione tra accusa e difesa posto che
lo stesso capo di imputazione faceva riferimento ai lavori di ristrutturazione
avvenuti nell’anno 2007 mentre risultava comprovato che la P. ha assunto il
ruolo di Direttore Generale della gestione operativa dal 26 giugno 2009, l’ha
comunque ritenuta responsabile addebitandole di non avere provveduto ad
attivarsi nella fase di formazione dei lavoratori.

3.2.Con il secondo motivo lamenta il vizio
motivazionale sostenendo che le scaffalature in questione non rientrano nel
campo di applicazione del d.lgs. n. 81/2008
trattandosi di elementi di arredo, così come invece è dato evincere dal
documento della Commissione Ministeriale relativo all’interpello
16/2013 tanto che il fornitore le consegnò munite di una semplice brochure
e non anche del libretto di uso e di manutenzione.

4. Osserva il Collegio che, non risultando il
ricorso manifestamente infondato, sussistono i presupposti per rilevare, ai
sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen.
l’intervenuta causa estintiva del reato in relazione al quale è stata
pronunciata la condanna essendo spirato, in assenza di periodi utili di
sospensione, il termine massimo di prescrizione, tenuto conto del tempus
commissi delicti, in data 8 dicembre 2018.

È appena il caso di rilevare che risulta superfluo
qualsiasi approfondimento sugli altri motivi di ricorsi dedotti proprio in
considerazione dell’avvenuto decorso dei termini massimi prescrizionali;
invero, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è
solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del
reato, non rileva la sussistenza di eventuali vizi di violazione di legge e/o
di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è
incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa
estintiva (cfr. Sez. Un., n. 1021 del 28.11.2001, dep. 1’11.01.2002, Cremonese,
Rv. 220511).

Si precisa, infine, che non sussistono le condizioni
per una pronuncia assolutoria di merito ex art.
129, comma 2, cod. proc. pen. in quanto la Corte distrettuale ha
evidenziato che nel documento di valutazione dei rischi aggiornato al 28
gennaio 2010 non era stato previsto il rischio per il lavoratore derivante dal
sovraccarico degli scaffali di esposizione delle merci nel punto – vendita e le
scaffalature sono strumenti di lavoro e non meri arredi.

5. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per
essere il reato estinto per prescrizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 marzo 2020, n. 10671
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: