Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 marzo 2020, n. 10776

Infortunio sul lavoro, Procuratore speciale con delega in
materia di sicurezza, Messa a disposizione dei dipendenti di attrezzature non
conformi ai requisiti di legge, Macchinario cui era addetto l’infortunato,
aventi parti pericolose e non protette, del tutto accessibili, Prescrizione
del reato, Proscioglimento nel merito dell’imputato, Evidenzia assoluta
dell’assenza della prova di colpevolezza, ovvero prova positiva della sua innocenza

 

Ritenuto in fatto e in diritto

 

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello
di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca del 5 aprile 2017,
con cui L.M. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi
tre di reclusione in relazione al reato di cui agli artt.
590, comma terzo, in relazione all’art. 583, n.
1, cod. pen., perché, in qualità di procuratore speciale con delega in
materia di sicurezza, prevenzione ed igiene del lavoro della società
“S.K.I. s.p.a.” di Barga, in 
violazione dell’art. 71,
comma 1, D. Ivo n. 81 del 2008 e segnatamente perché metteva a disposizione
del dipendente M.R. attrezzature non conformi ai requisiti di cui all’art. 70, comma 2, in
riferimento all’allegato V, parte I, punto 6.1. D.
Ivo n. 81 del 2008 (macchina denominata PM2), cagionava l’infortunio del
dipendente M.R. che, a causa della mancanza delle protezioni, subiva lo
schiacciamento della mano destra, con lesioni che non gli consentivano di
attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni
(in Barga il 12 ottobre 2011).

In ordine alla ricostruzione della vicenda, il 12
ottobre 2011, in Barga, presso lo stabilimento della predetta società, di
produzione di carta da imballaggio, il dipendente M., tentando impropriamente
di sbloccare con un dito della carta rimasta inceppata in un macchinario cui
era addetto, veniva a trovarsi con la mano destra catturata e schiacciata dai
cilindri stessi. Il macchinario era privo di griglie di protezione delle zone
in movimento, apposte successivamente all’incidente in ottemperanza alle
prescrizioni dell’ASL.

Il L. non aveva messo a disposizione del M.
un’attrezzatura conforme ai requisiti di legge.

La Corte d’appello ha rilevato che dalla visione
delle fotografie presenti nel fascicolo del dibattimento emergeva che il complesso
macchinario al quale era addetto l’infortunato aveva parti pericolose e non
protette del tutto accessibili, con scalette prive di protezione, sulle quali i
lavoratori potevano agevolmente salire per accedere agli organi in movimento.

Del resto, il M. aveva dichiarato di aver eseguito
detta manovra per velocizzare l’operazione e per non interrompere la
lavorazione. Evidentemente, tale modo di procedere corrispondeva ad una prassi
tollerata in azienda, essendo quantomeno vantaggiosa per la produzione. I rulli
erano accessibili ed erano privi di adeguata protezione.

2. Il L., a mezzo del proprio difensore, ricorre per
Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo sette motivi
di impugnazione.

2.1. Vizio di motivazione per travisamento della
testimonianza di M. R..

Si deduce che, contrariamente a quanto riportato
nella sentenza impugnata, il M. non aveva dichiarato di aver effettuato la
manovra con la mano, al fine di velocizzare i tempi della produzione, in
ottemperanza ad una consolidata prassi aziendale, ma di averla effettuata in un
momento di stanchezza e di scarsa lucidità, per essere appena tornato dalle
ferie.

Si trattava, invece, di un gesto del tutto abnorme.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione agli artt. 40 e 41, comma secondo, cod. pen..

Si osserva che la responsabilità penale
dell’imputato non poteva essere affermata sulla base di un generico aumento del
rischio, dovuto nella fattispecie alla mancata protezione del punto di cattura
fra i due rulli, occorrendo accertare che la condotta omissiva fosse stata
causa efficiente dell’evento lesivo poi verificatosi, escludendo l’interferenza
di decorsi causali alternativi.

Non è stato accertato se l’evento lesivo fosse
attribuibile ad un comportamento esorbitante del lavoratore rispetto al rischio
alternativo da lui gestibile.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla prevedibilità dell’evento lesivo.

Si deduce che è stata del tutto omessa ogni indagine
volta ad accertare la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento dannoso,
ritenendo di fatto la colpa specifica una colpa presunta. La Corte territoriale
avrebbe dovuto valutare la diligenza tenuta dall’imputato nel fissare gli
standard di sicurezza dell’azienda, valorizzando la presenza di plurime
procedure tipizzate da seguire in caso di inceppamento della carta,
inspiegabilmente non rispettate dal M..

2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in
ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen.. Si sostiene che la Corte
di merito non ha esplicitato le ragioni, neanche in via implicita, del mancato
riconoscimento della causa di non punibilità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen..

2.5. Vizio di motivazione in riferimento al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza sulle circostanze aggravanti.

Si deduce che dalla lettura della sentenza impugnata
emerge una totale carenza motivazionale circa le ragioni del diniego delle
circostanze previste dall’art. 62 bis cod. pen..

2.6. Vizio di motivazione in relazione alla mancata
sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria ex artt. 53 L. n. 689 del 1981.

Si evidenzia che il ricorrente aveva documentato un
reddito di oltre euro centocinquantamila nell’anno 2018, per cui non v’era
dubbio sulla sua solvibilità. Inoltre, anche in relazione a tale richiesta, la
Corte di appello è rimasta silente.

2.7. Violazione di legge e vizio di motivazione in
ordine alla mancata applicazione della non menzione della condanna nel certificato
giudiziale.

Si rileva che la Corte di appello di Firenze non ha
esposto i motivi del mancato riconoscimento del beneficio della non menzione,
nonostante la sussistenza di tutti i requisiti previsti dagli artt. 133 e 175 cod.
pen.

3. Preliminarmente, osserva il Collegio come il
reato per il quale l’imputato è stato tratto a giudizio deve ritenersi
prescritto, perché non ricorrendo alcuna ipotesi di sospensione, il termine di
prescrizione è maturato il 12 aprile 2019.

Al riguardo, ritenuto che l’odierno ricorso avanzato
dall’imputato non appare manifestamente infondato, né risulta affetto da
profili d’inammissibilità di altra natura, occorre sottolineare, in conformità
all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di
una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare
sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129,
comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze
idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo
assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve
compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”,
ossia di percezione ictu oculi, che a quello dì “apprezzamento” e sia
quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di
approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).

Invero, il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal
secondo comma dell’art. 129 cod. proc. pen.,
presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva,
da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di
più di quanto la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione
a un accertamento immediato (Sez. 6, n. 31463 del 08/06/2004, Dolce, Rv.
229275).

Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la
prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito
dell’imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui
‘positivamente’ deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di
ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso
contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di
colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non
rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che
richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze
(Sez. 2, n. 26008 del 18/05/2007, Roscini, Rv. 237263).

Ciò non è riscontrabile nel caso di specie, in cui
questa Corte – anche tenendo conto degli elementi evidenziati nella motivazione
della sentenza di merito – non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel
quadro delle previsioni di cui al secondo comma 129
cod. proc. pen..

4. Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 cod. proc. pen., la sentenza impugnata va
annullata senza rinvio per essere il reato contestato all’imputato estinto per
prescrizione.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il
reato è estinto per prescrizione.

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