Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2020, n. 6096

Assicurazione per l’invalidità, vecchiaia e superstiti,
Parametri di commisurazione per la contribuzione figurativa, Base di calcolo
della retribuzione pensionabile

 

Fatti di causa

 

1. la Corte d’appello di Roma ha confermato la
sentenza del Tribunale della stessa città di accoglimento della domanda
proposta da R.L., procuratore speciale degli eredi di L.T., volta alla
riliquidazione del trattamento pensionistico goduto da quest’ultima computando
la contribuzione figurativa prevista per le vittime di persecuzioni politiche e
razziali dall’art. 5 legge n. 96 del 1955, con riferimento al periodo scoperto
da contribuzione dal 20/6/1940 al 25/4/1945.

Per quel che qui rileva la Corte ha ritenuto infondato
il motivo d’appello proposto dall’Istituto relativo ai criteri di calcolo del
trattamento pensionistico reclamati dalla T. determinati secondo il sistema
retributivo. Ha affermato infatti che all’epoca del pensionamento ; avvenuto il
30/6/1981, era vigente il sistema retributivo,che pertanto andava applicato
anche alla richiesta di riliquidazione e che tale sistema di calcolo era stato
seguito nella consulenza tecnica espletata in Tribunale avverso la quale
l’istituto non aveva mosso specifiche censure.

La Corte ha poi ritenuto infondata la pretesa dei
ricorrenti di avere riconosciuti gli accessori dalla data di decorrenza della
pensione e non dalla domanda di ricostituzione. Ha rilevato, infatti, che la
riliquidazione era subordinata alla presentazione della domanda e pertanto
doveva trovare applicazione l’art.
7 L. n. 533/1973 secondo cui la mora dell’istituto opera una volta decorso
infruttuosamente lo spatium deliberandi previsto per consentire di provvedere
sulla domanda.

2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione l’Inps
con un motivo. Gli eredi di T. si costituiscono con controricorso e ricorso
incidentale, a quest’ultimo ha replicato l’Inps con controricorso .Entrambe le
parti hanno depositato memoria ex art. 378 cpc.

 

Ragioni della decisione

 

3. L’ Inps denuncia violazione dell’art. 5 L. n.
96/1955, dell’art unico L. n. 1424/1965; dell’art. 1 L. n. 36/1974; dell’art. 14 L. n. 153/1969.
Censura la sentenza per aver determinato in modo non conforme a diritto la
retribuzione pensionabile sulla base della quale liquidare la pensione alla T..

Deduce che secondo i ricorrenti la pensione –
liquidabile pacificamente secondo il sistema retributivo- doveva essere
riliquidata prendendo quale retribuzione media pensionabile la retribuzione
vigente all’epoca del pensionamento come determinata dal Ministero del lavoro.

Osserva che, invece, dall’esame della normativa
” la retribuzione attuale ” o comunque ” la retribuzione più
favorevole” fungevano da parametri di commisurazione dei contributi
figurativi e non già di base di calcolo della retribuzione pensionabile; che ciò
non escludeva che in concreto la retribuzione virtuale per il calcolo dei
contributi figurativi potesse accidentalmente rilevare anche nella
determinazione della retribuzione pensionabile ove i periodi di persecuzione,
coperti con la contribuzione figurativa, rientrassero nell’arco di tempo nel
quale si effettua la media degli stipendi da prendere a base per il calcolo del
trattamento, ma nella fattispecie i periodi interessati dalla contribuzione
figurativa erano fuori dal calcolo della retribuzione media.

Lamenta che la Corte territoriale non aveva tenuto
conto delle osservazioni dell’Inps ed aveva affermato che l’Istituto non aveva
formulato specifiche censure alla CTU. Osserva che invece l’Inps aveva
sottoposto al giudice una questione giuridica relativa alla determinazione
della retribuzione pensionabile attinente all’an debeatur dunque era
implicitamente censurata anche la conseguente quantificazione.

4. Il ricorso è fondato.

Il Collegio ritiene di confermare quanto già
affermato da questa Corte, in fattispecie del tutto analoga, con ordinanza n. 11708/2019.

5. L’art. 5 della I. 10/03/1955, n. 96, recante
“Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e
dei loro familiari superstiti”, (nel testo sostituito prima dall’art. 3,
L. 3 aprile 1961, n. 284, modificato dall’art. 3, L. 24 aprile 1967, n. 261, e
poi dall’art. 2 L. 22 dicembre 1980 n. 932), prevede che «Ai fini del
conseguimento delle prestazioni inerenti all’assicurazione obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono considerati utili i periodi
scoperti da contribuzione a partire dal primo atto persecutorio subito nelle
circostanze di cui all’articolo 1 della presente legge e fino al 25 aprile
1945, dai cittadini italiani che possano far valere una posizione assicurativa
nell’assicurazione predetta, o periodi di lavoro assoggettabili a contribuzione
dell’assicurazione stessa, ai sensi delle vigenti norme di legge. È a carico
dello Stato l’importo dei contributi figurativi da accreditare a favore dei
perseguitati politici antifascisti o razziali, per i periodi riconosciuti utili
a pensione nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia e i superstiti e nelle forme di previdenza sostitutive, esonerative
ed esclusive della medesima dalla commissione di cui all’articolo 8. Per la
ricostruzione delle pensioni si seguono le procedure previste dalla legge 15 febbraio 1974, n. 36».

6. Dell’art. 3 della L. 24 aprile 1967, n. 261, la
L. 15 dicembre 1965, n. 1424 ha dato la seguente interpretazione: L’importo dei
contributi figurativi da accreditare a favore dei perseguitati politici
antifascisti o razziali, per i periodi riconosciuti utili a pensione
nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i
superstiti dalla Commissione di cui all’articolo 8 della legge 10 marzo 1955,
n. 96, è commisurato alla retribuzione attuale della categoria e qualifica
professionale posseduta dagli interessati nei periodi di persecuzione. Si
applica la tabella delle marche assicurative in vigore alla data di
presentazione della domanda di pensione».

7. L’art.
1 della L. 15/02/1974, n. 36, richiamata per la ricostruzione delle
pensioni, all’art. 1 prevede poi quanto segue: «Per i lavoratori dipendenti da
enti o imprese, il cui rapporto privato di lavoro è stato risolto,
individualmente o collettivamente, tra il 10 gennaio 1948 e il 7 agosto 1966
per motivi che, indipendentemente dalle forme e motivazioni addotte, siano da
ricondursi a ragioni di credo politico o fede religiosa, all’appartenenza ad un
sindacato o alla partecipazione ad attività sindacali, è ammessa a tutti gli
effetti di legge la ricostruzione del rapporto assicurativo obbligatorio per
l’invalidità e la vecchiaia di cui erano titolari alla data della risoluzione
del rapporto di lavoro, per il periodo intercorrente tra tale data e quella in
cui conseguano o abbiano conseguito i requisiti di età e di contribuzione per
il diritto alla pensione di vecchiaia. La ricostruzione del rapporto
assicurativo avviene mediante l’accreditamento, a carico delle gestioni
interessate, dei contributi assicurativi. Tali contributi sono calcolati
secondo le aliquote vigenti nei diversi periodi cui si riferisce la posizione
assicurativa da ricostruire, sulla base di retribuzioni che tengano conto dei
seguenti elementi: qualifica rivestita o mansioni svolte dal lavoratore che
risultino a lui più favorevoli sotto il profilo retributivo presso il datore di
lavoro dal quale è stato licenziato; variazioni intervenute per effetto di
accordi o contratti collettivi di categoria; progressione giuridica ed
economica di carriera ove prevista dai contratti collettivi di categoria.
Qualora il periodo per il quale è ammessa la ricostruzione del rapporto
assicurativo risulti parzialmente o totalmente coperto da contribuzione
effettiva, obbligatoria o figurativa, tale contribuzione viene detratta
dall’ammontare dei contributi da accreditare ai sensi del presente articolo».

8. Nella citata ordinanza di questa Corte si è
evidenziato “che la normativa richiamata non introduce una deroga
all’operatività del principio secondo il quale anche nel caso in cui
l’anzianità contributiva si giovi di un periodo di contribuzione figurativa, il
calcolo della pensione deve essere effettuato in applicazione delle regole per
esso dettate (nel caso, il sistema retributivo ex art. 14 della L. 30/04/1969, n.
153)”.

La normativa richiamata in favore dei perseguitati
razziali non dispone infatti che la retribuzione attuale della categoria e
qualifica professionale posseduta dagli interessati/rappresenti di necessità
anche la retribuzione sulla base della quale deve essere calcolato l’importo
del trattamento, ed assurga quindi al ruolo di retribuzione-parametro per il
relativo calcolo, prevedendo solo che su di essa debba essere calcolata la
contribuzione relativa al periodo di copertura figurativa. Un’ interferenza fra
retribuzioni virtuali sulle quali calcolare i contributi figurativi e
retribuzione pensionabile potrebbe infatti determinarsi (solo) allorché i
periodi coperti da contribuzione figurativa rientrassero nel lasso di tempo
entro il quale deve essere rilevata la retribuzione pensionabile (nel caso di
specie, i 10 precedenti alla decorrenza della pensione).

In sostanza, come si è già affermato, “la fictio
iuris introdotta dalla legge n. 96 del 1955 colma il vuoto contributivo che si
è prodotto per effetto delle persecuzioni razziali, avendo ad oggetto «i
periodi scoperti da contribuzione a partire dal primo atto persecutorio e sino
al 25 aprile 1945». Considerare sempre e comunque quale retribuzione parametro
per il calcolo della pensione quella relativa al periodo da accreditarsi –
rivalutata all’attualità – determinerebbe un risultato superiore e diverso
rispetto alla restitutio in integrum voluta dal legislatore, che, tramite il
riconoscimento della contribuzione figurativa e la consequenziale
riliquidazione della pensione a far data dalla sua decorrenza originaria, ha
voluto imporre all’ente previdenziale un comportamento analogo a quello che
avrebbe dovuto osservare qualora, nel periodo di tempo considerato dalla legge
n. 96/1955, i contributi fossero stati effettivamente versati (così Cass. n.
1569 del 17/03/1981)”.

9. Si è anche osservato che ” In tal senso deve
essere intesa l’operatività della previsione, che determina comunque un
risultato favorevole per il pensionato, consentendo il computo ai fini di
pensione del periodo che risultava scoperto da contribuzione, mentre la diversa
soluzione nel concreto potrebbe rivelarsi sfavorevole per il soggetto che abbia
effettivamente percepito nell’ultimo decennio anteriore al collocamento in
quiescenza retribuzioni più elevate”.

10. Va, in ultimo, osservato che è infondata
l’eccezione sollevata dalla controricorrente, secondo cui l’Inps non avrebbe
contestato la CTU svolta davanti al Tribunale , così come affermato dalla
stessa Corte d’appello.

Risulta evidente, da quanto prima esposto, che, a
fronte della domanda di riliquidazione della pensione applicando la
retribuzione attuale in vigore all’epoca del pensionamento, l’Inps aveva
formulato una contestazione in diritto relativa alla necessità di applicare le
consuete regole dell’assicurazione obbligatoria di cui alla L. n. 153/1969 in base alla quali il periodo
coperto dalla contribuzione figurativa rimaneva fuori. La regolarità matematica
del conteggio effettuato dal CTU non è in contestazione, ciò di cui si duole
l’Istituto attiene alla determinazione della retribuzione pensionabile quale
individuata dai giudici di merito, atteso che ,secondo l’Inps , la normativa in
esame non delinea una speciale nozione di retribuzione pensionabile da applicare
nella liquidazione dei trattamenti delle vittime degli atti persecutori. Non
risulta , infine ,esservi contraddittorietà tra la tesi sostenuta dall’Inps e
l’avvenuta liquidazione di Euro 6.136,21 quale conseguenza dell’avvenuto
riconoscimento di una maggiore anzianità contributiva in applicazione dei
benefici di cui alla L. n. 96/1955.

11. Con ricorso incidentale viene dedotta la
violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 8 della L. n. 96 del 1955,
degli artt. 5 e 8 della L. n. 36 del 1974, dell’art. 7 della L. n. 533 del 1973,
dell’art. 16 della L. n. 412 del
1991, dell’art. 22 comma
36 della L. n. 724 del 1994, dell’art. 429
c.p.c. I ricorrenti lamentano che il credito per accessori sia stato
limitato agli interessi e sia stato fatto decorrere soltanto dal 120 giorno
dopo la domanda amministrativa avvenuta nel luglio 2001 e non già dalla data di
decorrenza della pensione (1 luglio 1981). Hanno rilevato che la decorrenza
della pensione era anteriore all’entrata in vigore dell’art. 16 della L. n. 412 del 1991,
che ha escluso con effetto ex nunc la cumulabilità di rivalutazione ed
interessi.

12. Il motivo non è fondato. Va richiamata la
giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr la citata 11708/2018, nonché
24745/2018 e n. 1569/1981 e le ampie argomentazioni ivi esposte ) secondo cui
“In tema di benefici previdenziali a favore dei perseguitati per motivi
razziali, gli accessori del credito derivante dalla riliquidazione della
pensione, per effetto del riconoscimento della contribuzione figurativa ex art.
5 della I. n. 96 del 1955, decorrono dallo spirare del centoventunesimo giorno
dalla data di presentazione al Ministero competente della domanda amministrativa
volta al predetto riconoscimento, e non dal momento in cui quest’ultimo è stato
comunicato all’I.N.P.S.”

13. La soluzione, cui va qui data continuità, poggia
sul rilievo che secondo quanto previsto dalla L. 96/1955, le domande di
riconoscimento della contribuzione figurativa vengono «sottoposte» (art. 8 I.
cit.) all’esame di una commissione di nomina intergovernativa ed è indubbio,
secondo quanto si desume da una complessiva lettura dell’art. 7 della medesima
legge, che esse vadano presentate presso il Ministero competente (già Ministero
del Tesoro e, ora, Ministero dell’economia e delle finanze). Solo
successivamente alla delibera della Commissione l’I.N.P.S. può quindi procedere
alla ricostruzione e riliquidazione della pensione.

14. La restitutio in integrum in relazione alla
posizione contributiva non può logicamente spingersi fino al punto di
addebitare all’ente previdenziale quel ritardo nella concessione del beneficio
che sia in realtà imputabile esclusivamente alla tardiva iniziativa dell’avente
diritto nel richiedere il riconoscimento dello status che della contribuzione
figurativa è indefettibile presupposto (Cass. 12
settembre 2017, n. 21119).

15. Poiché la Corte territoriale ha riconosciuto gli
interessi legali dal 121° giorno successivo alla domanda di ricostituzione al
Ministero null’altro può essere riconosciuto.

16. Per le considerazioni che precedono il ricorso
principale va accolto e rigettato quello incidentale.

La sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento
del ricorso dell’Inps e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma in
diversa composizione anche per le spese del presente giudizio. Avuto riguardo
all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i
presupposti di cui all’art. 13,
comma 1 quater, dpr n. 115/2002 per la condanna dei ricorrenti incidentali
al pagamento del raddoppio del contributo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale , rigetta
l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e
rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese
del presente giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2020, n. 6096
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