Giurisprudenza – CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 02 aprile 2020, C-370/17 e C-37/18,

 Lavoratori migranti,
Previdenza sociale, Regolamento (CEE) n. 1408/71
– Lavoratori distaccati, Persona che di norma esercita un’attività subordinata
nel territorio di due o più Stati membri e dipendente da una succursale o da
una rappresentanza permanente dell’impresa nel territorio di uno Stato membro
diverso da quello nel quale essa ha la propria sede, Certificato E101,
Effetto vincolante, Certificato ottenuto o fatto valere in modo fraudolento,
Competenza del giudice dello Stato membro ospitante ad accertare la frode e a
disapplicare il certificato, Cooperazione tra istituzioni competenti,
Autorità di cosa giudicata penale in sede civile, Primato del diritto
dell’Unione

 

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono
sull’interpretazione dell’articolo
14, punto 1, lettera a), e punto 2, lettera a), i), del regolamento (CEE) n.
1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei
regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e
ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione
modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n.
118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1), come
modificato dal regolamento (CE) n. 631/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (GU 2004, L 100, pag.
1) (in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»),
nonché dell’articolo 11, paragrafo
1, e dell’articolo 12 bis, paragrafo 1 bis, del regolamento (CEE) n. 574/72 del
Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione
del regolamento n. 1408/71, nella versione
modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97
(GU 1997, L 28, pag. 1), come modificato dal regolamento
(CE) n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005
(GU 2005, L 117, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento
n. 574/72»).

2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di
due controversie che contrappongono, la prima, la Caisse de retraite du
personnel navigant professionnel de l’aéronautique civile (CRPNPAC) alla
Vueling Airlines SA (in prosieguo: la «Vueling») e, la seconda, la Vueling al
sig. Jean-Luc Poignant, in merito ai certificati E 101 emessi dall’istituzione
spagnola competente con riferimento al personale navigante della Vueling che
svolge le proprie attività all’aeroporto Roissy – Charles de Gaulle (Francia).

 

Contesto normativo

 

Diritto dell’Unione

Regolamento n. 1408/71

3. Il titolo II del regolamento
n. 1408/71, rubricato «Determinazione della legislazione applicabile»,
conteneva i suoi articoli da 13 a
17 bis.

4. L’articolo
13 del regolamento in parola, intitolato «Norme generali», prevedeva quanto
segue:

«1. Le persone per cui è applicabile il presente
regolamento sono soggette alla legislazione di un solo Stato membro, fatti
salvi gli articoli 14 quater e 14
septies. Tale legislazione è determinata conformemente alle disposizioni
del presente titolo.

2. Con riserva degli articoli da 14 a 17:

a) la persona che esercita un’attività subordinata
nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato
anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l’impresa o il
datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel
territorio di un altro Stato membro;

(…)».

5. L’articolo
14 del regolamento in parola, intitolato «Norme particolari applicabili
alle persone, diverse dai marittimi, che esercitano un’attività subordinata»,
così disponeva:

«La norma enunciata all’articolo 13, paragrafo 2, lettera a) è
applicata tenuto conto delle seguenti eccezioni o particolarità:

1) a) La persona che esercita un’attività
subordinata nel territorio di uno Stato membro presso un’impresa dalla quale
dipende normalmente ed è distaccata da questa impresa nel territorio di un
altro Stato membro per svolgervi un lavoro per conto della medesima, rimane
soggetta alla legislazione del primo Stato membro, a condizione che la durata
prevedibile di tale lavoro non superi i dodici mesi e che essa non sia inviata
in sostituzione di un’altra persona giunta al termine del suo periodo di
distacco;

(…)

2) La legislazione applicabile alla persona che di
norma esercita un’attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri
è determinata come segue:

a) la persona che fa parte del personale viaggiante
o navigante di un’impresa che effettua, per conto terzi o per conto proprio,
trasporti internazionali di passeggeri o di merci per ferrovia, su strada, per
via aerea o per vie navigabili interne e che ha la propria sede nel territorio
di un[o] Stato membro è soggetta alla legislazione di quest’ultimo Stato.
Tuttavia,

i) la persona dipendente da una succursale o da una
rappresentanza permanente dell’impresa in questione nel territorio di uno Stato
membro diverso da quello nel quale essa ha la propria sede è soggetta alla
legislazione dello Stato membro nel cui territorio tale succursale o
rappresentanza permanente si trova;

(…)».

6. L’articolo
80 del regolamento n. 1408/71, rubricato «Composizione e funzionamento»,
inserito nel titolo IV del regolamento medesimo, intitolato «Commissione
amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti», al paragrafo
1 così prevedeva:

«La commissione amministrativa per la sicurezza
sociale dei lavoratori migranti, qui di seguito denominata “commissione
amministrativa”, istituita presso la Commissione, è composta di un
rappresentante governativo di ciascuno degli Stati membri, assistito
all’occorrenza da consiglieri tecnici. Un rappresentante della Commissione
partecipa con funzione consultiva alle sessioni della commissione
amministrativa».

7. L’articolo
84 bis del suddetto regolamento, rubricato «Rapporti tra le istituzioni e
le persone cui si applica il presente regolamento», inserito all’interno del
titolo VI del regolamento medesimo, intitolato «Disposizioni varie», disponeva,
al paragrafo 3, quanto segue:

«In caso di difficoltà d’interpretazione o di
applicazione del presente regolamento tali da incidere sui diritti di una
persona cui esso si applica, l’istituzione dello Stato competente o dello Stato
di residenza della persona interessata deve contattare l’istituzione o le
istituzioni dello Stato o degli Stati membri interessati. In assenza di una
soluzione entro un termine ragionevole, le autorità interessate possono adire
la commissione amministrativa».

 

Regolamento (CE) n.
883/2004

8. Il regolamento n.
1408/71 è stato abrogato e sostituito, a partire dal 1° maggio 2010, dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di
sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 22 maggio 2012 (GU 2012, L 149, pag. 4, e rettifica, GU
2004, L 200, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento
n. 883/2004»). Il titolo II di tale regolamento, rubricato «Determinazione
della legislazione applicabile», che contiene gli articoli da 11 a 16 di
quest’ultimo, sostituisce le disposizioni del titolo II del regolamento n. 1408/71, mentre l’articolo 71 e l’articolo 76,
paragrafo 6, del regolamento n. 883/2004 corrispondono, in sostanza, all’articolo 80 e all’articolo 84 bis,
paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71.

 

Regolamento n. 574/72

9. L’articolo
11 del regolamento n. 574/72, dal titolo «Formalità in caso di distacco di
un lavoratore subordinato in applicazione dell’articolo 14, [punto] 1 e dell’articolo 14 ter, [punto] 1 del
regolamento [ n. 1408/71] e in caso di accordi
conclusi in applicazione dell’articolo
17 del regolamento n. 1408/71», così disponeva, al suo paragrafo 1:

«L’istituzione designata dall’autorità competente
dello Stato membro, la cui legislazione rimane applicabile, rilascia un
certificato nel quale si attesta che il lavoratore subordinato rimane soggetto
a tale legislazione e fino a quale data:

a) su richiesta del lavoratore subordinato o del suo
datore di lavoro nei casi di cui all’articolo
14, [punto] 1, e all’articolo
14 ter, (punto) 1, del regolamento (n. 1408/71);

(…)».

10. L’articolo
12 bis del regolamento n. 574/72, dal titolo «Norme applicabili alle
persone di cui all’articolo 14,
[punti] 2 e 3, all’articolo 14 bis,
[punti] da 2 a 4, e all’articolo 14
quater del regolamento che svolgono normalmente un’attività subordinata o
autonoma nel territorio di due o più Stati membri», enunciava, al suo paragrafo
1 bis, quanto segue:

«Se, a norma dell’articolo 14, [punto] 2, lettera
a), del regolamento, una persona che fa parte del personale viaggiante o
navigante di un’impresa che effettua trasporti internazionali è soggetta alla
legislazione dello Stato membro sul cui territorio si trova, a seconda dei
casi, la sede dell’impresa, la succursale o altra sede che la occupa, o il
luogo in cui risiede ed è prevalentemente occupata, l’istituzione designata
dall’autorità competente dello Stato membro interessato rilascia alla persona
in questione un certificato in cui si attesta che è soggetta alla sua
legislazione».

 

Regolamento (CE) n.
987/2009

11. Il regolamento n.
574/72 è stato abrogato e sostituito, con effetto a decorrere dal 1° maggio
2010, dal regolamento (CE) n. 987/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce
le modalità di applicazione del regolamento n.
883/2004 (GU 2009, L 284, pag. 1).

12. L’articolo
5 del regolamento n. 987/2009 è così formulato:

«1. I documenti rilasciati dall’istituzione di uno
Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini
dell’applicazione del regolamento di base e del regolamento di applicazione,
nonché le certificazioni su cui si è basato il rilascio dei documenti, sono
accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri fintantoché essi non siano
ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati
rilasciati.

2. In caso di dubbio sulla validità del documento o
sull’esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni che vi figurano,
l’istituzione dello Stato membro che riceve il documento chiede all’istituzione
emittente i chiarimenti necessari e, se del caso, il ritiro del documento.
L’istituzione emittente riesamina i motivi che hanno determinato l’emissione
del documento e, se necessario, procede al suo ritiro.

3. A norma del paragrafo 2, in caso di dubbio sulle
informazioni fornite dalla persona interessata, sulla validità del documento o
sulle certificazioni o sull’esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni
che vi figurano, l’istituzione del luogo di dimora o di residenza procede,
qualora le sia possibile, su richiesta dell’istituzione competente, alle
verifiche necessarie di dette informazioni o detto documento.

4. In mancanza di accordo tra le istituzioni
interessate, la questione può essere sottoposta alla commissione
amministrativa, per il tramite delle autorità competenti, non prima che sia
trascorso un mese dalla data in cui l’istituzione che ha ricevuto il documento
ha sottoposto la sua richiesta. La commissione amministrativa cerca una
conciliazione dei punti di vista entro i sei mesi successivi alla data in cui
la questione le è stata sottoposta».

 

Diritto francese

 

Codice del lavoro

13. L’articolo L 1262-3 del code du travail (codice
del lavoro), nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti dei
procedimenti principali, prevedeva che:

«Un datore di lavoro non può avvalersi delle
disposizioni applicabili al distacco dei dipendenti quando la sua attività è
interamente orientata verso il territorio nazionale o quando è svolta nei locali
o con infrastrutture situate sul territorio nazionale, a partire dalle quali è
esercitata abitualmente, in maniera stabile e continua. In particolare egli non
può avvalersi di tali disposizioni quando la sua attività comporta la ricerca e
l’acquisizione di una clientela o il reclutamento di dipendenti su tale
territorio.

Nelle situazioni di cui al primo comma, il datore di
lavoro è soggetto alle disposizioni del codice del lavoro applicabili alle
imprese stabilite nel territorio nazionale».

14. L’articolo L 8221-3 di tale codice così
disponeva:

«Si considera lavoro non dichiarato l’esercizio a
fini di lucro di qualsiasi attività di produzione, trasformazione, riparazione
o prestazione di servizi, o lo svolgimento di atti commerciali da parte di
chiunque, sottraendosi intenzionalmente ai propri obblighi:

(…)

2° O non abbia effettuato le dichiarazioni che
devono essere rese agli organismi di previdenza sociale o all’amministrazione
fiscale in forza delle norme giuridiche in vigore».

 Codice
dell’aviazione civile

15. L’articolo R. 330-2-1 del code de l’aviation
civile (codice dell’aviazione civile) così dispone:

«L’articolo [L 1262-3] del codice del lavoro è
applicabile alle compagnie aeree in ragione delle loro basi operative situate
nel territorio francese.

Una base operativa è un insieme di locali o
infrastrutture a partire dai quali un’azienda svolge regolarmente, abitualmente
e continuativamente un’attività di trasporto aereo con dipendenti che vi hanno
il centro effettivo della propria attività professionale. Ai sensi delle
disposizioni precedenti, il centro dell’attività professionale di un dipendente
è il luogo in cui egli abitualmente lavora o prende servizio e ritorna dopo
aver compiuto la sua missione».

 

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 

Causa C-370/17

16. La Vueling è una compagnia aerea con sede
sociale a Barcellona (Spagna), iscritta nel registro del commercio e delle
società di Bobigny (Francia) in ragione della costituzione di un’azienda
commerciale di trasporto aereo e di autoassistenza a terra, con sede nel
terminal I dell’aeroporto Roissy – Charles de Gaulle. Il 21 maggio 2007 essa ha
iniziato a operare voli regolari tra varie città spagnole e tale aeroporto.

17. Il 28 maggio 2008, a seguito di controlli
effettuati a partire dal mese di gennaio dello stesso anno, l’inspection du
travail des transports de Roissy III aéroport (ispettorato del lavoro dei
trasporti dell’aeroporto Roissy III, Francia) (in prosieguo: l’«ispettorato del
lavoro») ha notificato un verbale di contestazione di lavoro non dichiarato nei
confronti della Vueling.

18. In tale verbale, essa ha rilevato che la Vueling
disponeva, nell’aeroporto Roissy – Charles de Gaulle, di locali amministrativi
di gestione e di direzione commerciale, di locali di riposo e di preparazione
dei voli del personale navigante, nonché di un ufficio di supervisione della
biglietteria e di registrazione dei passeggeri, e che vi occupava, da un lato,
50 persone in qualità di personale navigante commerciale e 25 dipendenti in
qualità di personale navigante tecnico, i cui contratti di lavoro erano
soggetti alla legge spagnola, e, dall’altro, personale di terra, compreso un
direttore commerciale, i cui contratti di lavoro erano disciplinati dal diritto
francese.

19. L’ispettorato del lavoro ha rilevato che solo il
personale di terra era dichiarato presso gli organi di previdenza sociale
francesi e che i membri del personale navigante erano invece titolari di
certificati E 101 emessi dalla Tesorería general de la seguridad social de
Cornellà de Llobregat (Tesoreria generale della previdenza sociale di Cornellà
de Llobregat, Spagna) (in prosieguo: l’«istituzione emittente spagnola»), che
attestava il loro distacco temporaneo in Francia ai sensi dell’articolo 14, punto 1, lettera a), del
regolamento n. 1408/71. Esso ha constatato che 48 dipendenti erano stati
assunti meno di 30 giorni prima della data effettiva del loro distacco in
Francia, alcuni il giorno prima o il giorno stesso rispetto a tale data, e ha
concluso che essi erano stati assunti in previsione del loro distacco. Esso ha
altresì rilevato che, per 21 di tali dipendenti, la busta paga indicava un
indirizzo in Francia, e ha sottolineato che un numero significativo di
dichiarazioni di distacco conteneva false dichiarazioni di residenza, che
celavano il fatto che i lavoratori distaccati, in maggioranza, non avevano la
qualità di residenti spagnoli, e che alcuni di essi non avevano neppure mai
vissuto in Spagna.

20. L’ispettorato del lavoro ha peraltro rilevato
che la Vueling disponeva, presso l’aeroporto Roissy – Charles de Gaulle, di una
base operativa ai sensi dell’articolo R. 330-2-1 del codice dell’aviazione
civile, dato che il personale navigante di tale società prendeva e lasciava il
servizio a partire da detto aeroporto. Esso ne ha dedotto che, in applicazione
dell’articolo L 1262-3 del codice del lavoro, la Vueling non poteva avvalersi
delle disposizioni relative al distacco di lavoratori.

21. L’ispettorato del lavoro ha altresì concluso che
i lavoratori di cui al procedimento principale erano soggetti alle disposizioni
del codice del lavoro e non potevano godere dello status di lavoratori
distaccati. Esso ha peraltro ritenuto che si configurasse un distacco
fraudolento e che sussistesse un danno tanto per i lavoratori – privati, in
particolare, dell’accesso ai diritti del regime di previdenza sociale francese –
quanto per la collettività, poiché il datore di lavoro non aveva versato le
somme dovute in base a tale regime. Quanto alla circostanza che detti
lavoratori disponessero di un certificato E 101, l’ispettorato del lavoro ha
ritenuto che, seppure un simile documento valesse come una presunzione di
iscrizione, esso non costituiva una prova della validità del ricorso al
distacco.

22. Sulla base di tale verbale, la CRPNPAC, l’11
agosto 2008, ha proposto dinanzi al tribunal de grande instance de Bobigny
(Tribunale di primo grado di Bobigny, Francia) una domanda di risarcimento del
danno subito a causa della mancata iscrizione al regime pensionistico
complementare da essa gestito del personale navigante dipendente dalla Vueling
all’aeroporto Roissy – Charles de Gaulle.

23. Peraltro, la Vueling è stata rinviata a giudizio
dinanzi al tribunal correctionnel de Bobigny (Tribunale penale di Bobigny,
Francia) per il reato di lavoro non dichiarato, ai sensi dell’articolo L 8221-3
del codice del lavoro, per avere intenzionalmente esercitato all’aeroporto
Roissy – Charles de Gaulle, nel periodo compreso tra il 21 maggio 2007 e il 16
maggio 2008, l’attività di vettore aereo di passeggeri, senza aver proceduto
alle necessarie dichiarazioni agli organismi di previdenza sociale o
all’amministrazione tributaria, segnatamente dissimulando l’attività esercitata
in Francia ed equiparandola in modo irregolare a un distacco di lavoratori,
benché questi ultimi fossero stati assunti al solo scopo di lavorare sul
territorio francese, a partire da basi operative situate in Francia.

24. In considerazione dell’esistenza di tale
procedimento penale e nell’attesa dell’emananda decisione definitiva al
riguardo, il tribunal de grande instance de Bobigny (Tribunale di primo grado
di Bobigny) ha deciso di sospendere il procedimento civile promosso dalla
CRPNPAC contro la Vueling.

25. Con sentenza del 1° luglio 2010, il tribunal
correctionnel de Bobigny (Tribunale penale di Bobigny) ha assolto la Vueling.

26. Con sentenza del 31 gennaio 2012, la cour
d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) ha dichiarato la Vueling
colpevole del reato di lavoro non dichiarato e ha condannato tale società al
pagamento di una multa di EUR 100 000.

27. A sostegno di tale condanna, detto giudice, dopo
aver rilevato che il personale navigante tecnico e commerciale della Vueling
era stato assunto in Spagna e che ai lavoratori in questione erano stati
rilasciati certificati E 101 dall’istituzione emittente spagnola sulla base
dell’articolo 14, punto 1, lettera
a), del regolamento n. 1408/71, ha tuttavia considerato che detta società
esercitava la propria attività all’aeroporto Roissy – Charles de Gaulle
nell’ambito di una succursale o, quanto meno, di una base operativa, ai sensi
dell’articolo R. 330-2-1 del codice dell’aviazione civile. Esso ha rilevato che
detta entità disponeva di autonomia funzionale e che, di conseguenza, la
Vueling non poteva sostenere che fosse stato mantenuto un legame organico tra
la medesima e il personale navigante in questione.

28. La Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di
Parigi) ha altresì dichiarato che la Vueling aveva intenzionalmente violato le
norme applicabili, in particolare domiciliando 41 dei lavoratori interessati
presso l’indirizzo della propria sede sociale senza essere stata in grado di
fornire una spiegazione seria che potesse escludere il sospetto di frode,
ragion per cui tale società non poteva invocare un errore di diritto
inevitabile legato alla convinzione della legittimità della propria condotta.
Inoltre, detto giudice ha dichiarato che, benché i certificati E 101
costituissero una presunzione di iscrizione al regime di previdenza sociale
spagnolo, vincolando le istituzioni francesi competenti in materia di
previdenza sociale, tali certificati non potevano privare il giudice penale
francese del potere di accertare la violazione dolosa delle disposizioni di
legge che determinano le condizioni di validità del distacco di lavoratori in
Francia.

29. Il 4 aprile 2012, l’Union de recouvrement des
cotisations de sécurité sociale et d’allocations familiales de Seine-et-Marne
(ente incaricato della riscossione dei contributi previdenziali e per gli
assegni familiari della Seine-et-Marne, Francia; in prosieguo: l’«Urssaf») ha
portato i fatti a conoscenza dell’istituzione spagnola che aveva emesso i
certificati E 101 in questione e ha chiesto il loro annullamento.

30. Con sentenza dell’11 marzo 2014, la Sezione
penale della Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) ha respinto
l’impugnazione proposta contro la sentenza della cour d’appel de Paris (Corte
d’appello di Parigi) del 31 gennaio 2012. La Cour de cassation (Corte di
cassazione) ha rilevato che l’attività esercitata dalla Vueling all’aeroporto
Roissy – Charles de Gaulle era svolta in maniera abituale, stabile e continua
in locali o con infrastrutture situati in Francia e che, pertanto, la Vueling
disponeva nel territorio nazionale di una succursale o, quanto meno, di una
base operativa. Essa ne ha dedotto che la Vueling non poteva avvalersi dei
certificati E 101 per dimostrare la legittimità dei distacchi di cui trattasi e
impedire a un giudice nazionale di constatare la violazione dolosa delle
disposizioni giuridiche francesi.

31. Con decisione del 17 aprile 2014, l’istituzione
emittente spagnola, a seguito della domanda dell’Urssaf del 4 aprile 2012, ha
annullato i suddetti certificati E 101.

32. Il 29 maggio 2014 la Vueling ha presentato
ricorso gerarchico contro tale decisione.

33. Dopo aver respinto tale ricorso con decisione
del 1° agosto 2014, l’autorità gerarchica competente ha tuttavia considerato,
con decisione di modifica del 5 dicembre 2014, che occorreva lasciare
inefficace l’annullamento dei certificati E 101. Al riguardo, essa si è basata
sulla circostanza che, considerato il tempo trascorso dai fatti e
l’impossibilità di rimborsare i contributi versati in precedenza a causa della
prescrizione, non era opportuno dichiarare indebita l’iscrizione alla
previdenza sociale spagnola dei lavoratori interessati. Essa ha altresì
sottolineato che i lavoratori interessati avevano potuto beneficiare di
prestazioni previdenziali sulla base di tali contributi e che, in caso di
annullamento della loro iscrizione, avrebbero potuto ritrovarsi privi di tutela
previdenziale. Infine, secondo tale autorità, l’annullamento effettivo dei
certificati E 101 di cui al procedimento principale non era giustificato, in
quanto la loro emissione era stata la mera conseguenza dell’iscrizione dei
lavoratori interessati al regime previdenziale spagnolo.

34. A seguito della pronuncia della sentenza della
Cour de cassation (Corte di cassazione) dell’11 marzo 2014, il procedimento
civile promosso dalla CRPNPAC dinanzi al tribunal de grande instance de Bobigny
(Tribunale di primo grado di Bobigny) è stato riassunto.

35. In tale contesto, detto giudice si chiede se ai
certificati E 101 debba essere riconosciuto efficacia vincolante qualora i
giudici penali dello Stato membro ospitante dei lavoratori interessati abbiano
condannato il datore di lavoro per lavoro non dichiarato. In particolare,
sussisterebbe un dubbio quanto alla portata dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera
a), e dell’articolo 12 bis,
paragrafo 1 bis, del regolamento n. 574/72 e quanto alle implicazioni di un
ricorso abusivo o fraudolento a tali certificati.

36. Pertanto, il tribunal de grande instance de Bobigny
(Tribunale di primo grado di Bobigny) ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’effetto connesso al certificato E 101
rilasciato dall’istituzione designata dall’autorità dello Stato membro alla cui
legislazione in materia previdenziale resta soggetto il dipendente, ai sensi
degli articoli 11, paragrafo 1, e 12
bis , paragrafo 1 bis, del [ regolamento n.
574/72], debba essere confermato sebbene il certificato E 101 sia stato
ottenuto a seguito di una frode o di un abuso di diritto, definitivamente
accertato da parte di un giudice dello Stato membro in cui il dipendente
esercita o deve esercitare la propria attività.

2) Qualora la risposta a tale questione fosse in
senso affermativo, se il rilascio di certificati E 101 osti a che le vittime
del danno subito a causa del comportamento del datore di lavoro, autore della
frode, ne ottengano il risarcimento, senza che l’iscrizione dei dipendenti ai
sistemi designati dal certificato E 101 sia rimessa in discussione dall’azione
di risarcimento esercitata contro il datore di lavoro».

 

Causa C-37/18

37. Il 21 aprile 2007, il sig. Poignant è stato
assunto dalla Vueling in qualità di copilota, con contratto redatto in lingua
inglese e disciplinato dal diritto spagnolo. Successivamente, con una clausola
addizionale del 14 giugno 2007, è stato distaccato all’aeroporto Roissy –
Charles de Gaulle. Tale distacco, inizialmente previsto per sei mesi, è stato
rinnovato una volta per la stessa durata fino al 16 giugno 2008.

38. Con lettera del 30 maggio 2008, il sig. Poignant
ha rassegnato le dimissioni, invocando in particolare l’illegittimità della sua
situazione contrattuale alla luce del diritto francese, per poi ritrattarsi con
messaggio di posta elettronica del 2 giugno 2008. Il 9 giugno 2008 egli ha
preso atto dello scioglimento del suo contratto di lavoro, lamentando
nuovamente tale illegittimità.

39. L’11 giugno 2008 il sig. Poignant ha adito il
conseil des prud’hommes di Bobigny (Tribunale del lavoro di Bobigny, Francia)
chiedendo, da un lato, la riqualificazione delle sue dimissioni come presa di
atto dello scioglimento, produttiva degli effetti di un licenziamento senza
causa reale e seria e, dall’altro, il pagamento, in particolare, di una somma
forfettaria per il lavoro non dichiarato e del risarcimento del danno subito a
causa dell’assenza di contributi versati alla previdenza sociale francese per
il periodo compreso tra il 1° luglio 2007 e il 31 luglio 2008.

40. Con sentenza del 14 aprile 2011, tale giudice ha
respinto tutte le suddette domande. Esso ha considerato che la Vueling aveva
regolarmente adempiuto alle formalità amministrative dovute, in particolare
chiedendo agli organi previdenziali spagnoli il rilascio di certificati E 101
per i suoi dipendenti. Detto giudice ha altresì rilevato che il distacco del
sig. Poignant non aveva superato la durata di un anno e che quest’ultimo non
era stato inviato in Francia in sostituzione di un’altra persona.

41. Con sentenza del 4 marzo 2016, la cour d’appel
de Paris (Corte d’appello di Parigi), fondandosi sulla sentenza della Cour de
cassation (Corte di cassazione) dell’11 marzo 2014 menzionata al punto 30 della
presente sentenza, ha annullato la sentenza del conseil des prud’hommes de
Bobigny (Tribunale del lavoro di Bobigny) e ha condannato la Vueling a versare
al sig. Poignant, in particolare, una somma forfettaria per lavoro non
dichiarato nonché il risarcimento dei danni per assenza di contributi versati
alla previdenza sociale francese.

42. Secondo tale giudice, il sig. Poignant aveva
fornito elementi di prova sufficienti per dimostrare l’illegittimità della sua
situazione contrattuale alla luce del diritto francese. In particolare, detto
giudice ha rilevato che l’indirizzo personale del sig. Poignant era sempre
stato fissato in Francia, benché il suo contratto di lavoro e la clausola
addizionale relativa al suo distacco lo avessero fittiziamente domiciliato a
Barcellona. Allo stesso modo, le sue buste paga sarebbero state emesse con la
menzione di un indirizzo fittizio a Barcellona.

43. La Vueling ha impugnato la sentenza della cour
d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) del 4 marzo 2016 dinanzi alla Cour
de cassation (Corte di cassazione).

44. Nell’ambito dell’esame di tale impugnazione,
detto giudice si chiede, in particolare, se l’interpretazione fornita dalla
Corte nella sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C-620/15,
EU:C:2017:309), che riguardava una controversia nell’ambito della quale erano
stati rilasciati certificati E 101 ai sensi dell’articolo 14, punto 2, lettera a), del
regolamento n. 1408/71, si imponga anche nel contesto di una controversia
relativa all’illecito di lavoro non dichiarato e riguardante certificati
rilasciati ai sensi dell’articolo
14, punto 1, lettera a), di tale regolamento, nei confronti di lavoratori
che esercitano la propria attività nello Stato membro di cui sono cittadini e
nel cui territorio l’impresa di trasporto aereo da cui dipendono dispone di una
succursale, laddove la semplice lettura di tali certificati permetta di dedurre
che sono stati ottenuti o utilizzati in modo fraudolento.

45. Peraltro, tale giudice esprime dubbi quanto al
fatto che il principio del primato del diritto dell’Unione osti a che un
giudice nazionale, tenuto, in applicazione del suo diritto interno, al rispetto
dell’autorità del giudicato penale in sede civile, tragga le conseguenze di una
decisione di un giudice penale emessa in modo incompatibile con il diritto
dell’Unione condannando in sede civile un datore di lavoro a un risarcimento
danni in favore di un lavoratore per il solo fatto della condanna penale di
tale datore di lavoro per lavoro non dichiarato.

46. In tali circostanze, la sezione previdenziale de
la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’interpretazione dell’articolo 14, [punto] 2, lettera
a), del regolamento [ n. 1408/71] accolta dalla
[Corte] nella sua sentenza [del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff, C-620/15,
EU:C:2017:309], si applichi ad una controversia riguardante il reato di lavoro
dissimulato nella quale i certificati E 101 sono stati rilasciati ai sensi
dell’articolo 11, [punto] 1, lettera
a), [di tale regolamento] in applicazione dell’articolo 14, [punto] 1, del [ regolamento n. 574/72], laddove la situazione
rientrava invece nell’articolo 14,
[punto] 2, lettera a), i), [del regolamento n.
1408/71], per lavoratori subordinati che svolgono la propria attività nel
territorio dello Stato membro di cui sono cittadini e nel quale la compagnia
aerea stabilita in un altro Stato membro ha una succursale, e la semplice
lettura del certificato E 101 che menziona un aeroporto come luogo di attività
del lavoratore subordinato e una compagnia aerea come datore di lavoro
permetteva di dedurne che il certificato era stato ottenuto in maniera
fraudolenta.

2) In caso affermativo, se il principio del primato
del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta a che
un giudice nazionale, tenuto in applicazione del suo diritto interno al
rispetto dell’autorità del giudicato penale su quello civile, tragga le
conseguenze da una decisione penale resa in contrasto con le norme del diritto
dell’Unione, condannando civilmente un datore di lavoro al risarcimento dei
danni in favore di un dipendente per il solo fatto della condanna penale di
tale datore di lavoro per lavoro non dichiarato».

47. Con decisione del presidente della Corte del 22
febbraio 2018, le cause C-370/17 e C-37/18 sono state riunite ai fini delle
fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

 

Sulle questioni pregiudiziali

 

Sulla prima questione nelle cause C-370/17 e C-37/18

48. Con la loro prima questione, i giudici del
rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo
11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 574/72 debba essere
interpretato nel senso che i giudici di uno Stato membro, aditi nell’ambito di
un procedimento giudiziario avviato nei confronti di un datore di lavoro per
fatti idonei a rivelare l’ottenimento o l’utilizzo fraudolento di certificati E
101 rilasciati ai sensi dell’articolo
14, punto 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71, nei confronti di
lavoratori che esercitano la loro attività in tale Stato membro, possono
disapplicare tali certificati.

49. Dagli elementi di cui dispone la Corte risulta
che tale questione è sollevata nel contesto di controversie nelle quali taluni
giudici penali francesi hanno ritenuto che certificati E 101 relativi al
personale navigante di una compagnia aerea stabilita in Spagna, nel caso di
specie la Vueling, e rilasciati dall’istituzione emittente spagnola sulla base
dell’articolo 14, punto 1, lettera
a), del regolamento n. 1408/71, relativo al distacco di lavoratori,
avrebbero dovuto essere emessi ai sensi dell’articolo 14, punto 2, lettera a),
i), di tale regolamento, riguardante, segnatamente, i lavoratori che, in quanto
membri del personale navigante di un’impresa che effettua trasporti
internazionali di passeggeri, esercitano le loro attività nel territorio di due
o più Stati membri e sono dipendenti da una succursale che tale impresa ha
stabilito nel territorio di uno Stato membro diverso da quello della sua sede
principale. Tali giudici nazionali hanno ritenuto che i lavoratori interessati
avrebbero dovuto essere iscritti, in applicazione di questa seconda
disposizione, alla previdenza sociale francese, e non alla previdenza sociale
spagnola. Essi hanno peraltro dichiarato che tale compagnia aerea si era resa
colpevole di manovre fraudolente destinate ad aggirare o eludere le condizioni
legali di rilascio di detti certificati.

50. A tale riguardo, occorre ricordare che, in base
a un principio generale del diritto dell’Unione, i singoli non possono
avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme dell’Unione (v., in tal
senso, sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a.,
C-359/16, EU:C:2018:63, punti 48 e 49 e giurisprudenza ivi citata).

51. Secondo la giurisprudenza della Corte relativa
al regolamento n. 1408/71, l’accertamento
dell’esistenza di una frode riguardante il rilascio di un certificato E 101 si
basa su un complesso concordante di indizi che dimostrano la sussistenza, da un
lato, di un elemento oggettivo, consistente nel fatto che le condizioni
richieste per ottenere e far valere un siffatto certificato, previste al titolo
II di tale regolamento, non sono soddisfatte e, dall’altro, di un elemento
soggettivo, che corrisponde all’intenzione degli interessati di aggirare o di
eludere le condizioni di rilascio di un simile certificato al fine di ottenere
il vantaggio che vi si ricollega (v., in tal senso, sentenza
del 6 febbraio 2018, Altun e a., C-359/16, EU:C:2018:63, punti da 50 a 52).

52. L’ottenimento fraudolento di un certificato E
101 può quindi derivare o da un’azione volontaria, quale la presentazione
fallace della situazione reale del lavoratore distaccato o dell’impresa da cui
tale lavoratore dipende, o da un’omissione volontaria, quale la dissimulazione
dell’esistenza di un’informazione rilevante, con l’intento di eludere le
condizioni di applicazione dell’articolo 14, punto 1, lettera a), di tale
regolamento (sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e
a., C-359/16, EU:C:2018:63, punto 53).

53. Nel caso di specie, per quanto riguarda, in
primo luogo, l’elemento oggettivo richiesto ai fini dell’accertamento
dell’esistenza di una frode, occorre ricordare che i certificati E 101 di cui
trattasi nei procedimenti principali sono stati rilasciati dall’istituzione
emittente spagnola ai sensi dell’articolo
14, punto 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71, disposizione, questa,
secondo cui i lavoratori distaccati restano soggetti alla legislazione dello
Stato membro in cui il datore di lavoro è stabilito.

54. Orbene, ai sensi dell’articolo 14, punto 2, lettera a), i),
del regolamento n. 1408/71, richiamato dai giudici del rinvio, le persone
che fanno parte del personale navigante di una compagnia aerea che effettua
voli internazionali e che dipendono da una succursale o da una rappresentanza
permanente della compagnia in questione nel territorio di uno Stato membro
diverso da quello nel quale essa ha la propria sede sono soggette alla
legislazione dello Stato membro nel cui territorio tale succursale o detta
rappresentanza permanente si trova.

55. L’applicazione di tale disposizione richiede
quindi che siano soddisfatte due condizioni cumulative, vale a dire, da un
lato, che la compagnia aerea interessata disponga di una succursale o di una
rappresentanza permanente in uno Stato membro diverso da quello in cui essa ha
la propria sede e, dall’altro, che la persona di cui trattasi sia alle
dipendenze di tale entità.

56. Per quanto riguarda la prima condizione, come
rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi da 139 a 142 delle sue
conclusioni, le nozioni di «succursale» e di «rappresentanza permanente» non
sono definite dal regolamento n. 1408/71 – il
quale non rinvia neppure, a tale riguardo, al diritto degli Stati membri – e
devono, di conseguenza, essere oggetto di un’interpretazione autonoma.
Analogamente a nozioni identiche o simili contenute in altre disposizioni del
diritto dell’Unione, esse devono intendersi riferite a una forma di
stabilimento secondario che presenta carattere di stabilità e di continuità al
fine di esercitare un’attività economica effettiva, e che dispone, a tal fine,
di mezzi materiali e umani organizzati nonché di una certa autonomia rispetto
allo stabilimento principale (v., per analogia, sentenze
del 30 novembre 1995, Gebhard, C-55/94, EU:C:1995:411, punto 28, e dell’11
aprile 2019, Ryanair, C-464/18, EU:C:2019:311, punto 33).

57. Quanto alla seconda condizione, dalla giurisprudenza
della Corte relativa alla determinazione della legge applicabile in materia di
contratti individuali di lavoro, ai sensi dell’articolo
19, punto 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22
dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento
e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12,
pag. 1), risulta che il rapporto di lavoro del personale navigante di una
compagnia aerea presenta un collegamento significativo con il luogo a partire
dal quale tale personale adempie principalmente le sue obbligazioni nei
confronti del proprio datore di lavoro. Tale luogo corrisponde a quello a
partire dal quale detto personale svolge le sue missioni di trasporto, dove
ritorna dopo le sue missioni, riceve le istruzioni sulle sue missioni e
organizza il suo lavoro, nonché quello in cui si trovano gli strumenti di
lavoro, il quale può coincidere con quello della sua base di servizio (v., per
analogia, sentenza del 14 settembre 2017, Nogueira
e a., C-168/16 e C-169/16, EU:C:2017:688, punti 60, 63, 69, 73 e 77).

58. Orbene, nel caso di specie, dagli elementi
sottoposti alla Corte sembra emergere che, da un lato, la Vueling disponeva,
durante il periodo considerato nei procedimenti principali, all’aeroporto di
Roissy – Charles de Gaulle, di una base operativa, a norma del diritto
nazionale, idonea a costituire una succursale o una rappresentanza permanente,
ai sensi dell’articolo 14, punto 2,
lettera a), i), del regolamento n. 1408/71, dal momento che tale società
esercitava in maniera stabile e continua la sua attività di trasporto aereo da
locali e infrastrutture costitutivi di una siffatta base operativa, la quale,
essendo posta sotto la responsabilità di un direttore commerciale, sembrava
quindi godere di un certo grado di autonomia. Dall’altro lato, questi stessi
elementi suggeriscono anche che il personale navigante interessato dipendeva da
tale entità, ai sensi di detta disposizione, poiché essa corrispondeva al luogo
a partire dal quale detto personale adempieva la parte essenziale delle sue
obbligazioni nei confronti del suo datore di lavoro, nel senso precisato al punto
precedente.

59. Per quanto riguarda, in secondo luogo,
l’elemento soggettivo della frode, dal fascicolo di cui dispone la Corte
risulta che la Vueling stessa ha prodotto dinanzi alla cour d’appel de Paris
(Corte d’appello di Parigi) un documento informativo in cui è chiaramente
indicato che i lavoratori assegnati a uno stabilimento detenuto dal loro datore
di lavoro in Francia devono essere soggetti al regime previdenziale francese.
Peraltro, questo stesso fascicolo sembra indicare che la Vueling ha domiciliato
una parte importante dei lavoratori interessati all’indirizzo della propria
sede in Spagna, sebbene questi ultimi, per la maggior parte, non avessero mai
vissuto in tale Stato membro e risiedessero in Francia.

60. Alla luce di quanto precede, le istituzioni e i
giudici francesi competenti hanno ragionevolmente potuto essere indotti a
ritenere di disporre di indizi concreti che facevano pensare che i certificati
E 101 di cui trattasi nei procedimenti principali, rilasciati dall’istituzione
emittente spagnola sul fondamento dell’articolo 14, punto 1, lettera a), del
regolamento n. 1408/71, fossero stati ottenuti o fatti valere in modo
fraudolento dalla Vueling, dal momento che il personale navigante interessato
di quest’ultima ricadeva, in realtà, nella regola particolare prevista dall’articolo 14, punto 2, lettera a),
i), di tale regolamento e avrebbe dovuto, di conseguenza, essere soggetto al
regime di previdenza sociale francese.

61. Ciò premesso, la presenza di indizi come quelli
di cui trattasi nei procedimenti principali non può, di per sé, essere
sufficiente a giustificare che l’istituzione competente dello Stato membro che
ospita i lavoratori interessati o i giudici nazionali di tale Stato membro
accertino in modo definitivo l’esistenza di una frode e disapplichino i
certificati E 101 di cui trattasi.

62. A tale riguardo, occorre ricordare che, in forza
del principio di leale cooperazione, enunciato all’articolo 4, paragrafo 3,
TUE, il quale implica anche quello della fiducia reciproca, il certificato E
101, nella parte in cui mira ad agevolare la libera circolazione dei lavoratori
e la libera prestazione dei servizi, si impone, in linea di principio, secondo
giurisprudenza costante della Corte, all’istituzione competente e ai giudici
dello Stato membro ospitante, in quanto crea una presunzione di regolarità
dell’iscrizione del lavoratore interessato al regime previdenziale dello Stato
membro la cui istituzione competente ha emesso detto certificato (v., in tal
senso, sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a.,
C-359/16, EU:C:2018:63, punti da 35 a 40, nonché, per analogia, sentenza
del 6 settembre 2018, Alpenrind e a., C-527/16, EU:C:2018:669, punto 47).

63. Pertanto, fintantoché il certificato E 101 non
venga ritirato o invalidato, l’istituzione competente e i giudici dello Stato
membro ospitante devono tener conto del fatto che il lavoratore interessato è
già soggetto alla normativa previdenziale dello Stato membro la cui istituzione
competente ha emesso tale certificato (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a., C-359/16,
EU:C:2018:63, punto 41).

64. Tuttavia, dal principio di leale cooperazione
discende che, qualora l’istituzione competente dello Stato membro ospitante
nutra dubbi, nell’ambito della procedura prevista all’articolo 84 bis, paragrafo 3, del
regolamento n. 1408/71, quanto all’esattezza dei fatti che sono alla base
del rilascio del certificato E 101 e, pertanto, delle indicazioni in esso
contenute, spetta all’istituzione competente dello Stato membro che ha emesso
tale certificato E 101 riconsiderare la fondatezza di tale rilascio e, se del
caso, ritirare detto certificato (v., in tal senso, sentenza
del 6 febbraio 2018, Altun e a., C-359/16, EU:C:2018:63, punti 42 e 43).

65. Conformemente a tale disposizione,
nell’eventualità in cui le istituzioni interessate non pervengano a un accordo,
in particolare sulla valutazione dei fatti relativi a una situazione specifica
e, di conseguenza, sulla scelta della disposizione pertinente del regolamento n. 1408/71 ai fini della
determinazione della legislazione di previdenza sociale applicabile, esse hanno
facoltà di investire della questione la commissione amministrativa di cui
all’articolo 80 del medesimo regolamento, al fine di conciliare le loro
posizioni (v., in tal senso, sentenza del 6
febbraio 2018, Altun e a., C-359/16, EU:C:2018:63, punto 44).

66. Orbene, proprio nel contesto di un sospetto di
frode, l’attuazione della procedura istituita dall’articolo 84 bis, paragrafo 3, del
regolamento n. 1408/71, prima di un eventuale accertamento definitivo di
frode da parte delle autorità competenti dello Stato membro ospitante, assume
particolare importanza, dal momento che essa è idonea a consentire
all’istituzione competente dello Stato membro emittente e a quella dello Stato
membro ospitante di avviare un dialogo e di collaborare strettamente al fine di
verificare e di raccogliere, ricorrendo ai poteri di indagine di cui rispettivamente
dispongono in base al loro diritto nazionale, ogni elemento di fatto o di
diritto rilevante che possa infirmare o, al contrario, confermare la
rispondenza a realtà dei dubbi espressi dall’istituzione competente dello Stato
membro ospitante quanto alle circostanze in cui è avvenuto il rilascio dei
certificati E 101 considerati.

67. Analogamente, una siffatta procedura,
consentendo di coinvolgere in una fase precoce l’istituzione competente dello
Stato membro emittente, offre a quest’ultima la possibilità di far valere in
modo contraddittorio il proprio punto di vista sugli eventuali indizi concreti
dell’esistenza di una frode presentati dall’istituzione competente dello Stato
membro ospitante e, quindi, di indurla, eventualmente, ad annullare o a ritirare
i certificati E 101 di cui trattasi qualora dovesse pervenire ad accertare che
tali indizi dimostrano che detti certificati sono stati effettivamente ottenuti
o fatti valere in modo fraudolento.

68. A tale riguardo, occorre in particolare
sottolineare che se l’istituzione competente dello Stato membro ospitante
potesse, in ragione della sola presenza di indizi concreti dell’esistenza di
una frode, disapplicare unilateralmente i certificati E 101 emessi
dall’istituzione competente di un altro Stato membro – quand’anche, in tale
fase, non sia stato possibile effettuare validamente un accertamento definitivo
di frode a causa dell’assenza di un coinvolgimento dell’istituzione emittente e
di una verifica approfondita delle circostanze pertinenti in cui è avvenuto il
loro rilascio -, aumenterebbe il rischio che siano dovuti contributi, in
violazione del principio di unicità della legislazione nazionale applicabile
sancito dalle disposizioni del titolo II del regolamento
n. 1408/71 (v., in tal senso, sentenza del 6
febbraio 2018, Altun e a., C-359/16, EU:C:2018:63, punto 29), al regime
previdenziale dello Stato membro ospitante, nonostante il fatto che siano già
stati versati contributi, per gli stessi lavoratori, al regime previdenziale
dello Stato membro di cui tali certificati attestano l’applicabilità della
normativa nazionale.

69. Inoltre, se successivamente dovesse risultare
che taluni contributi sono stati indebitamente versati al regime previdenziale
di quest’ultimo Stato membro, vi è il rischio che tali contributi non possano
essere rimborsati, per esempio a causa, come nel caso di specie, di norme sulla
prescrizione applicabili in detto Stato membro, ancorché in definitiva non sia
stata accertata alcuna frode.

70. Correlativamente, la mancata attuazione della
procedura istituita dall’articolo 84 bis,
paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 sarebbe idonea ad aumentare il
rischio di assoggettare i lavoratori interessati ai regimi previdenziali di più
Stati membri, con tutte le complicazioni che un tale cumulo potrebbe
comportare, il che pregiudicherebbe l’iscrizione dei lavoratori subordinati,
conformemente al principio di unicità della legislazione nazionale applicabile,
ad un unico regime previdenziale, nonché la prevedibilità del regime
applicabile e, pertanto, la certezza del diritto (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2006, Herbosch Kiere, C-2/05,
EU:C:2006:69, punto 25).

71. Tale procedura costituisce quindi un presupposto
obbligatorio al fine di determinare se siano soddisfatte le condizioni per
l’esistenza di una frode e, pertanto, di trarre qualsiasi conseguenza utile per
quanto riguarda la validità dei certificati E 101 di cui trattasi e la
normativa previdenziale applicabile ai lavoratori interessati.

72. Ne consegue che la presenza di indizi concreti
che inducano a ritenere che certificati E 101 siano stati ottenuti o fatti
valere in modo fraudolento deve indurre l’istituzione competente dello Stato
membro ospitante non a constatare unilateralmente l’esistenza di una frode e a
disapplicare tali certificati, ma ad avviare prontamente la procedura di cui
all’articolo 84 bis, paragrafo 3,
del regolamento n. 1408/71, affinché l’istituzione che ha emesso tali
certificati, cui si rivolge l’istituzione dello Stato membro ospitante,
proceda, entro un termine ragionevole, in forza del principio di leale
cooperazione, al riesame della fondatezza del rilascio dei certificati alla
luce di tali indizi e, se del caso, decida di annullarli o ritirarli, come
emerge dalla giurisprudenza richiamata al punto 64 della presente sentenza (v.,
in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2018, Altun
e a., C-359/16, EU:C:2018:63, punto 54).

73. In tale contesto, quando un giudice dello Stato
membro ospitante è adito nell’ambito di un procedimento giudiziario avviato nei
confronti di un datore di lavoro sospettato di aver ottenuto o fatto valere in
maniera fraudolenta certificati E 101, esso non può a sua volta ignorare la
procedura istituita dall’articolo
84 bis, paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 e il suo esito (v., per
analogia, sentenza dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, C-356/15,
EU:C:2018:555, punti da 96 a 105).

74. A tal riguardo, occorre ricordare che,
conformemente all’articolo 288,
secondo comma, TFUE, un regolamento, come il regolamento
n. 1408/71, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri. Peraltro, il principio del primato
del diritto dell’Unione, che sancisce la preminenza di tale diritto sul diritto
degli Stati membri, impone a tutti gli organi degli Stati membri di dare piena
efficacia alle diverse norme del diritto dell’Unione, dato che il diritto degli
Stati membri non può pregiudicare l’effetto riconosciuto a tali diverse norme
sul territorio di detti Stati (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019,
Popławski, C-573/17, EU:C:2019:530, punti 53 e 54 e giurisprudenza ivi
citata).

75. Se si ammettesse che un giudice dello Stato
membro ospitante, adito nell’ambito di un procedimento giudiziario avviato da
un’autorità penale, dall’istituzione competente di tale Stato membro o da
qualsiasi altra persona, possa dichiarare invalido un certificato E 101 per il
solo motivo che esistono indizi concreti atti a dimostrare che tale certificato
è stato ottenuto o fatto valere in modo fraudolento, indipendentemente
dall’avvio e dallo svolgimento della procedura di cui all’articolo 84 bis, paragrafo 3, del
regolamento n. 1408/71, il sistema istituito da quest’ultimo, fondato sulla
leale cooperazione tra gli Stati membri, sarebbe compromesso (v., in tal senso,
sentenze del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff, C-620/15, EU:C:2017:309, punto
47, nonché del 6 settembre 2018, Alpenrind e a.,
C-527/16, EU:C:2018:669, punto 46). L’importanza particolare, sottolineata
ai punti 66 e 67 della presente sentenza, che riveste l’attuazione di tale
procedura nel contesto di un sospetto di frode sarebbe così ignorata.

76. Inoltre, poiché l’avvio della procedura prevista
all’articolo 84 bis, paragrafo 3,
del regolamento n. 1408/71 può indurre l’istituzione emittente ad annullare
o a ritirare i certificati E 101 interessati, tale procedura è idonea a consentire,
se del caso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 86 delle sue
conclusioni, economie procedurali, dal momento che potrebbe di conseguenza
risultare superfluo adire i giudici dello Stato membro ospitante.

77. Pertanto, è solo nel caso in cui tale procedura
sia stata avviata dall’istituzione competente dello Stato membro ospitante e
l’istituzione che ha emesso i certificati E 101 si sia astenuta dal procedere
al riesame della fondatezza del rilascio di tali certificati e dal prendere posizione,
entro un termine ragionevole, sulla domanda in tal senso presentata
dall’istituzione competente dello Stato membro ospitante, che gli indizi
concreti i quali inducono a ritenere che detti certificati siano stati ottenuti
o fatti valere in maniera fraudolenta devono poter essere addotti nell’ambito
di un procedimento giudiziario, al fine di ottenere dal giudice dello Stato
membro ospitante che egli disapplichi i certificati, a condizione tuttavia che
le persone alle quali si contesta, nell’ambito di un simile procedimento, di
aver ottenuto o fatto valere tali documenti in modo fraudolento dispongano
della possibilità di confutare gli elementi su cui si fonda detto procedimento,
nel rispetto delle garanzie legate al diritto a un equo processo (v., in tal
senso, sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a.,
C-359/16, EU:C:2018:63, punti da 54 a 56).

78. Pertanto, un giudice dello Stato membro
ospitante può disapplicare i certificati E 101 nell’ambito di un siffatto
procedimento giudiziario solo qualora siano soddisfatte due condizioni
cumulative, vale a dire, da un lato, che l’istituzione che ha emesso tali
certificati, prontamente adita dall’istituzione competente del suddetto Stato
membro con una domanda di riesame della fondatezza del rilascio di tali
certificati, si sia astenuta dal procedere a un siffatto riesame alla luce
degli elementi comunicati da quest’ultima istituzione e dal prendere posizione,
entro un termine ragionevole, su tale domanda, se del caso annullando o
ritirando detti certificati, e, dall’altro, che i suddetti elementi consentano
a detto giudice di accertare, nel rispetto delle garanzie proprie del diritto a
un processo equo, che i certificati di cui trattasi sono stati ottenuti o fatti
valere in modo fraudolento (v., in tal senso, sentenza
del 6 febbraio 2018, Altun e a., C-359/16, EU:C:2018:63, punto 61).

79. Ne consegue che un giudice dello Stato membro
ospitante investito della questione della validità di certificati E 101 è
tenuto a verificare, in via preliminare, se, prima che egli venisse adito, la
procedura prevista all’articolo 84
bis, paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 sia stata avviata
dall’istituzione competente dello Stato membro ospitante mediante una domanda
di riesame e di ritiro di tali certificati presentata all’istituzione che li ha
emessi, e, ove ciò non sia avvenuto, ad applicare tutti gli strumenti giuridici
a sua disposizione per assicurare che l’istituzione competente dello Stato
membro ospitante avvii tale procedura.

80. Di conseguenza, il giudice dello Stato membro
ospitante adito nell’ambito di un procedimento avviato nei confronti di un
datore di lavoro per fatti idonei a rivelare un ottenimento o un utilizzo
fraudolento di certificati E 101 può pronunciarsi in via definitiva
sull’esistenza di una frode siffatta, e disapplicare tali certificati, solo se
esso accerta – dopo aver proceduto, se necessario, alla sospensione del
procedimento giudiziario in forza del suo diritto nazionale – che, dopo che la
procedura prevista all’articolo 84
bis, paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 è stata prontamente avviata,
l’istituzione che ha emesso i certificati E 101 si è astenuta dal procedere al
riesame di tali certificati e dal prendere posizione, entro un termine
ragionevole, sugli elementi presentati dall’istituzione competente dello Stato
membro ospitante, eventualmente annullando o ritirando detti certificati.

81. Solo un’interpretazione siffatta è idonea a
garantire l’effetto utile della procedura di cui all’articolo 84 bis, paragrafo 3, del
regolamento n. 1408/71, assicurando che le istituzioni competenti degli
Stati membri interessati avviino prontamente il dialogo previsto da
quest’ultima affinché, se del caso, il giudice dello Stato membro ospitante,
nell’ambito del procedimento avviato dinanzi ad esso, disponga di tutti i dati
necessari ai fini dell’accertamento di un’eventuale frode, e al contempo
inducendo le istituzioni che emettono certificati E 101 a rispondere, entro un
termine ragionevole, a una domanda di riesame e di ritiro di tali certificati,
pena il rischio che, dopo la scadenza di un simile termine, essi vengano
disapplicati dal suddetto giudice.

82. Nel caso di specie, risulta tuttavia dai
fascicoli a disposizione della Corte che la cour d’appel de Paris (Corte
d’appello di Parigi), con la sua sentenza del 31 gennaio 2012, ha accertato l’esistenza
di una frode e ha disapplicato i certificati E 101 di cui trattasi nei
procedimenti principali prima che la procedura prevista all’articolo 84 bis, paragrafo 3, del
regolamento n. 1408/71 – poi, a partire dal 1° maggio 2010, all’articolo 76, paragrafo 6, del
regolamento n. 883/2004, le cui modalità di applicazione sono precisate
all’articolo 5 del regolamento n.
987/2009 – fosse stata avviata, e senza che essa abbia neppure verificato,
in via preliminare, se ciò fosse avvenuto onde porre l’istituzione emittente
spagnola in grado di riesaminare e, eventualmente, di annullare o ritirare
detti certificati.

83. Infatti, è pacifico che l’istituzione competente
dello Stato membro ospitante dei lavoratori interessati, vale a dire l’Urssaf,
ha comunicato all’istituzione emittente spagnola gli elementi relativi alla
frode raccolti dall’ispettorato del lavoro, al fine di ottenere da tale
istituzione l’annullamento o il ritiro dei certificati E 101 di cui trattasi
nei procedimenti principali, solo con lettera del 4 aprile 2012, successiva
alla pronuncia di tale sentenza della cour d’appel de Paris (Corte d’appello di
Parigi) e inviata quasi quattro anni dopo che l’ispettorato del lavoro aveva,
il 28 maggio 2008, redatto un verbale per lavoro non dichiarato nei confronti
della Vueling.

84. Peraltro, anche se la procedura prevista all’articolo 76, paragrafo 6, del
regolamento n. 883/2004 e all’articolo
5 del regolamento n. 987/2009, allora in vigore, era già stata avviata
quando, l’11 marzo 2014, l’impugnazione proposta avverso la sentenza della cour
d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) è stata respinta dalla Cour de
cassation (Corte di cassazione), è pacifico che quest’ultima ha statuito senza
tentare di informarsi sullo stato del dialogo avviato tra l’istituzione
emittente spagnola e l’istituzione francese competente né attendere l’esito di
tale procedura.

85. A tal riguardo, è vero che l’istituzione
emittente spagnola non ha trattato la domanda di riesame e di ritiro presentata
dall’istituzione francese competente con la dovuta celerità, in quanto la sua
reazione a tale richiesta oltre due anni dopo la formulazione di quest’ultima
non può considerarsi intervenuta entro un termine ragionevole, tenuto conto, in
particolare, della posta in gioco per gli interessati e della natura delle
questioni da esaminare. Tuttavia, resta il fatto che il ricorso alla prima
istituzione da parte della seconda è avvenuto a sua volta tardivamente, ossia
circa quattro anni dopo che l’istituzione francese competente è entrata in possesso
di elementi tali da suggerire l’esistenza di una frode.

86. Alla luce di tutte le considerazioni che
precedono, occorre rispondere alla prima questione sollevata nelle cause
C-370/17 e C-37/18 dichiarando che l’articolo
11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 574/72 deve essere
interpretato nel senso che i giudici di uno Stato membro, aditi nell’ambito di
un procedimento giudiziario avviato nei confronti di un datore di lavoro per
fatti idonei a rivelare un ottenimento o un utilizzo fraudolento di certificati
E 101 rilasciati, ai sensi dell’articolo
14, punto 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71, nei confronti di
lavoratori che esercitano la propria attività in detto Stato membro, possono
accertare l’esistenza di una frode e, di conseguenza, disapplicare detti
certificati solo dopo essersi assicurati:

– da un lato, che la procedura prevista all’articolo 84 bis, paragrafo 3, di
tale regolamento sia stata avviata prontamente e che l’istituzione competente
dello Stato membro emittente sia stata così posta in grado di riesaminare la
fondatezza del rilascio di detti certificati alla luce degli elementi concreti,
presentati dall’istituzione competente dello Stato membro ospitante, che
facciano ritenere che gli stessi certificati siano stati ottenuti o fatti
valere in modo fraudolento, e

– dall’altro lato, che l’istituzione competente
dello Stato membro emittente si è astenuta dal procedere a tale riesame e dal
prendere posizione, entro un termine ragionevole, su detti elementi, se del
caso, annullando o ritirando i certificati di cui trattasi.

 

Sulla seconda questione nelle cause C-370/17 e
C-37/18

 

87. Con la loro seconda questione, i giudici del
rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo
11, paragrafo 1, del regolamento n. 574/72 e il principio del primato del
diritto dell’Unione debbano essere interpretati nel senso che essi ostano, nel
caso in cui un datore di lavoro sia stato oggetto, nello Stato membro
ospitante, di una condanna penale fondata su un accertamento definitivo di
frode operato in violazione di tale diritto, a che un giudice civile di tale Stato
membro, vincolato dal principio di diritto nazionale dell’autorità di cosa
giudicata penale in sede civile, ponga a carico di detto datore di lavoro, per
il solo fatto di tale condanna penale, il pagamento dei danni destinati a
risarcire i lavoratori o un ente previdenziale del medesimo Stato membro
vittime di detta frode.

88. In via preliminare, occorre ricordare, a tale
riguardo, l’importanza che riveste, sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione
sia negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio dell’autorità di cosa
giudicata. Infatti, al fine di garantire tanto la stabilità del diritto e dei
rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, è
importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo
l’esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini
previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione
(sentenze del 6 ottobre 2015, Târșia, C-69/14, EU:C:2015:662, punto 28;
del 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, EU:C:2018:853, punto 52, nonché dell’11
settembre 2019, Călin, C-676/17, EU:C:2019:700, punto 26).

89. Pertanto, il diritto dell’Unione non impone al
giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che
attribuiscono forza di giudicato a una decisione giurisdizionale, neanche
quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale
contrastante con detto diritto (sentenze del 6 ottobre 2015, Târșia,
C-69/14, EU:C:2015:662, punto 29; del 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17,
EU:C:2018:853, punto 53, nonché dell’11 settembre 2019, Călin, C-676/17,
EU:C:2019:700, punto 27).

90. Il diritto dell’Unione non esige quindi che, per
tener conto dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto
offerta dalla Corte, un organo giurisdizionale nazionale debba,
necessariamente, ritornare sulla propria decisione avente autorità di cosa
giudicata (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2015, Târșia, C-69/14,
EU:C:2015:662, punto 38; del 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, EU:C:2018:853,
punto 54, nonché dell’11 settembre 2019, Călin, C-676/17, EU:C:2019:700,
punto 28).

91. In assenza di una normativa dell’Unione in
materia, le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa
giudicata rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in
virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tuttavia, esse
non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni simili
di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da
rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei
diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di
effettività) (sentenza del 3 settembre 2009,
Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 24 e giurisprudenza ivi
citata).

92. Nel caso di specie, si pone la questione della
compatibilità con il principio di effettività dell’interpretazione, nel diritto
nazionale di cui trattasi, del principio dell’autorità di cosa giudicata penale
in sede civile, interpretazione secondo la quale il giudice civile,
pronunciandosi sugli stessi fatti su cui ha statuito il giudice penale, non può
rimettere in discussione non solo la condanna penale in quanto tale del datore
di lavoro interessato, ma anche gli accertamenti di fatto nonché le
qualificazioni e le interpretazioni giuridiche accolte dal giudice penale, e
ciò sebbene questi siano stati effettuati in violazione del diritto
dell’Unione, non essendosi detto giudice assicurato – prima di accertare
definitivamente l’esistenza di una frode e di disapplicare, di conseguenza, i
certificati E 101 interessati – dell’avvio e dello svolgimento della procedura
di dialogo prevista all’articolo 84
bis, paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71.

93. A tale riguardo, la Corte ha già affermato che
ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale
renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto
dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma
nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello
stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo,
si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema
giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il
principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento
(sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento
Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

94. Nelle presenti cause si deve constatare che
l’interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata menzionato al
punto 92 della presente sentenza impedisce di rimettere in discussione non solo
una decisione giudiziaria di natura penale avente autorità di cosa giudicata,
anche se tale decisione comporta una violazione del diritto dell’Unione, ma
anche, in occasione di un procedimento giurisdizionale di natura civile
relativo ai medesimi fatti, qualsiasi accertamento vertente su un punto
fondamentale comune contenuto in una decisione giudiziaria avente autorità di
cosa giudicata (v., per analogia, sentenza del 3
settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 29).

95. Una siffatta interpretazione del principio
dell’autorità di cosa giudicata ha quindi come conseguenza che, qualora la
decisione di un giudice penale divenuta definitiva si fondi su un accertamento
di frode compiuto da tale giudice non tenendo conto del procedimento di dialogo
di cui all’articolo 84 bis,
paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 nonché su un’interpretazione delle
disposizioni relative all’effetto vincolante dei certificati E 101 contraria al
diritto dell’Unione, la non corretta applicazione di tale diritto si
riprodurrebbe in ogni decisione adottata da giudici civili riguardanti i
medesimi fatti, senza che sia possibile correggere tale accertamento e tale
interpretazione effettuati in violazione di detto diritto (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub,
C-2/08, EU:C:2009:506, punto 30).

96. In tali circostanze, si deve concludere che
simili ostacoli all’applicazione effettiva delle norme del diritto dell’Unione
riguardanti detta procedura nonché l’effetto vincolante dei certificati E 101
non possono ragionevolmente essere giustificati dal principio della certezza
del diritto, e devono quindi essere considerati contrari al principio di
effettività (v., per analogia, sentenza del 3
settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 31).

97. Ne consegue, nel caso di specie, che seppure,
alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 88 a 90 della presente
sentenza, la condanna passata in giudicato pronunciata dai giudici penali dello
Stato membro ospitante nei confronti della Vueling non possa essere rimessa in
discussione nonostante la sua incompatibilità con il diritto dell’Unione, né
tale condanna né l’accertamento definitivo di frode e le interpretazioni
giuridiche, operati in violazione di tale diritto, sui quali detta condanna si
fonda possono invece consentire ai giudici civili di detto Stato membro di
accogliere domande di risarcimento presentate dai lavoratori o da un ente
previdenziale di tale Stato membro vittime della condotta della suddetta
società.

98. Alla luce delle suesposte considerazioni,
occorre rispondere alla seconda questione in ciascuna delle cause C-370/17 e
C-37/18 dichiarando che l’articolo
11, paragrafo 1, del regolamento n. 574/72 e il principio del primato del
diritto dell’Unione devono essere interpretati nel senso che essi ostano, nel
caso in cui un datore di lavoro sia stato oggetto, nello Stato membro
ospitante, di una condanna penale fondata su un accertamento definitivo di
frode operato in violazione di tale diritto, a che un giudice civile di tale Stato
membro, vincolato dal principio di diritto nazionale dell’autorità di cosa
giudicata penale in sede civile, ponga a carico di detto datore di lavoro, per
il solo fatto di tale condanna penale, il pagamento dei danni destinati a
risarcire i lavoratori o un ente previdenziale del medesimo Stato membro
vittime di detta frode.

 

Sulle spese

99. Nei confronti delle parti nei procedimenti
principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi ai
giudici nazionali, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute
da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.

 

P.Q.M.

 

dichiara:

1) L’articolo
11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del
21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71, relativo
all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai
lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della
Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento
(CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 647/2005 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005, deve essere interpretato nel senso
che i giudici di uno Stato membro, aditi nell’ambito di un procedimento
giudiziario avviato nei confronti di un datore di lavoro per fatti idonei a
rivelare un ottenimento o un utilizzo fraudolento di certificati E 101
rilasciati, ai sensi dell’articolo
14, punto 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio,
del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale
ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si
spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal
regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento (CE) n. 631/2004 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, nei confronti di lavoratori che
esercitano la propria attività in detto Stato membro, possono accertare
l’esistenza di una frode e, di conseguenza, disapplicare detti certificati solo
dopo essersi assicurati:

– da un lato, che la procedura prevista all’articolo 84 bis, paragrafo 3, di
tale regolamento sia stata avviata prontamente e che l’istituzione competente
dello Stato membro emittente sia stata posta in grado di riesaminare la
fondatezza del rilascio di detti certificati alla luce degli elementi concreti,
presentati dall’istituzione competente dello Stato membro ospitante, che
facciano ritenere che gli stessi certificati siano stati ottenuti o fatti
valere in modo fraudolento, e

– dall’altro lato, che l’istituzione competente
dello Stato membro emittente si è astenuta dal procedere a tale riesame e dal
prendere posizione, entro un termine ragionevole, su detti elementi, se del
caso, annullando o ritirando i certificati di cui trattasi.

2) L’articolo
11, paragrafo 1, del regolamento n. 574/42, nella versione modificata e
aggiornata dal regolamento n. 118/97, come
modificato dal regolamento n. 647/2005, e il
principio del primato del diritto dell’Unione devono essere interpretati nel
senso che essi ostano, nel caso in cui un datore di lavoro sia stato oggetto,
nello Stato membro ospitante, di una condanna penale fondata su un accertamento
definitivo di frode operato in violazione di tale diritto, a che un giudice
civile di tale Stato membro, vincolato dal principio di diritto nazionale
dell’autorità di cosa giudicata penale in sede civile, ponga a carico di detto
datore di lavoro, per il solo fatto di tale condanna penale, il pagamento dei
danni destinati a risarcire i lavoratori o un ente previdenziale del medesimo
Stato membro vittime di detta frode.

Giurisprudenza – CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 02 aprile 2020, C-370/17 e C-37/18,
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