Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 aprile 2020, n. 8166

Precetto, Sentenza di condanna della società, Diritto di
agire esecutivamente nei confronti dei soci, Accollo esterno tra accollato ed
accollante, Adesione del creditore quale elemento ulteriore che comporta
l’estensione a lui degli effetti dell’accordo, Accollo irrevocabile, con
obbligazioni verso il creditore

 

Rilevato che

 

Con sentenza in data 30 marzo 2017, la Corte
d’appello di Catanzaro rigettava l’appello proposto da L.M. avverso la sentenza
di primo grado, che, in accoglimento dell’opposizione di M.C.M. e G.S. di
Marcellinara al precetto con cui il primo le aveva intimate al pagamento di un
debito di I.I. s.r.l., ne aveva escluso il diritto di agire esecutivamente nei
loro confronti, per essere l’intimazione basata su una sentenza di condanna
della società, di cui le predette erano socie e pertanto non costituente titolo
esecutivo nei loro confronti; con rigetto pure della domanda di L.M. di
condanna delle opponenti, in via riconvenzionale, per essersi accollate i
debiti della società partecipata, per intervenuta prescrizione decennale del
credito (da rapporto di lavoro del predetto con la società da novembre 1974 a
marzo 1984, fatto valere con giudizio introdotto nei confronti della stessa il
21 novembre 1995);

avverso tale sentenza L.M., con atto notificato il
21 luglio 2017, ricorreva per cassazione con tre motivi; M.C.M. e G.S. di
Marcellinara, ritualmente intimate, non svolgevano difese;

 

Considerato che

 

1. il ricorrente deduce violazione delle norme
sull’accollo (art. 1273 c.c.), per avere la
Corte erroneamente ritenuto l’istituzione, all’atto di assunzione (per atto 23
dicembre 1985) dell’accollo (ad efficacia esterna) dalle due socie del debito
della società nei confronti del lavoratore (aderente ad esso con la richiesta
di adempimento con lettera raccomandata 17 dicembre 2002, precedente
l’intimazione con precetto), di una coobbligazione solidale tra le parti (non
avendo le due accollanti liberato l’accollato, responsabile in via sussidiaria
rispetto alle prime, infatti previamente intimate all’adempimento), non
importando il negozio una modificazione soggettiva dell’obbligazione originaria
ma semplicemente l’assunzione di un debito in senso economico, ossia dei soli
effetti economici dell’obbligazione (primo motivo); violazione degli artt. 2935 e 1310 c.c.,
per insorgenza del credito del lavoratore, nei confronti della società datrice
per effetto del suo accertamento con sentenza del Tribunale di Catanzaro, in
funzione di giudice del lavoro, del 28 giugno 2002 e, nei confronti delle
accollanti, con la richiesta di adempimento con lettera raccomandata 17
dicembre 2002, di adesione alla convenzione di accollo, con interruzione del
termine di prescrizione per la loro impugnazione (insieme con la società) della
pronuncia, con definizione del giudizio d’appello con sentenza del 29 aprile
2010, nel senso di inammissibilità del gravame (secondo motivo); violazione
dell’art. 2909 c.c., per la formazione di
giudicato sulla sentenza del Tribunale di Catanzaro, con valore di statuizione
ad ogni effetto nei confronti delle accollanti, aventi causa dalla società, cui
pertanto erano precluse eccezioni relative a situazioni pregresse in essa
accertate e invece consentite soltanto quelle relative alla sentenza (terzo
motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono infondati;

3. per una migliore trattazione della questione
giova premettere che:

3.1. l’accollo esterno si perfeziona con l’accordo
tra accollato ed accollante, mentre l’adesione del creditore costituisce
elemento ulteriore ed eventuale che comporta l’estensione a lui degli effetti
dell’accordo;

3.2. pur essendo perfetto e produttivo di effetti
indipendentemente dall’adesione del creditore, è solo con questa che l’accollo
diventa irrevocabile e genera obbligazioni verso il creditore;

3.3. qualora, come nel caso di specie, sia
cumulativo, in assenza di liberazione del debitore accollato, esso comporta
l’acquisto di un altro debitore in aggiunta a quello originario quale effetto
naturale del negozio, derogabile mediante manifestazione di volontà del
creditore, che in tal modo acquisisce il diritto ad ottenere l’adempimento nei
confronti del terzo: sicché, l’obbligazione dell’accollato, in analogia alla
disciplina dettata per la delegazione dall’art.
1268, secondo comma c.c., degrada ad obbligazione sussidiaria (modalità
tipica dello schema, sistematicamente appropriato, dell’obbligazione solidale
passiva ad interesse unisoggettivo), con la conseguenza che il creditore ha
l’onere di chiedere preventivamente l’adempimento all’accollante, anche se non
è tenuto ad escuterlo preventivamente, e soltanto dopo che la richiesta sia
risultata infruttuosa può rivolgersi all’accollato (Cass. 24 maggio 2004, n.
9982; Cass. 24 febbraio 2010, n. 4482);

3.4. l’adesione del creditore alla convenzione
d’accollo fra il debitore ed un terzo non determina di per sé, in assenza di
un’espressa previsione o dichiarazione del creditore medesimo, ai sensi del
secondo comma dell’art 1273 c.c., la
liberazione del debitore accollato, sicché il debitore originario resta
obbligato in solido con il terzo (Cass. 21 aprile 2006, n. 9371);

4. l’istituzione di un regime di solidarietà tra
accollante ed accollato comporta che la rinuncia del secondo alla prescrizione
non sia opponibile al primo, ai sensi dell’art.
1310 c.c. (Cass. 13 novembre 2001, n. 14091, in specifico riferimento al
rapporto di solidarietà in base all’accollo ex lege del pagamento del
trattamento di fine rapporto, in caso di insolvenza del datore di lavoro, da
parte del Fondo di garanzia istituito presso l’Inps);

5. la Corte territoriale ha correttamente applicato
i suenunciati principi di diritto, avendo accertato la prescrizione del credito
del lavoratore, da questo intimato in ( pagamento alle accollanti, per decorso
del termine ordinario decennale dalla cessazione del suo rapporto di lavoro con
I.I. s.r.l.(a marzo 1984) al momento di introduzione del giudizio ad esso
relativo nei confronti della società (con atto del 21 novembre 1995), in assenza
di atti interruttivi nel periodo (come esposto dal quart’ultimo capoverso di
pg. 5 al terzo di pg. 6 della sentenza);

6. sono pertanto inconferenti, ai fini della
maturazione del periodo di prescrizione in questione, le allegazioni del
ricorrente riguardanti un periodo ampiamente successivo, scandito da sentenze e
da atti, che né sono stati trascritti, né sono stati indicati nella specifica
sede di produzione (in realtà neppure risultante), in violazione del principio
di specificità del motivo, posto a pena di inammissibilità: tanto sotto un tale
profilo nell’inosservanza della disposizione dell’art.
366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c. (Cass. 19 agosto 2015, n. 16900; Cass. 18 novembre 2015, n. 23575; Cass. 15 gennaio 2019, n. 777); tanto sotto
quello di omessa confutazione del ragionamento decisorio della Corte
territoriale, nell’inosservanza della prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., esigente
l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno
della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione
delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato
nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008,
n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959;
Cass. 26 settembre 2016, n. 18860);

3. pertanto il ricorso deve essere rigettato, senza
alcun provvedimento sulle spese di giudizio, non avendo le parti vittoriose
svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella
ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass.
s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13,
se dovuto.

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