Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2020, n. 8445

Accertamento ispettivo, Dichiarazioni del lavoratore,
spontanee, inequivocabili e circostanziate, Diversa articolazione dell’orario
di lavoro risultante dai libri, Verbali ispettivi, piena prova fino a querela
di falso, Cartella esattoriale per il pagamento di contributi e premi, l’ente
previdenziale, Gravante sul datore di lavoro l’onere di provare le circostanze
eccettuative dell’obbligazione contributiva

 

Rilevato che

 

1. con sentenza in data 2 giugno 2014, la Corte di
Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza di primo grado che aveva
rigettato l’opposizione a cartella esattoriale, per somme aggiuntive e
sanzioni, per omissioni contributive in riferimento a P.G., dipendente dell’attuale
parte ricorrente, per la prestazione lavorativa nel periodo marzo 2004-novembre
2007, resa a tempo pieno e non part time come denunciato dal datore di lavoro;

2. la fondatezza della pretesa contributiva è
risultata, per la Corte di merito, dall’esito dell’accertamento ispettivo e dal
tenore delle dichiarazioni del lavoratore – spontanee, inequivocabili e
circostanziate in ordine allo svolgimento di cinquantasei ore a settimana –
raccolte nella immediatezza dei fatti dagli ispettori verbalizzanti
contestualmente alle dichiarazioni dello stesso titolare dell’esercizio
commerciale presso il quale il dipendente svolgeva la prestazione di addetto al
bancone, a nulla rilevando, agli effetti del reale assetto del rapporto, la
diversa articolazione dell’orario di lavoro risultante dai libri contabili;

3. avverso tale sentenza M.F. ha proposto ricorso,
affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha
opposto difese l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I.
s.p.a.,con controricorso;

 

Considerato che

 

4. con i motivi di ricorso si deduce violazione
degli artt. 115, 116
cod.proc.civ., violazione dell’art. 2697
cod.civ. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la
Corte di merito attribuito maggiore valenza probatoria, rispetto ad altre
risultanze istruttorie, alle dichiarazioni del lavoratore in sede di
accertamento ispettivo, omettendo immotivatamente di valutare l’intero quadro
istruttorio, comprensivo di prove documentali, e valorizzando, in tal modo,
esclusivamente le dichiarazioni stragiudiziali, con erronea applicazione anche
delle regole di ripartizione dell’onere della prova, per avere esonerato l’INPS
dalla prova rigorosa della pretesa e onerato della prova contraria il datore di
lavoro;

5. il ricorso è da rigettare;

6. le censure, esaminate unitariamente perché
logicamente connesse, additano, nella sostanza, un’errata valutazione del
compendio probatorio e si risolvono nella richiesta di un diverso apprezzamento
degli elementi di fatto, inammissibile in questa sede;

7. spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare
le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto
a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive,
dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze
che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con
la decisione adottata (v., fra le tante, Cass., n.
13485 del 2014);

8. in particolare, quanto alla censura per omesso
esame di un fatto decisivo, a prescindere dal rilievo che si evocano genericamente
atti che si assume trascurati (documentazione notarile sulla trasformazione del
rapporto di lavoro, documentazione contabile, dichiarazione della parte,
dichiarazione del lavoratore in sede testimoniale) vale riaffermare, con le
Sezioni unite della Corte, sentenza n. 8053 del
2014, che alla stregua del novellato vizio di motivazione, applicabile
ratione temporis, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé,
il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante in
causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

9. in sede di legittimità non è data ora (come del
resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente del n. 5
dell’art. 360 cod.proc.civ.) la possibilità di censurare che la prova di un
dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione
di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad
oggetto non già un fatto storico ma la stessa attività di valutazione del
compendio probatorio, che solo al giudice di merito compete;

10. inoltre, con orientamento consolidato questa
Corte afferma che i verbali ispettivi fanno piena prova fino a querela di
falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o
da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni
raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell’ispettore o dei fatti
non percepiti direttamente ma affermati dall’ispettore in base ad altri fatti
(cfr., fra le tante, Cass. n.9632 del 2016) e che tale materiale probatorio è
liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche
considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio
o il concorso di altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori
mezzi istruttori (v., fra le tante, Cass. n. 11934
del 2019);

11. quanto alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod.civ., siffatta doglianza, in
continuità con i numerosi precedenti di questa Corte (v., ex multis, Cass. n.
8554 del 2018), è configurabile, integrando motivo di ricorso per cassazione ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3,
cod.proc.civ., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito
l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata,
secondo le regole dettate da quella norma, mentre laddove la censura sia
incentrata sulla valutazione delle risultanze istruttorie, attività regolata
dagli artt. 115 e 116
cod.proc.civ., il relativo vizio può essere fatto valere, ai sensi del n. 5
del citato articolo 360, del codice di rito,
secondo il paradigma del novellato vizio di motivazione, secondo
l’interpretazione data dalle già richiamate Sezioni unite della Corte (sentenza n. 8053 del 2014 e numerose successivi
conforme);

12. va peraltro riaffermato che, nell’ambito del
processo per opposizione a cartella esattoriale per il pagamento di contributi
e premi, l’ente previdenziale, benché convenuto, riveste la qualità di attore
in senso sostanziale (v., da ultimo, Cass. n. 31704 del 2019 ed i precedenti
ivi richiamati) tuttavia, secondo i principi più volte affermati da questa
Corte, grava sul datore di lavoro l’onere di provare le circostanze
eccettuative dell’obbligazione contributiva, cioè le circostanze in base alle
quali si ricadrebbe nell’ambito di una deroga dell’onere contributivo
ordinariamente previsto (v., fra le altre, Cass.
n. 10448 del 2016);

13. delle regole appena richiamate la Corte territoriale
ha fatto corretta applicazione e a nulla rileva, per incrinare il decisami,
l’intervenuta statuizione di assoluzione, in sede di appello, del P. dal reato
ascrittogli di falsa testimonianza (allegata alla memoria illustrativa dalla
parte ricorrente), posto che, come in narrativa già premesso, la Corte di
merito, nell’esercizio di un potere insindacabile in sede di legittimità, ha
valorizzato esclusivamente, con dovizia di argomentazioni, le dichiarazioni
spontaneamente rese dal lavoratore agli ispettori verbalizzanti;

14. le spese di lite, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza;

15. ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del
2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,comma 1 -bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro
5.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e
altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater, d.P.R.n.115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,comma 1 -bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2020, n. 8445
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