Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 maggio 2020, n. 9194

Infortunio “in itinere”, Concorso di colpa nella causazione
del sinistro stradale, Risarcimento del danno, Decurtazione dell’importo
risarcitorio relativo alla capitalizzazione del danno biologico indennizzato
dall’INAIL

 

Ritenuto che

 

1. G.C. ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati
anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di
Roma che, riformando parzialmente la pronuncia del Tribunale, aveva riconosciuto
il suo concorso di colpa nella causazione del sinistro stradale dal quale gli
erano derivati gravissimi danni alla persona, ed aveva altresì accolto la
censura della G.I. Spa volta ad ottenere il diffalco della prestazione
previdenziale erogata dall’INAIL, in ragione della natura “in
itinere” dell’incidente occorso, dalla somma complessivamente dovuta.

1.2. Hanno resistito gli intimati G.I. Spa (con
controricorso e memoria) e M.B.F.S.I. Spa: quest’ultima ha proposto ricorso
incidentale affidato ad un unico motivo dal quale il ricorrente si è difeso con
controricorso.

1.3 II Procuratore Generale ha depositato
conclusioni scritte.

 

Considerato che

 

Sul ricorso principale.

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 co 1 n° 3 e 4 cpc, la violazione e falsa
applicazione degli artt. 331, 332, 342, 350 e 359 cpc.

Lamenta che l’appellante T.T.A. Spa aveva omesso di
notificare l’atto d’appello a T.A. Spa, società che aveva rivestito la qualità
di parte in primo grado, incorrendo, in tal modo, nella violazione degli artt. 342 e 163 cpc.
Aggiunge che la Corte territoriale non aveva verificato la regolare
costituzione del contraddittorio nel giudizio d’appello, emettendo con ciò una
sentenza nulla.

1.1. Il motivo è infondato.

Il ricorrente lamenta, in sostanza, che l’appello
doveva essere notificato anche alla T.A. Spa, parte del giudizio di primo grado
a seguito di chiamata in causa, ma omette di considerare che il Tribunale aveva
dichiarato il difetto di legittimazione passiva della compagnia (cfr. pag. 3
primo cpv della sentenza impugnata) e che tale statuizione non era stata
oggetto di impugnazione:

ragione per cui, configurandosi un rigetto della
domanda nei confronti della parte chiamata ed essendo la statuizione divenuta
definitiva, il contraddittorio nel grado d’appello risulta correttamente
costituito, anche in assenza di notifica alla parte rispetto alla quale era
stata esclusa la legittimazione, con statuizione definitiva.

1.2. Deve, infatti, escludersi che possa essere
configurato un litisconsorzio necessario fra le due compagnie originariamente
presenti nel processo, trattandosi di cause scindibili rispetto alle quali la
decisione sulla legittimazione di una parte, in difetto di impugnazione,
acquista valore di cosa giudicata (cfr. Cass. 13607/2011).

1.3. E’ stato al riguardo affermato il principio,
pienamente condiviso dal Collegio secondo cui l’obbligazione solidale passiva
non comporta, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause in quanto,
avendo il creditore titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni
debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può
utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, sicché, se
uno solo di essi propone impugnazione (o questa sia formulata nei confronti di
uno soltanto), il giudizio può proseguire senza dover integrare il
contraddittorio nei confronti degli altri, non ricorrendo una delle ipotesi
previste dall’art. 331 c.p.c. “(cfr. Cass.
2854/2016).

2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 360 co 1 n° 3 cpc, la violazione e falsa
applicazione dell’art. 28 I.
990/69, art. 142 D.lvo.
209/2005; art. 1916 c.c. ed artt. 163, 183, 184 cpc nel testo ante D.L.
35/2005.

2.1. Contesta la decurtazione dell’importo
risarcitorio complessivo relativo alla capitalizzazione del danno biologico
indennizzato dall’INAIL, nonostante che l’istituto previdenzaile non fosse
neanche intervenuto in giudizio e che, pertanto, il documento attestante il
pagamento della prestazione provenisse da un soggetto estraneo al giudizio.

2.1. La censura è infondata.

Questa Corte è recentemente intervenuta sulla
questione della compensano lucri cum damno declinata nelle varie ipotesi in cui
al risarcimento del danno si accompagna l’erogazione delle varie provvidenze
specificamente previste dalla legge.

2.2. Circa l’erogazione della rendita INAIL,
corrisposta nei casi in cui il danneggiato abbia subito un infortunio sul
lavoro (nel caso in esame si tratta di sinistro cd. in itinere in quanto si è
verificato mentre il C. stava rientrando a casa, dopo la conclusione del
proprio turno presso l’Ospedale Policlinico Gemelli) è stato affermato che
“in tema di compensatio lucri cum damno, la detrazione dell’attribuzione
patrimoniale occasionata dall’illecito (o dall’inadempimento) dall’ammontare
del risarcimento del danno ad esso conseguente presuppone, sul piano
funzionale, che il beneficio sia causalmente giustificato in funzione di
rimozione dell’effetto dannoso dell’illecito e, sul piano strutturale, che ad
esso si accompagni un meccanismo di surroga o di rivalsa, capace di evitare che
quanto erogato dal terzo al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato
per il responsabile. Deve pertanto detrarsi dall’ammontare del risarcimento
dovuto alla vittima di un incidente stradale, riconosciuto come infortunio in
itinere, il valore capitale della rendita vitalizia erogata dall’Inail, atteso,
per un verso, che tale prestazione, a contenuto indennitario, è volta a
soddisfare, neutralizzandola in parte (con riguardo all’inabilità lavorativa
permanente e, dopo la riforma operata con d.lgs. n.
38 del 2000, anche al danno biologico), la medesima perdita al cui integrale
ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria civilistica; e
considerato, per altro verso, che il sistema normativo in cui essa è inserita
prevede (artt. 1916 c.c. e 142 cod. ass.) un meccanismo di riequilibrio
idoneo a garantire che il terzo responsabile dell’infortunio sulle vie del
lavoro, estraneo al rapporto assicurativo, sia collateralmente obbligato a
restituire all’Inail l’importo corrispondente al valore della rendita per
inabilità permanente costituita in favore del lavoratore assicurato”
(Cass., Sez. Un., 22 maggio 2018, n. 12566).

2.3. La Corte territoriale ha fatto corretta
applicazione di tale principio, affrontando anche la questione, adombrata nella
censura in esame, riguardante sia la tempestività della produzione documentale
attestante l’avvenuta erogazione, sia la provenienza da soggetto terzo rispetto
alle parti processuali (cfr. motivazione pag. 7 cpv. da 1 a 6).

3. Con il terzo motivo, si deduce, infine, ex art. 360 co 1 n° 3 e 5 cpc, la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2056, 1223, 1226, 1227 c.c. nonché degli artt.
112 e 277 cpc.

3.1. Il ricorrente lamenta che la Corte, in assenza
di specifica censura, visto che era stata impugnata soltanto la misura del
tasso di interessi ( 3%) riconosciuta in primo grado:

a. aveva modificato il criterio di determinazione
degli interessi compensativi, sostituendo al riferimento del primo giudice
“alla semisomma fra la sorte già rivalutata e l’entità della sorte
medesima devalutata alla data dell’evento” quello relativo alla
“previa devalutazione della sorte alla data del sinistro e la
rivalutazione anno per anno secondo gli indici ISTAT”;

b. aveva affermato che la data della sentenza di
primo grado segnava il momento finale della liquidazione”.

Assume, al riguardo, che la diversa modalità
applicata era a lui sfavorevole e violava anche il principio secondo il quale
il debito di valore si trasforma in debito di valuta sino alla data della
sentenza definitiva.

3.2. Il primo profilo della censura è infondato.

La doglianza, infatti, difetta in primis di
autosufficienza, in quanto non vengono riportati, nel ricorso, i motivi
d’appello sul punto formulati, al fine di consentire al Collegio di apprezzare
la dedotta ultrapetizione.

In secondo luogo la critica è, comunque, infondata
perché essendo la determinazione degli interessi una parte accessoria del
debito principale, al momento della rideterminazione i giudici d’appello
possono utilizzare criteri diversi rispetto a quelli applicati nella sentenza
di primo grado.

3.3. Al riguardo, vale solo la pena di rilevare che
la censura in esame non prospetta in modo sufficientemente analitico lo
svantaggio che il diverso sistema di computo avrebbe arrecato, visto che viene
meramente enunciata una perdita di € 100.000,00, senza alcuna specifica
dimostrazione del calcolo che darebbe sostegno a tale deteriore
quantificazione; e che, oltre tutto, nel caso di specie i criteri applicati
appaiono pienamente in linea con i quelli, ormai consolidati, affermati da
questa Corte (cfr. Cass. 1712/1995, Cass. 1256/1995; Cass. 3996/2001; Cass.
9036/2016).

3.4. Il secondo profilo di censura , invece, è
fondato.

3.5. Gli interessi compensativi devono infatti
essere determinati con riferimento all’ l’arco temporale decorrente dalla data
del sinistro a quella della pubblicazione della sentenza che ha provveduto ad
accertare l’an debeatur ed a determinare il quantum debeatur. da ciò deriva
che, ove la sentenza d’appello riformi quella di primo grado rideterminando
l’importo dovuto, la quantificazione deve essere ricondotta, relativamente al
termine finale, al momento della sua pubblicazione essendo contrario alla
logica compensativa limitare il conteggio alla data della pronuncia di primo
grado, sostituita da quella che definisce il gravame.

3.6. Il motivo, in parte qua, deve, pertanto, essere
accolto e non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la sentenza andrà
cassata con decisione nel merito: gli interessi compensativi andranno, dunque,
calcolati fino alla data di pubblicazione della decisione qui impugnata
(11.12.2017).

4. Con unico motivo di ricorso incidentale, la
M.B.F.S.I. Spa lamenta, ex art. 360 co 1 n° 3 cpc,
la violazione dell’art. 92 cpc: assume, al
riguardo, che era stato erroneamente rigettato l’appello sulla compensazione
delle spese nonostante che fosse stata dichiarata la propria carenza di
legittimazione passiva in primo grado, con riconoscimento della sua estraneità
ai fatti di causa.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Premesso, infatti, che questa Corte ha affermato il
principio, pienamente condiviso da questo Collegio, secondo cui “la
sentenza definitiva di estromissione dal giudizio di un soggetto privo di
legittimazione passiva ha il valore di una pronuncia di rigetto della domanda
proposta contro tale soggetto, e, quindi, esaurendo nei confronti di questo la
materia del contendere, il giudice deve provvedere al regolamento delle spese
del relativo rapporto processuale” (cfr. Cass. 7625/2013), si osserva che
in assenza di condanna della parte vittoriosa, la decisione di compensazione
del giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità.

4.2. E’ stato, al riguardo, affermato che “in
tema di spese processuali e con riferimento al testo dell’art. 92 cod. proc. civ. nella sua versione
anteriore alla sua sostituzione intervenuta per effetto dell’art. 2, comma primo, lett. a) della
legge 28 dicembre 2005, n. 263 (e succ. modif. ed integr.), la valutazione
dell’opportunità della compensazione totale o parziale delle stesse rientra nei
poteri discrezionali del giudice di merito, senza che sia richiesta una
specifica motivazione al riguardo. Pertanto, la relativa statuizione, quale
espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile
in sede di legittimità, salvo che non risulti violato il principio secondo cui
le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa
ovvero che la decisione del giudice di merito sulla sussistenza dei giusti
motivi ai sensi del citato art. 92 cod. proc. civ.
sia accompagnata dall’indicazione di ragioni palesemente illogiche e tali da
inficiare, per la loro inconsistenza od la evidente erroneità, lo stesso
processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto.” (cfr.
Cass. 22541/2006; Cass. 20457/2011): tale
principio risulta correttamente applicato dalla Corte territoriale che ha
respinto l’appello incidentale proposto (sulla base delle medesime
argomentazioni in questa sede reiterate) riferendosi legittimamente
“all’economia complessiva del giudizio ed alla complessità delle
domande” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).

5. L’esito della controversia, oltre a rendere
opportuno tenere ferma la decisione sulle spese dei gradi merito, consente di
compensare fra le parti quelle del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie parzialmente il terzo motivo di ricorso
principale; rigetta per il resto e dichiara inammissibile il ricorso
incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito, dispone che gli interessi compensativi vengano
liquidati fino alla data di pubblicazione (11.12.2017) della sentenza della
Corte d’Appello di Roma n° 7826/2017.

Spese del giudizio di legittimità compensate.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 maggio 2020, n. 9194
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