Giurisprudenza – CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza 27 maggio 2020, n. 99

Circolazione stradale, Patente di guida, Revoca nei
confronti di coloro che siano sottoposti a misura di prevenzione, Carattere
automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, Violazione dei principi
di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, Illegittimità costituzionale
in parte qua., Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285), art. 120, comma 2, come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della
legge 15 luglio 2009, n. 94 e modificato dall’art. 19, comma 2, lettere a) e b),
della legge 29 luglio 2010, n. 120 e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del
decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59., Costituzione,
artt. 3, 4, 16
e 35.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un giudizio promosso avverso un
provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato in
conseguenza della irrogazione al ricorrente della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale, l’adito Tribunale amministrativo regionale per le Marche
ha sollevato, con l’ordinanza iscritta al n. 144 del reg. ord. 2019, questione
di legittimità costituzionale dell’art.
120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), per contrasto con gli artt. 3, 4, 16 e 35 della Costituzione, nella parte in cui dispone
che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della
patente nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di
prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia,
a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto
2010, n. 136). 

Secondo il rimettente, l’automatismo della revoca
prefettizia del titolo di abilitazione alla guida nei confronti dei soggetti
sottoposti a misure di prevenzione, contrasterebbe con i parametri evocati,
potendo «impedire di fatto all’interessato di svolgere attività lavorativa
lecita per tutto il periodo in cui egli è sottoposto alla sorveglianza speciale
(il che rende la misura ancora più gravosa di quanto abbia inteso configurarla
il giudice penale)».

2.- In altro giudizio, di analogo contenuto, il
Tribunale ordinario di Cagliari, con l’ordinanza iscritta al n. 243 del reg.
ord. 2019, ha sollevato, a sua volta, sostanzialmente identica questione di
legittimità costituzionale dell’art.
120, comma 2, cod. strada, per «contrasto con i principi di eguaglianza,
proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3
Cost., nella parte in cui stabilisce che la misura di prevenzione comporta
in automatico, per qualsiasi soggetto e per qualsiasi ipotesi, il venir meno
dei “requisiti morali” richiesti dalla legge per il possesso del
titolo di guida» e per «sproporzionalità ed irragionevolezza, nonché […]
disparità di trattamento, comportando una forte limitazione della libertà di
circolazione, con conseguente lesione del diritto al lavoro dei destinatari
delle misure di prevenzione, in contrasto con gli artt.
3, 4, 16 e 35 della Costituzione».

3.- Anche il Tribunale ordinario di Reggio Calabria,
con due successive ordinanze, di identico contenuto (iscritte ai numeri 30 e 31
del reg. ord. 2020) – emesse in altrettanti procedimenti di opposizione a
provvedimenti prefettizi di revoca della patente di guida, adottati nei
confronti dei rispettivi ricorrenti in ragione della loro sottoposizione alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale – ha sollevato la medesima questione
di legittimità costituzionale dell’art.
120, comma 2, cod. strada, «per contrasto con l’art.
3 della Costituzione, nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede”
– invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida
nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di
prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 159/2011».

3.1.- Nelle due ultime citate ordinanze, il
Tribunale ordinario di Reggio Calabria revoca in dubbio la legittimità
costituzionale anche del comma 3 del predetto art. 120 «nella parte in cui
prevede […] che “La persona destinataria del provvedimento di revoca non
può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi almeno tre
anni” anche nel caso in cui sopravvenga, prima dello scadere dei tre anni,
un provvedimento giurisdizionale dichiarativo della cessazione dello stato di
pericolosità del medesimo soggetto» per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.

4.- In nessuno dei giudizi costituzionali relativi
alle quattro riferite ordinanze è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri.

Solo nel primo giudizio si è costituita la parte
ricorrente nel processo a quo, per svolgere argomentazioni adesive alla
prospettazione del Tribunale amministrativo regionale rimettente, ad ulteriore
conforto della quale ha richiamato – in memoria – la recente sentenza di questa
Corte n. 57 del 2020, nella parte in cui (al punto 7.2 del Considerato in
diritto) fa riferimento alla «impossibilità di esercitare in sede
amministrativa i poteri previsti nel caso di adozione delle misure di
prevenzione dall’art. 67, comma
5, del d.lgs. n. 159 del 2011, e cioè l’esclusione da parte del giudice
delle decadenze e dei divieti previsti, nel caso in cui per effetto degli
stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla
famiglia».

La difesa di detta parte ha chiesto di decidere la
causa in udienza pubblica con le modalità “da remoto” previste dal
decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, recante misure per
l’emergenza da Covid-19.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per le
Marche, il Tribunale ordinario di Cagliari e il Tribunale ordinario di Reggio
Calabria – con le quattro ordinanze indicate in epigrafe che, per l’identità
del petitum, in parte qua, possono riunirsi per essere congiuntamente esaminate
e decise – sollevano, in riferimento all’art. 3
e (i primi due rimettenti anche) agli artt. 4, 16 e 35 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come
sostituito dall’art. 3, comma 52,
lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica), e come modificato dell’art. 19, comma 2, lettere a) e b),
della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza
stradale) e dall’art. 8, comma 1,
lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle
direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE
concernenti la patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto
«provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida
nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di
prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia,
a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 13 agosto 2010, n. 136).

1.1.- Il Tribunale ordinario di Reggio Calabria
solleva ulteriore questione di legittimità costituzionale del comma 3, del
predetto art. 120, cod. strada,
prospettandone il contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., «nella parte in cui prevede […] che
“La persona destinataria del provvedimento di revoca non può conseguire
una nuova patente di guida prima che siano decorsi almeno tre anni” anche
nel caso in cui sopravvenga, prima dello scadere dei tre anni, un provvedimento
giurisdizionale dichiarativo della cessazione dello stato di pericolosità del
medesimo soggetto».

2.- Preliminarmente va riconosciuta l’ammissibilità
della questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche.

Detto giudice non ignora la consolidata
giurisprudenza della Corte di cassazione – citata anche da questa Corte nella
sentenza n. 22 del 2018 – per cui i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 120 cod. strada, in quanto
incidenti su diritti soggettivi e non inerenti a materia di giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, sono riservati alla cognizione del
giudice ordinario.

Ma – richiamando quanto al riguardo già rilevato
nella precedente ordinanza dello stesso TAR Marche (che ha dato luogo alla
sentenza di questa Corte n. 24 del 2020: su cui infra, punto 4.2.), nella quale
si prospetta che l’auspicata discrezionalità del provvedimento di revoca della
patente possa rendere la posizione soggettiva, da esso incisa, di interesse legittimo
– il rimettente fornisce, con ciò, una non implausibile, ancorché opinabile,
motivazione, idonea ad escludere che nella specie la giurisdizione del giudice
amministrativo possa ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente.

3.- In via ancora preliminare, va dichiarata la
manifesta inammissibilità, per irrilevanza, della (seconda) questione sollevata
dal Tribunale di Reggio Calabria, avente ad oggetto il comma 3 dell’art. 120 cod. strada.

E ciò in quanto i giudizi a quibus hanno ad oggetto
non un provvedimento di diniego del rilascio di «una nuova patente di guida»
prima del decorso del triennio da detta norma previsto, bensì, a monte, un
provvedimento di revoca della patente adottato nei confronti del soggetto che
ne era in precedenza titolare, in ragione della sua sottoposizione a misura di
prevenzione. Fattispecie, quest’ultima, cui unicamente, appunto, si rivolgono
le censure dei ricorrenti per il profilo dell’automatismo di detta revoca.

4.- Ciò premesso, la questione è fondata.

4.1.- Il novellato art. 120 cod. strada, sotto la
rubrica «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di
cui all’articolo 116», nel
suo comma 1, menziona, tra i soggetti che «[n]on possono conseguire la patente
di guida» anche «coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di
prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423», recante «Misure di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la
pubblica moralità» (legge poi abrogata dall’art. 120, comma 1, lettera a) del
già citato d.lgs. n. 159 del 2011, che ha disciplinato ex novo le misure di
prevenzione).

E dispone, al comma 2, che «se le condizioni
soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo
intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca
della patente di guida».

4.2.- Il comma 2 della suddetta disposizione è già
stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 22 del 2018,
«nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui
agli artt. 73 e 74 del decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza),
che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida –
dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può
provvedere” – alla revoca della patente».

Ciò in base alla considerazione che «[l]a
disposizione denunciata – sul presupposto di una indifferenziata valutazione di
sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di
abilitazione alla guida – ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo
effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non
sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa
riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve,
entità». E anche in considerazione della contraddizione insita nel fatto che «-
agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur
si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso
identicamente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice
penale ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il
ritiro della patente, il prefetto invece ha il “dovere” di disporne
la revoca».

4.3.- Con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo
stesso comma 2 dell’art. 120 cod.
strada è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo «nella parte in
cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può
provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro
che sono sottoposti a misura di sicurezza personale».

Anche in questo caso l’automatismo della revoca
della patente, da parte del prefetto, è stato, infatti, ritenuto contrario a
principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, attesa la varietà
(per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza irrogabili,
oltrechè contradditorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di
sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di sicurezza, “può”
consentire al soggetto che vi è sottoposto di continuare – in presenza di
determinate condizioni – a fare uso della patente di guida.

5.- Ragioni analoghe a quelle poste a base delle
sentenze n. 22 del 2018 e n. 24 del 2020 ricorrono con riguardo all’automatismo
della revoca, in via amministrativa, della patente di guida, prevista, dal
medesimo comma 2 dell’art. 120
cod. strada, a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di
prevenzione.

Anche dopo la sentenza di questa Corte n. 24 del
2019 – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera c), del
d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabiliva l’applicabilità delle
misure di prevenzione a «coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi
di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi» – le categorie dei
destinatari delle misure in questione, elencate nello stesso art. 4 (e progressivamente
incrementate dalla legislazione successiva), restano assai variegate ed
eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune.

Possono essere, infatti, sottoposti a misure di
prevenzione soggetti condannati o indiziati per ipotesi delittuose di
differenti gravità – che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come
quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso
pericolo sociale – ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di
vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente,
anche in parte, con i proventi di attività delittuose» (art. 1, lettera b, del d.lgs. n. 159
del 2011).

E tale diversità delle fattispecie, che rilevano
come indice di pericolosità sociale, coerentemente si riflette, sul piano
giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente
modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 159 del 2011).

Dal che, anche riguardo a tali misure,
l’irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, cod. strada,
che ricollega in via automatica a tale varietà e diversa gravità di ipotesi di
pericolosità sociale, l’identico effetto di revoca prefettizia della patente di
guida. Effetto, quest’ultimo, suscettibile, per di più, di innescare un corto
circuito all’interno dell’ordinamento, nel caso in cui l’utilizzo della patente
sia funzionale alla «ricerca di un lavoro» che al destinatario della misura di
prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 159
del 2011. Per il vulnus che ne deriva all’art.
3 Cost. (assorbita restando ogni altra censura), la disposizione denunciata
va, pertanto, dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui
dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca
della patente di guida nei confronti dei soggetti sottoposti alle misure di
prevenzione personale di cui al d.lgs. n. 159 del
2011.

Il carattere non più automatico e vincolato del
provvedimento prefettizio, che ne consegue, è destinato a dispiegarsi non già,
ovviamente, sul piano di un riesame della pericolosità del soggetto
destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di
necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via
amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso
concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non
contraddire l’eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito
lavorativo, che la misura stessa si proponga.

 

P.Q.M.

 

Riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica), e come modificato dall’art.
19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010, n. 120
(Disposizioni in materia di sicurezza stradale) e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del
decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti
la patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» –
invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti
dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi
del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159
(Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove
disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto
2010, n. 136);

2) dichiara manifestamente inammissibile la questione
di legittimità costituzionale dell’art.
120, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.,
dal Tribunale ordinario di Reggio Calabria, con le ordinanze indicate in
epigrafe.

 

Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 03
giugno 2020, n. 23

Giurisprudenza – CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza 27 maggio 2020, n. 99
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