Con riferimento alla fattispecie di cessione di ramo di azienda dichiarata inefficace, la Cassazione ha stabilito che, in mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2112 c.c., il pagamento delle retribuzioni da parte del cessionario, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente all’accertamento di tale mancanza ed alla messa a disposizione delle energie lavorative in favore dell’alienante da parte del prestatore, “non produce effetto estintivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa. L’invalidità della cessione, infatti, determina l’istaurazione di un diverso ed autonomo rapporto di lavoro, in via di mero fatto, con il cessionario” (così, Cass. ord. n. 9094/2020 e Cass. ord. n. 9093/2020; v. anche Cass. SU. n. 2990/2018, annotata in questo sito da A. TAGLIAMONTE, Illecita interposizione di manodopera e natura delle somme spettanti al lavoratore; Cass. n. 21160/2019 e n. 21158/2019). Si veda anche Cass. n. 7977/2020, relativamente al caso di un dipendente ceduto poi licenziato collettivamente dal cessionario, per cui il cedente aveva eccepito, nel giudizio in cui il lavoratore aveva chiesto il pagamento della retribuzione, anche la cessazione comunque del rapporto di lavoro, ritenuta viceversa irrilevante dalla Corte, in base alla regola sopra indicata.

V. D. B.

Inefficacia della cessione di azienda: conseguenze
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