Le somme indebitamente percepite dal lavoratore devono essere restituite al datore di lavoro al netto delle ritenute fiscali operate al momento della erogazione. Al datore di lavoro spetta un credito di imposta pari al 30% delle somme restituite utilizzabile in compensazione senza i limiti di cui all’art. 17 del D.LGS. n. 241/1997.

 Marialuisa De Vita

Il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto “Rilancio”) contiene non poche disposizioni di natura fiscale. Tra queste, si segnala la misura prevista dall’art. 150, con cui il Legislatore ha inteso definitivamente risolvere la questione, più volte sottoposta all’attenzione della giurisprudenza, circa le modalità di restituzione (al lordo o al netto delle ritenute) delle somme indebitamente percepite dal lavoratore. È tipicamente il problema che si pone nel caso in cui un lavoratore abbia ricevuto una somma dal datore di lavoro in esecuzione di una sentenza di condanna, successivamente riformata e debba, pertanto, restituirla.

In base ad un orientamento divenuto ormai prevalente, la Corte di Cassazione ha risolto la questione (cfr. Cass. 7 dicembre 2018, n. 31766; Cass. ord. 11 gennaio 2019, n. 517; Cass. 12 giugno 2019, n. 15755):

– da un lato, affermando la regola della restituzione al netto delle ritenute in virtù del principio per cui il lavoratore è tenuto a restituire solo le somme effettivamente entrate nella sua sfera patrimoniale (v. in questo sito M. DE VITA, Esclusa la possibilità per il datore di lavoro di chiedere al lavoratore la restituzione di somme al lordo delle ritenute fiscali, nota a Cass. 7 dicembre 2018, n. 31766; ID., Le somme percepite in eccesso dal lavoratore dipendente devono essere restituite al datore di lavoro al netto delle ritenute fiscali, nota a Cass. (ord.) 11 gennaio 2019, n. 517);

– dall’altro, riconoscendo al datore di lavoro il diritto al rimborso delle ritenute versate, esercitabile entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna del lavoratore alla restituzione.

Così statuendo, i giudici di legittimità hanno escluso l’applicazione della disciplina posta dall’art. 10, co. 1 lett. d-bis) TUIR che, come noto, prevede la possibilità per il lavoratore di recuperare le imposte versate sulle somme restituite attraverso il meccanismo delle deduzioni a condizione che la restituzione sia avvenuta al lordo e non al netto delle ritenute fiscali.

L’art. 150 del D.L. n. 34 del 2020 disciplina e consolida questo assetto, inserendo nell’art. 10 TUIR il co. 2-bis ai sensi del quale le somme restituite al soggetto erogatore, “se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili”.

La disposizione in esame ha poi previsto in favore del soggetto erogatore (sostituto di imposta) la possibilità di usufruire, in luogo del rimborso, di un credito di imposta pari al 30% delle somme ricevute, utilizzabile in compensazione senza i limiti di cui all’art. 17, D.LGS. n. 241/1997. Tale beneficio è stato introdotto al fine di consentire al soggetto erogatore un più veloce recupero delle somme versate a titolo di ritenute fiscali e non restituite dal lavoratore (sostituito).

Posto che il Decreto “Rilancio” non ha però abrogato l’art. 10, co. 1, lett. d-bis) TUIR, si deve ritenere che la disciplina introdotta dall’art. 150 si applicherà solo nel caso in cui le somme restituite dal lavoratore siano state previamente assoggettate a tassazione tramite ritenuta; negli altri casi resta ferma la possibilità per il lavoratore di recuperare le somme restituite attraverso il meccanismo delle deduzioni ex art. 10, co. 1, lett. d-bis) TUIR.

Il nuovo regime si applica alle somme restituite a decorrere dal 1° gennaio 2020 con esclusione dei rapporti che risultano già definiti al 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto).

Decreto Rilancio: le somme indebitamente percepite dal lavoratore devono essere restituite al datore di lavoro al netto delle ritenute subite
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