Prassi – FONDAZIONE STUDI CDL – Comunicato 15 giugno 2020

Covid-19, datori in regola ancora non esclusi dal penale

 

La norma contenuta nel Decreto Liquidità non risolve
il problema – da più parti sollevato – relativo all’inevitabile coinvolgimento
in un procedimento penale del datore di lavoro che abbia adempiuto a tutte le
prescrizioni in materia di prevenzione del contagio da Covid-19. Infatti, il
precetto in parola contiene soltanto una generica affermazione di principio, ma
non prevede un meccanismo che in qualche modo metta al riparo il datore di
lavoro – il quale, in base ai primi accertamenti, è risultato aver applicato le
prescrizioni contenute nei Protocolli di sicurezza e di prevenzione – dal
rischio di essere sottoposto a un procedimento penale. Rimangono, dunque,
irrisolte, nonostante l’intervento legislativo, due questioni cruciali: quella
secondo cui nei confronti del datore di lavoro dovrà comunque essere instaurato
un procedimento penale allo scopo di accertare se questi abbia correttamente
adottato le misure racchiuse nei Protocolli; quella secondo cui il datore di
lavoro, sebbene abbia adempiuto alle prescrizioni, sarà in ogni caso
destinatario di una imputazione (cd. “provvisoria”). In definitiva, con la
norma introdotta dalla legge di conversione è stata adottata una formula di
compromesso – anche lessicale – che non garantisce al datore di lavoro
“virtuoso” una tutela a tenuta stagna perfetta.

È stata, in altre parole, creata una norma
“imperfetta”, nella quale ad una premessa (il rispetto delle regole) non segue
una conclusione che riguardi la posizione del datore di lavoro rispetto al
procedimento penale. Non si parla, infatti, di “esenzione da responsabilità”,
di “non punibilità” o di “improcedibilità”. Peraltro, a tale mancanza non può
porsi rimedio con il rinvio al contenuto dell’ultima circolare Inail in materia
(n. 22/2020), considerato il valore meramente
interpretativo della stessa. È, dunque, evidente che, con un ordito normativo
così incompleto, l’intervento del Giudice sarà ancora più necessario e ciò
dimostra, appunto, che non è stato affrontato e risolto il problema posto
all’inizio. È vero che è stato inserito il richiamo ad una norma generale (l’articolo 2087 del codice civile) – il cui
rispetto, secondo la giurisprudenza elaborata dalla Corte di Cassazione in
materia antinfortunistica, colloca la condotta del datore di lavoro nell’ambito
della liceità, in quanto da quest’ultimo non può “esigersi” più di quanto abbia
fatto – ma questo non impedirà l’instaurarsi di un procedimento penale. Non è,
infatti, stato previsto che gli ispettori – chiamati a svolgere un accertamento
in caso di segnalazione di contagio – non debbano trasmettere la relazione alla
Procura della Repubblica, soprattutto nell’ipotesi in cui è stata riscontrata
la corretta applicazione delle prescrizioni. Quindi, tutto procederà come
prima, con il coinvolgimento del datore di lavoro “adempiente” in un
procedimento penale da cui, invece, dovrebbe essere tenuto indenne ab origine.
In definitiva, è stata adottata una soluzione, la cui forma – peraltro carente
– non ha mutato la sostanza.

Prassi – FONDAZIONE STUDI CDL – Comunicato 15 giugno 2020
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: