Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 giugno 2020, n. 11895

Sanzioni sulla contribuzione, Ipotesi di omissione,
Reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento ex art. 18 della L. n. 300/1970
– Distinzione, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra nullità o inefficacia
del licenziamento e annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o
giustificato motivo, Oggetto di una sentenza costitutiva, Datore di lavoro
non soggetto a tali sanzioni, Disciplina della “mora debendi” nelle
obbligazioni pecuniarie

 

Considerato in fatto

 

1. La Corte d’appello di Roma, per quel che ancora
rileva, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha affermato che non
erano dovute dall’INPGI le sanzioni sulla contribuzione da versare relativa al
periodo tra il licenziamento del dipendente C.P. del dicembre 1997 e la
sentenza di reintegra e invece, dovevano essere corrisposte con riferimento
alla contribuzione per il periodo dalla sentenza di reintegra alla definitiva
cessazione del rapporto di lavoro con il P. per intervenuta transazione del
febbraio 2002, sanzioni da calcolarsi con riferimento all’ipotesi per omissione
e non dell’evasione contributiva.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps.

Resiste l’INPGI che deposita anche memoria ex art. 378 cpc.

 

Ritenuto in diritto

 

3. Con il primo motivo l’Inps denuncia violazione
dell’art. 116, commi 8 e 9, L. n. 388/2000
in connessione con l’art. 18
L. n. 300/1970.

Censura la sentenza per aver ritenute non dovute le
sanzioni sulla contribuzione dal licenziamento alla reintegra. Deduce che, in
forza del quarto comma dell’art. 18, nel testo sostituito dalla legge n. 118
del 1990, in caso di declaratoria dell’illegittimità del licenziamento sorgono
a carico del datore di lavoro due obbligazioni, quella del risarcimento del
danno in favore del lavoratore e quella dei pagamento della contribuzione in
favore dell’ente previdenziale. Il parallelismo tra le due obbligazioni impone
di ritenere che la contribuzione previdenziale deve essere accreditata mese per
mese, al pari della retribuzione, e ciò anche affinché il lavoratore non perda
la naturale redditività della contribuzione. Deduce ancora che la fictio iuris
di continuità del rapporto di lavoro, desumibile dall’art. 18 cit., opera anche
per gli aspetti previdenziali, in quanto, ove così non fosse, i contributi dovrebbero
essere accreditati al lavoratore solo sul mese della reintegrazione, anziché
mese per mese come impone il principio di neutralità economica del
licenziamento illegittimo.

4. Il ricorso è infondato.

Premesso che il licenziamento nella specie è stato dichiarato
illegittimo per impossibilità sopravvenuta, vanno qui richiamati i principi
espressi dalla sentenza resa dalle Sezioni unite di questa Corte il 18 settembre 2014, n. 19665, alla quale
va prestata adesione e data continuità.

Il principio di diritto, espresso nella citata
sentenza, è nel senso che: “in tema di reintegrazione del lavoratore per
illegittimità del licenziamento, ai sensi dell’art. 18 della legge 20 maggio
1970, n. 300, anche prima delle modifiche introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 (nella specie,
inapplicabile “ratione temporis”), occorre distinguere, ai fini delle
sanzioni previdenziali, tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è
oggetto di una sentenza dichiarativa, e l’annullabilità del licenziamento privo
di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza
costitutiva: nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che ricostruire la
posizione contributiva del lavoratore “ora per allora”, deve pagare
le sanzioni civili per omissione ex art.
116, comma 8, lett. a, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; nel secondo
caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione
la comune disciplina della “mora debendi” nelle obbligazioni
pecuniarie, fermo che, per il periodo successivo all’ordine di reintegra,
sussiste l’obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli
arretrati, sicché riprende vigore la disciplina ordinaria dell’omissione e
dell’evasione contributiva”.

5. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con compensazione delle spese processuali avuto riguardo
all’affermazione dei principi di diritto qui applicati solo in epoca successiva
alla proposizione del ricorso . Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla
data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art 13 , comma 1 quater, dpr n.
115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, compensa le spese processuali.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

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