Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 giugno 2020, n. 12035

Accertamento ispettivo, Verbale di conciliazione giudiziale,
Somma a titolo di risarcimento danni

 

Fatti di causa

 

1. la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza
del Tribunale di Rieti che aveva rigettato l’opposizione proposta da M. s.r.l.
avverso la cartella di pagamento emessa dal Servizio riscossione tributi di
Rieti s.p.a., avente ad oggetto contribuzione INPS relativa a lavoratori
dipendenti.

2. La Corte territoriale rigettava il motivo di
appello con il quale la società valorizzava a fini ostativi della pretesa
contributiva la circostanza che una delle lavoratrici cui si riferiva
l’accertamento ispettivo del 23/4/2001 da cui scaturiva la cartella opposta, a
fronte della corresponsione di una somma a titolo di risarcimento danni aveva
rinunciato, con verbale di conciliazione giudiziale del 12/5/2009, ai propri
diritti di natura retributiva. I giudici d’appello richiamavano due arresti di
questa Corte (Cass. n. 17495 del 2009 e n.
6001 del 2012) ed argomentavano che la transazione intervenuta tra datore di
lavoro e lavoratore non era opponibile all’istituto previdenziale e non
incideva sul credito contributivo derivante dalla legge, in relazione all’accertamento
dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato non compiutamente
regolarizzato e non correttamente retribuito.

3. Per la cassazione della sentenza M. s.r.l. ha
proposto ricorso, affidato ad un motivo; Equitalia sud s.p.a., già Servizio
riscossione tributi Rieti s.p.a., non ha opposto attività difensiva; l’INPS,
anche per S.C.C.I. s.p.a., ha depositato procura speciale in calce alla copia
notificata del ricorso.

4. M. s.r.l. ha depositato anche memoria ex art. 380 bis. 1.c.p.c..

 

Ragioni della decisione

 

5. a fondamento del ricorso M. s.r.l. deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del T.U. n. 1124/1965.

Sostiene che la giurisprudenza di legittimità
richiamata dalla Corte territoriale si sarebbe formata sul testo dell’articolo 29 anteriore alla
modifica operata dall’articolo 6
del d.lgs n. 314 del 1997, la quale impone di ritenere redditi di lavoro
dipendente a fini contributivi quelli di cui all’articolo 46 comma 1 del TUIR, allo
scopo di assimilare l’imponibile contributivo all’imponibile fiscale, e che
attualmente l’art. 29 comma 4
lettera c) del suddetto T.U. n. 1124 del 1965 esclude dalla base imponibile
a fini contributivi «i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa,
a titolo di risarcimento danni».

6. Sostiene – in subordine – che al più potrebbe
ritenersi l’assoggettabilità a contribuzione della sola somma oggetto della
conciliazione giudiziale, pari ad € 19.500,00, molto inferiore a quella oggetto
dell’accertamento INPS, considerato che nessun altro importo ha percepito la
lavoratrice.

7. Il motivo non è fondato.

La soluzione secondo la quale in tema di obblighi
previdenziali la transazione con cui il lavoratore ed il datore di lavoro
abbiano definito la controversia in ordine all’obbligazione retributiva non
spiega efficacia sulla distinta ed autonoma obbligazione contributiva,
derivante dalla legge, che fa capo all’INPS, è stata ribadita ancora di recente
da questa Corte (Cass. n. 8662 del 28/03/2019).

8. Essa trova fondamento nel principio, richiamato
in numerosi arresti (v. in particolare, Cass.
04/08/2017 n. 19587, Cass. 23/11/2017 n. 27933,
Cass. 05/02/2014 n. 2642; Cass. 17/04/2012 n. 6001, Cass. 23/09/2010 n. 20146), dell’autonomia tra il
rapporto di lavoro e il rapporto previdenziale, che è giuridicamente distinto
dal primo, fa capo ad un soggetto terzo rispetto al rapporto di lavoro e si
connota per la presenza di profili pubblicistici, elementi questi che escludono
che di esso possano disporre le parti del rapporto di lavoro. L’obbligazione
previdenziale sorge, infatti, con l’instaurarsi del rapporto lavorativo, ma è
da esso autonoma e distinta, sussistendo indipendentemente dal fatto che le
obbligazioni retributive nei confronti del lavoratore siano state in tutto o in
parte soddisfatte, ovvero che quest’ultimo abbia rinunciato ai suoi diritti.

9. Non si discute quindi nel caso di
assoggettabilità (o meno) a contribuzione dell’importo stabilito nell’accordo
transattivo, ma della possibilità dell’istituto previdenziale di far valere
sulla base di un titolo diverso la propria pretesa contributiva in relazione al
rapporto di lavoro oggetto di transazione.

10. In coerenza con tale linea argomentativa, questa
Corte ha affermato che, stante l’insensibilità dell’obbligazione contributiva
agli effetti della transazione, l’INPS può azionare il credito contributivo
provando – con qualsiasi mezzo ed anche in via presuntiva, sulla base dello
stesso contratto di transazione e del contesto dei fatti in cui è inserito – le
somme assoggettabili a contribuzione spettanti al lavoratore (Cass. 17/02/2014 n. 3686; Cass. 28/07/2009 n. 17495).

11. Nel caso, nessun rilievo ostativo alla pretesa
contributiva assumeva quindi la transazione intervenuta tra le parti, non
essendo posta in discussione la spettanza della retribuzione assunta dall’Inps
a parametro per la commisurazione dei contributi richiesti con la cartella
opposta, a nulla rilevando, per la sopra ribadita autonomia del rapporto
contributivo rispetto al rapporto di lavoro, se essa sia stata in concreto
corrisposta o meno.

12. Segue coerente il rigetto del ricorso.

13. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in
assenza di attività difensiva delle parti intimate.

14. L’esito del giudizio determina la sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 giugno 2020, n. 12035
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: