Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2020, n. 8443

Contratto a tempo determinato, Proroga, Forma scritta,
Esclusione, Onere per il datore di lavoro di provare le ragioni obiettive che
giustifichino la proroga, Compatibilità con il diritto comunitario,
Fondamento

Rilevato che

1. con sentenza in data 16 gennaio- 14 febbraio 2014
nr 1 la Corte d’appello di Trento confermava le sentenze (non definitiva e
definitiva) del Tribunale della stessa sede nella parte in cui avevano accolto
la domanda proposta da D.D.P. dipendente a termine della provincia autonoma di
Trento nel periodo dal 24 marzo 2004 al 10 ottobre 2011 , per la dichiarazione
di nullità della proroga del termine disposta in data 8 marzo 2005 e condannato
la Provincia al risarcimento del danno; le riformava in punto di
quantificazione del danno, riducendone l’ammontare.

2. La Corte territoriale in via preliminare
confermava il rigetto della eccezione di decadenza ex articolo 32 legge 183/2010 per
tardività della dalla impugnazione stragiudiziale. Esponeva che la Provincia
non contestava di avere ricevuto una raccomandata in data 12 dicembre 2011-
spedita nei sessanta giorni di legge- ma lamentava: che la copia del documento
di ricevimento della raccomandata prodotta dalla lavoratrice era illeggibile
e  che non risultava il nome del
mittente; che non vi erano elementi per collegarla alla nota stragiudiziale di
impugnazione; che il Tribunale non avrebbe dovuto autorizzare la produzione
tardiva del documento originale.

3. Il motivo era infondato, in quanto la produzione
dell’originale era tempestiva rispetto alla eccezione della Provincia, che
riguardava non la tempestività della impugnazione ma un aspetto formale.

4. La eccezione, peraltro, era infondata anche nel
merito, in quanto spettava al destinatario l’onere di provare che la
raccomandata non conteneva alcuna comunicazione o che, comunque, conteneva una
comunicazione diversa .

5. Del pari era infondato il motivo d’appello riguardante
l’accertamento della nullità della proroga del termine disposta con atto dell’8
marzo 2005. La nullità era stata dichiarata dal Tribunale non solo per la
mancata indicazione della ragione oggettiva della proroga ma anche perché non
vi era prova che la nota del dirigente della Provincia del 22 febbraio 2005,
che indicava le ragioni delle proroga, fosse stata portata a conoscenza della
lavoratrice. Pertanto tale nota non colmava la omessa indicazione della ragione
oggettiva della proroga, che la Provincia aveva l’onere di provare,
applicandosi il D.Lgs. 368/2001 (per quanto
disposto dall’articolo 35,
comma 9, contratto collettivo di lavoro per il personale delle autonomie
locali, non derogato dalla legge provinciale nr.10/2006).

6. La provincia appellava, inoltre, il capo della
sentenza con cui era stata condannata a risarcire il danno, liquidato nella
misura del 20% delle retribuzioni percepite dalla prima scadenza del termine
alla cessazione del rapporto, oltre accessori; assumeva che il danno
risarcibile era unicamente quello relativo al cd. interesse negativo, il cui
onere della prova era a carico del lavoratore. Anche tale ragione di
impugnazione era infondata: la prova gravante sulla lavoratrice sarebbe stata
eccessivamente difficile, così da non garantire una adeguata tutela avverso l’
abuso del contratto a termine.

7. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, articolato in tre motivi, cui ha
resistito con controricorso D.D.P..

8. La PROVINCIA ha depositato memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo la P. ricorrente ha dedotto
violazione e/o falsa applicazione degli articoli
414 e 416 cod.proc.civ. e dell’articolo 32, comma quattro, legge
183/2010, in relazione al rigetto della eccezione di decadenza dalla
impugnazione del termine.

2. Ha esposto di avere eccepito che dalla
documentazione prodotta dalla lavoratrice si evinceva unicamente la ricezione
in data 12 dicembre 2011 di una raccomandata, che era stata consegnata
all’ufficio postale il 9 dicembre 2011 mentre mancava ogni indicazione del
mittente e del contenuto della raccomandata, elementi necessari a provare che
la raccomandata conteneva la nota di impugnazione stragiudiziale.

3. Ha assunto che nessuna efficacia sanante poteva
assumere la produzione tardiva dell’originale dell’avviso di ricevimento
(“prova di consegna”) della raccomandata, in quanto la ricorrente
avrebbe dovuto provvedere alla produzione sin dal deposito del ricorso di primo
grado.

4. Ha in ogni caso dedotto che il termine di
impugnazione stragiudiziale doveva essere computato in ragione della data di
ricevimento della raccomandata da parte del datore di lavoro; la decadenza era
dunque comunque maturata, essendo decorsi a tale data i sessanta giorni
previsti dall’articolo 32 legge
183/2010.

5. Il motivo è infondato.

6. Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto
tempestiva la produzione del documento che provava il rispetto del termine di
decadenza.

7. Questa Corte ha chiarito,infatti, che la
decadenza di cui all’articolo 32
legge 183/2010 è rilevabile soltanto su eccezione di parte, trattandosi di
diritto disponibile (Cfr. Cass., sez. lav., 23
settembre 2011, n. 19406; Cass., sez. lav., 29 luglio 2002, n. 11180; Cass.
sez. VI, 10 gennaio 2017, n. 349). Ne consegue che soltanto dal momento della
costituzione della PROVINCIA e per effetto della proposizione della relativa
eccezione (e non sin dal momento del deposito del ricorso introduttivo) sorgeva
l’onere della lavoratrice ricorrente di documentare la spedizione tempestiva
della raccomandata di impugnazione stragiudiziale del termine. Resta, dunque,
priva di rilievo la circostanza che la copia dell’avviso di ricevimento
prodotta con il ricorso introduttivo fosse illeggibile quanto al mittente.

8. Correttamente la Corte territoriale ha inoltre
affermato che l’onere di provare che la raccomandata non conteneva la nota di
impugnazione stragiudiziale del termine cadeva a carico della PROVINCIA; trova,
infatti, applicazione il principio, più volte enunciato da questa Corte, di
presunzione della coincidenza di contenuto tra l’atto prodotto dalla parte e
quello ricevuto dalla controparte a mezzo raccomandata ( salva la prova da
parte del destinatario del contenuto diverso di quanto ricevuto; ex plurimis:
Cassazione civile sez. VI, 03/10/2018, n.24149; Cass. civ. sez. I, 28/09/2017
nr. 22687; Cass. n. 10630 del 22/05/2015; Cass. 23920/2013 e 15762/2013).

9. Da ultimo, la statuizione impugnata è conforme a
diritto anche laddove ha affermato che il momento rilevante ai fini
dell’impedimento della decadenza di cui all’articolo 32 legge 183/2010 è la
spedizione della raccomandata di impugnazione stragiudiziale ( cfr. Cass. civ. sez. Unite 14 aprile 2010 nr. 8830; Cassazione civile sez. lav., 20/03/2015, n.5717 )
sicchè è alla data di spedizione che occorre fare riferimento per verificare il
rispetto del termine di sessanta giorni fissato dalla norma.

10. Con il secondo motivo la PROVINCIA AUTONOMA DI
TRENTO ha dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4 D.Lgs. 368/2001,
dell’articolo 1, comma cinque, Legge provinciale nr. 10/2006, dell’articolo 37,
comma 5-bis , Legge provinciale nr. 7/1997, dell’articolo 23,comma quindici,
legge provinciale nr. 4/2009.

11. E’ oggetto di censura la statuizione di nullità
della proroga del termine.

12. La PROVINCIA ha dedotto che l’articolo 4 del D.Lgs. 165/2001
non richiede per la proroga del termine l’atto scritto a pena di nullità,
limitandosi a gravare il datore di lavoro della prova in giudizio della
esistenza delle ragioni che la giustificano; pertanto non sussiste alcun onere
di formalizzare per iscritto la ragione oggettiva della proroga. Per le stesse
ragioni la Provincia non era tenuta a dimostrare che la nota del 22 febbraio
2005, con  la quale il dirigente aveva
chiesto la proroga indicandone per iscritto le ragioni, fosse stata portata a
conoscenza del lavoratore.

13. La Provincia ha altresì dedotto la legittimità
delle proroghe successive- ai sensi della legge provinciale nr. 10/2006 (
articolo 1 commi cinque e sei)- e del periodo di durata complessiva- ai sensi
dall’articolo 37, comma cinque bis, legge provinciale nr. 7/1997- questioni
rimaste assorbite nella sentenza impugnata a seguito della dichiarazione di
illegittimità della prima proroga.

14. La censura è inammissibile nella parte in cui si
introducono in questa sede le questioni non esaminate nella sentenza impugnata
perché assorbite.

15. Il motivo, nella parte in cui contesta la
statuizione resa sulla prima proroga del termine, è invece fondato.

16. Questa Corte ha infatti chiarito (Cassazione civile sez. lav., 21/01/2016, n.1058 )
che l’art. 4 del d.lgs. n. 368
del 2001, «ratione temporis» applicabile, non impone la forma scritta per
la proroga del contratto a tempo determinato, fermo, in ogni caso, l’onere per
il datore di lavoro di provare le ragioni obiettive che giustifichino la
proroga.

17. Il meccanismo previsto non risulta in contrasto
con la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato,
che, come affermato dalla Corte di Giustizia (sentenza
26 gennaio 2012, C-586/10), mira a limitare il ricorso a una successione di
contratti o rapporti a tempo determinato attraverso l’imposizione agli Stati
membri dell’adozione anche soltanto di una delle misure in essa enunciate.

18. La Corte territoriale avendo …reputato la
illegittimità della proroga dell’8 marzo 2005 per mancata indicazione in forma
scritta delle ragioni della proroga non si è conformata al principio innanzi
esposto; ha altresì confuso il requisito formale (come si è detto non richiesto
dal legislatore) con il diverso onere di allegare e di provare, all’interno del
processo, la sussistenza di ragioni obiettive giustificative della proroga del
termine.

19. La sentenza impugnata va pertanto cassata in
accoglimento del secondo motivo di ricorso, respinto il primo. Resta assorbito
il terzo motivo, con il quale si censura sotto il profilo della violazione di
legge e del vizio di motivazione, il capo della sentenza relativo al
risarcimento del danno . La causa va rinviata alla Corte di Appello di Trento
in diversa composizione affinchè provveda ad un nuovo esame della dedotta illegittimità
della proroga alla luce del principio di diritto qui ribadito.

20. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla
liquidazione delle spese del presente grado

 

P.Q.M.

 

accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il
primo; dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia- anche per le spese- alla Corte d’appello di Trento in
diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2020, n. 8443
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: