Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2020, n. 12608

Inps, Prestazione assistenziale, Somme indebitamente
percepite, Restituzione, Superamento dei limiti reddituali

 

Considerato che

 

la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello proposto
dall’Inps avverso la sentenza che aveva accolto la domanda di C.G. con la quale
chiedeva accertarsi il diritto a non restituire le somme indebitamente
percepite dall’ente previdenziale in relazione ad una prestazione assistenziale
(assegno sociale) per superamento dei limiti reddituali.

La Corte sosteneva che per l’indebito assistenziale
valesse la regola generale prevista dal codice civile all’articolo 2033 c.c. e cioè della possibilità di
richiedere la restituzione dell’indebito. Nel caso di specie l’appellato godeva
della prestazione assistenziale della pensione AS e successivamente a seguito
della morte della moglie anche della pensione di reversibilità; ciò aveva
comportato il superamento della soglia di reddito e la decurtazione della
pensione AS .

Contro la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione C.G. con un motivo; l’Inps ha depositato la procura in calce alla
copia notificata del ricorso. E’ stata comunicata alle parti la proposta del
giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio non partecipata.

 

Rilevato che

 

1.- Con l’unico motivo di ricorso è stato dedotta
l’errata applicazione dell’art. 13
legge 412/1991 e dell’articolo
52 della legge 88/1989 in quanto la Corte d’appello non avrebbe dovuto
applicare l’art. 2033 c.c. ma le predette
norme, in quanto per la pensione sociale ( sostituita nel 1996 dall’assegno
sociale) lo stesso art. 52
L.88/1989 prevede che si applichino le disposizioni relative all’ indebito
previdenziale. Rilevava inoltre che nel caso di specie era stato lo stesso INPS
a provvedere alla riliquidazione della pensione AS raccordandola con la
pensione VO omettendo le necessarie e periodiche verifiche onde nulla era stato
occultato dall’odierno ricorrente che aveva subito tutto ciò che l’istituto
aveva deciso per lui; la sua situazione pensionistica e reddituale era ben
chiara all’Inps .

2. Il ricorso è manifestamente fondato nei termini
di seguito indicato.

L’indebito di cui si tratta si è prodotto in
relazione ad una prestazione assistenziale come l’assegno sociale (che ha
sostituito nel 1996 la pensione sociale). All’indebito relativo all’assegno
sociale, in quanto prestazione assistenziale, al contrario di quanto ritenuto
dalla Corte d’appello, non si applica il principio di generale ripetibilità di
cui all’art. 2033 c.c. Secondo quanto questa
Corte ha in più occasioni avuto modo di precisare, anche di recente (Cass. n.
del 09/11/2018, Cass.n. 26036/2019), alla fattispecie in discorso si applicano
invece i principi di settore, propri dell’indebito assistenziale, per come
ricostruiti dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha individuato, in
relazione alle singole e diversificate fattispecie esaminate, una articolata
disciplina che distingue vari casi, a seconda che il pagamento non dovuto
afferisca, volta per volta, alla mancanza dei requisiti reddituali, di quelli
sanitari, di quelli socio economici (incollocazione o disoccupazione) o a
questioni di altra natura (come ad es. l’esistenza di ricovero ospedaliero
gratuito nel caso dell’indennità di accompagnamento).

3.- In termini generali, questa Corte ha sempre
precisato (fin dalla sentenza n. 1446/2008
est. Picone, v. pure n. 11921/2015) che “nel settore della previdenza e
dell’assistenza obbligatorie si è affermato, ed è venuto via via
consolidandosi, un principio di settore secondo il quale, in luogo della
generale regola codicistica di incondizionata ripetibilità dell’indebito, trova
applicazione la regola, propria di tale sottosistema, che esclude viceversa la
ripetizione in presenza di situazioni di fatto variamente articolate, ma
comunque avente generalmente come minimo comune denominatore la non
addebitabilità al percepiente della erogazione non dovuta ed una situazione
idonea a generare affidamento” .

4.- Sulla esistenza di questo principio si è
appoggiata anche la giurisprudenza della Corte Cost. in materia di indebito
assistenziale allorchè pur affermando – ordinanze
n. 264/2004 e n. 448/2000 – che non
sussiste un’esigenza costituzionale che imponga per l’indebito previdenziale e
per quello assistenziale un’identica disciplina, ha ritenuto che operi anche
“in questa materia un principio di settore, onde la regolamentazione della
ripetizione dell’indebito è tendenzialmente sottratta a quella generale del
codice civile” (ord. n. 264/2004).

7.- Al riguardo la Corte Cost. ha pure evidenziato
che il canone dell’art. 38 Cost., appresta al
descritto principio di settore una garanzia costituzionale in funzione della
soddisfazione di essenziali esigenze di vita della parte più debole del
rapporto obbligatorio, che verrebbero ad essere contraddette dalla indiscriminata
ripetizione di prestazioni naturaliter già consumate in correlazione – e nei
limiti – della loro destinazione alimentare (C.
cost. n. 39 del 1993; n. 431 del 1993)”.

5. Sulla precipua questione dell’indebito
assistenziale per mancanza del requisito reddituale, che qui viene in rilievo,
da ultimo questa Corte di cassazione ha affermato (Sez. I, – , Sentenza n. –
del 15/10/2019) che ” L’indebito assistenziale determinato dalla
sopravvenuta carenza del requisito reddituale, in assenza di norme specifiche
che dispongano diversamente, è ripetibile solo a partire dal momento in cui
intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di
legge, e ciò a meno che non ricorrano ipotesi che escludano qualsivoglia affidamento
dell’ “accipiens”, come nel caso di erogazione di prestazioni a chi
non abbia avanzato domanda o non sia parte di un rapporto assistenziale o di
radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali o, infine, di
dolo comprovato”.

6. La pronuncia si pone nella scia di Cass. Sez. L., Sentenza n. 28771 del 09/11/2018
(che richiama in motivazione) che pure aveva affermato che ‘L’indebito
assistenziale  determinato dal venir
meno, in capo all’avente diritto, dei requisiti reddituali previsti dalla legge
abilita l’ente erogatore alla ripetizione delle somme versate solo a partire
dal momento in cui è stato accertato il superamento dei predetti requisiti, a
meno che non si provi che “l’accipiens” versasse in dolo rispetto a
tale condizione (come ad esempio allorquando l’incremento reddituale fosse
talmente significativo da rendere inequivocabile il venire meno dei presupposti
del beneficio), trattandosi di coefficiente soggettivo idoneo a far  venir meno l’affidamento alla cui tutela sono
preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito”.

7.- Nella stessa traccia motivazionale, ma con
riferimento alla mancanza del requisito dell’incollocazione al lavoro, si
colloca anche la più recente sentenza (Cass. Sez. L., n. 31372 del 02/12/2019)
secondo cui “In tema di ripetibilità delle prestazioni assistenziali
indebite per mancanza del requisito di incollocazione al lavoro, trovano
applicazione, in difetto di una specifica disciplina, le norme sull’indebito assistenziale
riferite alla mancanza dei requisiti di legge in via generale che, in quanto
speciali rispetto alla disposizione di cui all’art.
2033 cc., limitano la restituzione ai soli ratei indebitamente erogati a
decorrere dalla data del provvedimento amministrativo di revoca del beneficio
assistenziale non dovuto, restando esclusa la ripetizione delle somme
precedentemente corrisposte, e senza che rilevi l’assenza di buona fede
“dell’accipiens”.

8.-  Il
principio generale di settore richiamato nelle stesse tre più recenti pronunce
della IV sezione muove dalla tesi prima ricordata secondo cui “il regime
dell’indebito previdenziale ed assistenziale presenta tratti eccentrici
rispetto alla regola della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., in ragione dell’ «affidamento dei
pensionati nell’irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente
percepiti in buona fede» in cui le prestazioni pensionistiche, pur indebite,
sono normalmente destinate «al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e
della famiglia» (Corte Costituzionale 13 gennaio
2006, n. 1), con disciplina derogatoria che individua «alla luce dell’art. 38 Cost. – un principio di settore, che
esclude la ripetizione se l’erogazione (..) non sia (..) addebitabile» al
percettore (Corte Costituzionale 14 dicembre 1993 n. 431).”

9.- Giova ricordare che si tratta di un principio
risalente, la cui prima affermazione si rinviene appunto nella sentenza n. 1446/2008 (est. Picone); e che anche
le Sez. Unite di questa Corte (sentenza n. 10454
del 21/05/2015) hanno riconosciuto che le prestazioni di assistenza sociale
rivestano natura alimentare, in quanto fondate esclusivamente sullo stato di
bisogno del beneficiario, a differenza delle prestazioni previdenziali, che
presuppongono un rapporto assicurativo e hanno più ampia funzione di tutela.

10.- Nella specifica fattispecie dell’indebito per
mancanza del requisito reddituale va rilevato che ai fini della ripetizione
Cass. 31372/2019 e Cass. 28771/18 cit.
richiedono, entrambe, che sia necessario il “dolo comprovato
dell’accipiens” atto a far venir meno l’affidamento dell’accipiens. E
ricordano che lo stesso art. 42
d.l. 269/2003 conv. in legge 326/2003 –
prima di stabilire per il periodo pregresso e fino al 2 ottobre 2003, la
sanatoria degli indebiti per mancanza dei requisiti reddituali- preveda, nello
stesso comma 5, che entro trenta giorni attraverso una determinazione
interdirigenziale ( INPS, Ministero dell’Economia, Agenzia dell’Entrate) si
debba procedere a stabilire le modalità tecniche per effettuare, in via
telematica, le verifiche sui requisiti reddituali dei titolari delle
provvidenze economiche allo scopo di sospendere le prestazioni e di ripetere
l’indebito.

11.- L’art.
42 d.l. 269/2003 cit. ha previsto dunque che in materia di invalidità
civile vi fosse anzitutto una sanatoria generalizzata per il periodo precedente
il 2003. Mentre per il periodo successivo ha stabilito che, a seguito delle
verifiche reddituali effettuate dall’INPS, si possano sospendere le prestazioni
e quindi ripetere le somme erogate per indebiti previdenziali. Questo non
significa però, dopo il 2 ottobre 2003, che le stesse prestazioni si possano
recuperare indiscriminatamente; tutte e sempre. In quanto, come già detto, in
materia assistenziale va tutelato l’affidamento del percipiente, il quale,
secondo la consolidata giurisprudenza prima menzionata della IV sezione,
consente di norma (anche dopo il 2003) la ripetizione solo a partire dal
provvedimento che sospende l’erogazione ed accerta l’indebito (come prevede lo
stesso art. 42) , salvo il
dolo comprovato.

12.- Per quanto concerne poi l’esistenza di tale
specifico coefficiente soggettivo, necessario per il venir meno della tutela
dell’affidamento del percipiente, la sentenza di questa Corte n. 31372/2019 ha
affermato che esso non sussista in un caso in cui il mancato inoltro della dichiarazione
reddituale da parte del pensionato poteva ritenersi compatibile con una mera
dimenticanza.

13.- Mentre Cass. n.
28771/2018 ha affermato che una situazione di dolo comprovato
dell’accipiens rispetto al venire meno del suo diritto potrebbe sussistere
“ad es. allorquando l’incremento reddituale sia talmente significativo da
rendere inequivocabile il venir meno del beneficio; trattandosi di coefficiente
che naturalmente fa venire meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le
norme”.

14.– Va ora evidenziato che nessun obbligo di
restituzione si può configurare nell’ipotesi in cui l’accipiens ha già
dichiarato i propri redditi alla PA. ed essi fossero perciò conoscibili
dall’INPS al quale già l’art. 42
d.l. 269/2003 conv. in legge 326/2003
consentiva di accedere alla conoscenza dei redditi dichiarati onerandolo del
controllo telematico dei requisiti reddituali.

15.- Il concetto è stato reso ancor più chiaro ed
esplicito dall’art.15 d.l.
78/2009 convertito con modificazioni dalla L.
3 agosto 2009, n. 102 , il quale prevede che dal primo gennaio 2010,
l’Amministrazione finanziaria ed ogni altra Amministrazione pubblica, che
detengono informazioni utili a determinare l’importo delle prestazioni
previdenziali ed assistenziali collegate al reddito dei bendarti, sono tenute a
fornire all’INPS in via telematica le predette informazioni presenti in tutte
le banche dati a loro disposizione, relative a titolari, e rispettivi coniugi e
familiari, di prestazioni pensionistiche o assistenziali residenti in Italia.

Da ciò si evince che tutti i fatti relativi ai dati
reddituali dei titolari di prestazioni pensionistiche o assistenziali sono
sempre conosciuti o conoscibili d’ufficio dall’INPS in via telematica.

16. Lo stesso principio risulta poi ribadito e
rafforzato dall’art.13, d.l. 78
del 2010 convertito con modificazioni dalla L.
30 luglio 2010, n. 122 il quale prevede al comma 1 l’istituzione presso
l’INPS del ” Casellario dell’Assistenza” “per la raccolta, la
conservazione e la gestione dei dati, dei redditi e di altre informazioni
relativi ai soggetti aventi titolo alle 
prestazioni di natura assistenziale; ed al comma 6 dello stesso art. 13  stabilisce che “i titolari di prestazioni
collegate al reddito di cui al precedente comma 8 ” devono comunicare
all’INPS soltanto i dati della propria situazione reddituale, incidente sulle
prestazioni in godimento, che non sia già stata integralmente comunicata
all’Amministrazione finanziaria.

Da cui discende perciò confermato che essi non
devono comunicare all’INPS la propria situazione reddituale già integralmente
dichiarata e conosciuta dall’Amministrazione.

La norma (che ha modificato l’articolo 35, del decreto-legge 30
dicembre 2008, n.207 convertito dalla legge 27
febbraio 2009, n. 14 ed introdotto il comma 10 bis) prevede testualmente :
“Ai fini della razionalizzazione degli adempimenti di cui all’articolo 13 della legge 30 dicembre
1991, n. 412, i titolari di prestazioni collegate al reddito, di cui al
precedente comma 8, che non comunicano integralmente all’Amministrazione
finanziaria la situazione reddituale incidente sulle prestazioni in godimento,
sono tenuti ad effettuare la comunicazione dei dati reddituali agli Enti
previdenziali che erogano la prestazione. In caso di mancata comunicazione nei
tempi e nelle modalità stabilite dagli Enti stessi, si procede alla sospensione
delle prestazioni collegate al reddito nel corso dell’anno successivo a quello
in cui la dichiarazione dei redditi avrebbe dovuto essere resa”.

17.- L’obbligo dei titolari di prestazioni collegate
al reddito riguarda in sostanza quei dati reddituali che proprio perché non
vanno dichiarati nel modello 730 (come ad esempio i redditi da lavoro
dipendente prestato all’estero, gli interessi bancari, postali, dei BOT, dei
CCT e di altri titoli di Stato, ecc.) devono essere però dichiarati all’INPS.

18.- Infine va osservato che in nessun caso si
possono ipotizzare i presupposti per la restituzione dell’indebito quando esso
scaturisca dal possesso di un certo reddito costituito da una prestazione di
qualsiasi natura (previdenziale o assistenziale) erogata dall’INPS e che quindi
esso l’Istituto già conosce.

19.1. In questa ipotesi l’affidamento riposto dal
pensionato nella legittima erogazione di entrambi gli importi effettuati dallo
stesso Istituto (informato della situazione reddituale) appare certamente
tutelabile alla luce delle premesse. Tanto più che la legge citata (art. 42 dl. 269/2003 conv. in legge 326/2003) onera l’INPS della attivazione dei
controlli reddituali in via telematica allo scopo di sospendere le prestazioni
e richiedere la restituzione dell’indebito. Sicché, giammai, potrebbe farsi
carico al percipiente di un’omessa comunicazione di dati reddituali incidenti
sulla misura o sul godimento della prestazione che l’INPS conosce o ha l’onere
di conoscere.

19.2. Inoltre come già detto, l’art. 13, d.l. 78 del 2010
convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010,
n. 122 al comma 1 prevede l’istituzione presso l’INPS del “Casellario
dell’Assistenza per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati, dei
redditi e di altre informazioni relativi ai soggetti aventi titolo alle
prestazioni di natura assistenziale.

Il secondo comma 2 stabilisce ” Il Casellario
costituisce l’anagrafe generale delle posizioni assistenziali e delle relative
prestazioni, condivisa tra tutte le amministrazioni centrali dello Stato, gli
enti locali, le organizzazioni no profit e gli organismi gestori di forme di
previdenza e assistenza obbligatorie che non forniscono obbligatoriamente i
dati e le informazioni contenute nei propri archivi e banche dati, per la
realizzazione di una base conoscitiva per la migliore gestione della rete dell’assistenza
sociale, dei servizi delle risorse. La formazione e l’utilizzo dei dati e delle
informazioni del Casellario avviene nel rispetto della normativa sulla
protezione dei dati personali.”

22.- Infine va osservato che in casi simili (
secondo una considerazione effettuata da questa Corte a proposito dell’indebito
previdenziale ma valida sul piano logico giuridico, alla luce delle norme
richiamate, anche per quello assistenziale) ( allorchè le situazioni ostative
all’erogazione siano note all’ente previdenziale ovvero siano da esso
conoscibili facendo uso della diligenza richiestagli dalla sua qualità di
soggetto erogatore della prestazione, il comportamento omissivo del
percipiente, ancorché in malafede, non è determinante della indebita erogazione
e non può dunque costituire ragione di addebito della stessa (così, in specie,
Cass. n. 11498 del 1996; Cass. n. 8731/2019). Ed è alla stregua di tale
orientamento consolidato che la Corte costituzionale ha rilevato come,
nell’ambito dell’ordinamento previdenziale, diversamente dalla regola generale
di incondizionata ripetibilità dell’indebito posta dall’art. 2033 c.c., trovi applicazione la diversa
regola, propria di tale sottosistema normativo, che esclude la ripetizione in
presenza di una situazione di fatto avente come minimo comun denominatore la
non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta (cfr. in tal
senso Corte cost. n. 431 del 1993, ma anche Cass.
n. 1446/2008 est. Picone).

20. Va pertanto affermato che secondo le ragioni fin
qui precisate le prestazioni erogate al pensionato non fossero ripetibili fino
al provvedimento che ha accertato l’indebito dovendosi tutelare l’affidamento
dell’accipiens, non potendosi applicare l’-art.
2033 c.c. e non sussistendo nessuna allegazione in relazione al dolo
comprovato, il quale non è comunque configurabile dalla mera omissione di
comunicazione di dati reddituali che l’INPS già conosce o ha l’onere di
conoscere.

21.- Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti, la causa deve essere decisa nel merito
dichiarandosi che la parte ricorrente non sia tenuta alla restituzione
dell’indebito in oggetto nei confronti dell’INPS; il quale ultimo è tenuto
invece a pagare le spese processuali al ricorrente.

22 .-Avuto riguardo all’esito del giudizio non
sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del dpr n. 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, dichiara che la parte ricorrente non e tenuta a
restituire all’INPS l’indebito di cui alla domanda originaria. Condanna l’INPS
a pagare le spese processuali che si liquidano per il primo e per il secondo
grado in € 1700, per ciascun grado, di cui € 1500 per compensi professionali, e
per il giudizio di cassazione in € 2200, di cui € 2000 per compensi
professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge .

Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater del dpr n.
115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis , dello stesso art. 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2020, n. 12608
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