La delibera comunale che subordina l’accesso agli aiuti alimentari, erogati a fronte dell’emergenza da Coronavirus, alla condizione che il cittadino sia residente e, se extracomunitario, titolare del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti viola il principio di parità di trattamento.  

Nota a Trib. Brescia ord. 19 maggio 2020, n. 1840

Sonia Gioia

In materia di prestazioni assistenziali tese a fronteggiare la situazione emergenziale causata  dalla pandemia di Covid-19, l’Ordinanza del Capo del Dipartimento di protezione civile del 29 marzo 2020, n. 658 (recante “Ulteriori interventi di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”) ha assegnato ai Comuni italiani un contributo per un totale di 400 milioni di Euro per misure urgenti di solidarietà alimentare sotto forma di “buoni spesa”, al fine di garantire alle persone più vulnerabili il soddisfacimento di un bisogno primario e di un diritto fondamentale qual è quello all’alimentazione.

A tal fine, l’Ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune individua la platea dei beneficiari “tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico” (art. 2, co. 6, OCDPC n. 658 cit.), indipendentemente dalla cittadinanza o dal titolo di soggiorno posseduto.

Questi, i principi sottesi alla pronuncia del Tribunale di Brescia (ord. 19 maggio 2020, n. 1840), il quale ha dichiarato la natura discriminatoria della delibera comunale che, nel definire i criteri e le modalità di selezione delle domande per l’erogazione dei buoni spesa, riservava l’accesso a tali benefici ai soli cittadini residenti e agli extracomunitari titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo in corso di validità (di cui all’art. 9, D.LGS. n. 286/1998, c.d. Testo Unico sull’immigrazione).

Al riguardo, nell’individuazione degli aventi diritto, i Comuni godono di una discrezionalità limitata entro i criteri prefissati dall’ordinanza governativa, ossia la condizione di disagio economico e la domiciliazione nel territorio comunale, con la conseguenza di non poter prevedere vincoli ulteriori come la cittadinanza o la tipologia di permesso di soggiorno posseduto. Ciò perché i contributi di solidarietà alimentare, di cui all’ordinanza della protezione civile, sono misure emergenziali volte a soddisfare le difficoltà economiche delle famiglie maggiormente esposte alle conseguenze della pandemia da Covid-19 nel rispetto del diritto all’alimentazione, che costituisce il presupposto per poter condurre un’esistenza minimamente dignitosa e che appartiene a quel nucleo insopprimibile di diritti che spettano necessariamente a tutte le persone in quanto tali.

Pertanto, la delibera comunale che limiti l’accesso ai buoni spesa ai soli extracomunitari lungo soggiornanti non solo viola  le disposizioni dell’ordinanza della protezione civile ma introduce anche un’ingiustificata disparità di trattamento in danno di tutti i cittadini stranieri domiciliati nel Comune che non siano titolari di un permesso di soggiorno ex art. 9 T.U. Immigrazione, negando a questi ultimi sia l’esercizio dei diritti fondamentali della persona, tra cui rientra il diritto all’alimentazione (art. 2, T.U. Immigrazione), che  l’equiparazione ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale ai sensi dell’art. 41, T.U. Immigrazione e, per quanto concerne i titolari di protezione internazionale o nazionale ed i richiedenti asilo, dell’art. 27, D.LGS. n. 251/2007.

Discriminatorio riservare i buoni spesa Covid-19 ai soli cittadini residenti e agli extracomunitari lungo soggiornanti
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