Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 luglio 2020, n. 13601

Avvocato iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed
Assistenza Forense, Illegittima iscrizione nella Gestione separata ex art. 2, co. 26, L. n. 335/1995,
Accertamento negativo del debito contributivo, Termine di prescrizione
quinquennale, Conteggio a partire dal momento in cui scade il termine
stabilito per la trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi
relativa all’anno cui si riferiscono i contributi, Non sussiste

 

Rilevato in fatto

 

che la Corte d’appello di Bologna ha respinto
l’appello dell’INPS avverso la pronuncia di primo grado che aveva accolto la
domanda dell’avvocato M.M. che aveva chiesto dichiararsi illegittima la propria
iscrizione nella Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995,
con conseguente accertamento negativo del debito contributivo, il cui pagamento
era preteso dall’INPS in relazione all’attività libero-professionale svolta
senza che lo stesso professionista, pur iscritto all’Albo Forense, fosse
iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;

che la Corte d’appello ha dichiarato che la pretesa
dell’INPS concernente i contributi dovuti per l’anno 2010 comunicata dall’INPS
in data 22.6.2016 e ricevuta in data 7.7.2016 fosse prescritta; che avverso
tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione deducendo un motivo di
censura;

che M. M. ha resistito con controricorso illustrato
da memoria;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle
parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

che con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.;
dell’art.2, commi 26-31 legge
335/1995, degli art. 10, 13
e 18 d.lgs. 241/1997 ( come mod. dall’art.2 d.lgs. 422/1998 ( in
relazione all’art.360 n. 3 c.p.c.) per avere la
Corte d’appello dichiarato erroneamente che la pretesa contributiva dell’INPS
relativa all’anno 2010 fosse prescritta, mentre l’appellato aveva ricevuto la
nota del 22.6.2016 in data 7/7/2016 prima che fosse maturato il termine di
prescrizione quinquennale previsto dall’art. 3, comma 9 L. n. 335/1995 e
correttamente conteggiato a partire dal momento in cui scadeva il termine
stabilito per la trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi (il
31.10.2011) relativa all’anno cui si riferiscono i contributi (nel caso di
specie 2010), unico momento da cui l’ente previdenziale può inferire
l’esistenza di un reddito da lavoro autonomo per il quale è dovuta la
contribuzione a saldo.

che il motivo è infondato;

che la Corte d’appello ha affermato che il dies a
quo della prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata andasse
individuato nella scadenza del 16 giugno 2011 – stabilito per il pagamento dei
contributi e dell’imposta sul reddito delle persone fisiche — in base all’art.17 del DPR 7 dicembre 2001 n. 435,
modificato dal d.l. 223/2006 conv. in L. 248/2006, e confermato dalla circolare Inps 73/2010;

che l’INPS assume invece che, con riferimento al
momento di decorrenza della prescrizione della contribuzione a percentuale sul
reddito dovuta alla Gestione separata, tale termine non può che decorrere dal giorno
successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del
lavoratore ovvero alla scadenza del termine stabilito per la trasmissione
telematica da cui l’ente previdenziale può inferire l’esistenza di un reddito
da lavoro autonomo per il quale è dovuta la contribuzione (termine che cade
dopo i due termini previsti  per il
pagamento); talchè nel caso di specie la prescrizione non poteva dirsi decorsa
alla data in cui è stata comunicata la pretesa al controricorrente;

che la tesi dell’INPS è infondata; ed invero, la
giurisprudenza di legittimità, in generale, ha sempre posto in rilievo che
l’impossibilità di far valere un diritto, alla quale l’art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto
impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da
cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli
impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 cod. civ. prevede solo specifiche e
tassative ipotesi di sospensione, nel cui ambito, salva l’ipotesi di dolo
prevista dal n. 8, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto
generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale
diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr.
sentenze n. 21026 del 06/10/2014 e n. 10828 del 26/05/2015); in secondo luogo
questa Corte ha già affermato, con riferimento alla materia dei contributi cd.
“a percentuale”, che il fatto costitutivo dell’obbligazione
contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore
autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della l. n. 233/1990,
quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto
amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento
di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 335 del 1995,
deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento (sentenza n. 13463 del 29/05/2017). Pertanto il
diritto dell’INPS a richiedere i contributi in questione era sorto al momento
della scadenza del termine stabilito per il loro pagamento ed è quindi
infondata la tesi dell’INPS secondo cui il diritto ai contributi a percentuale
sul reddito sarebbe sorto solo dal giorno successivo alla presentazione della
dichiarazione dei redditi da parte del lavoratore.

Tanto di recente è stato ribadito da questa Corte (
sentenza n. 27950 del 31/10/2018) con riferimento alla prescrizione dei
contributi dovuti alla gestione separata essendosi precisato che essa decorre
dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e
non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del
titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione,
quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito
contributivo.

che, pertanto essendosi la Corte di merito
conformata all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata si sottrae
alle censure esposte con il ricorso che va quindi rigettato;

le spese seguono la soccombenza come in dispositivo
che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, sussistono i presupposti
per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento
delle spese processuali liquidate in complessive 1200, di cui € 1000 per
compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

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