Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 maggio 2020, n. 9306

Personale A.T.A., Inquadramento nei ruoli statali, Base di
calcolo composta esclusivamente dallo stipendio tabellare, Premio di
produttività, Trasferimento del personale, Mantenimento delle condizioni
retributive godute dai lavoratori al momento del spostamento

 

Rilevato che

 

i ricorrenti meglio indicati in epigrafe, transitati
dalla Provincia di Livorno al personale A.T.A., della scuola ai sensi dell’art. 8 L. 124/1999, hanno agito
davanti al Tribunale di Livorno lamentando che la base di calcolo utilizzata
all’epoca dell’inquadramento nei ruoli statali fosse stata composta
esclusivamente dallo stipendio tabellare, senza considerare in particolare nel
calcolo il premio di produttività;

il Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo
pacifica la mancata considerazione del premio di produttività e quindi
l’attribuzione di un inquadramento diverso da quello che sarebbe spettato ove
anche tale elemento fosse stato considerato all’atto del passaggio dagli enti
locali all’Amministrazione statale;

la Corte d’Appello di Firenze, adita dal Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) accoglieva il gravame, respingendo
la domanda; la Corte territoriale sosteneva che oggetto del controllo di
legittimità dell’operato della P.A. in occasione del trasferimento del
personale, fosse esclusivamente il mantenimento delle condizioni retributive
godute dai lavoratori al momento del trapasso, senza che si potesse imporre una
dinamica progressiva di carriera diversa da quella che era assicurata dal
riscontato maturato economico e dalla relativa temporizzazione;

la Corte di merito rimarcava quindi come non
risultasse che l’ammontare retributivo annuale riscosso dal lavoratore dal
1.1.2000 fosse stato, strettamente in nummario, inferiore a quello percepito
fino al giorno precedente, mentre l’essersi considerato il premio di produzione
come differenza da garantire ad personam, anziché come base stipendiale, era
ininfluente, trattandosi di implicazione sul solo piano degli sviluppi di
carriera;

avverso tale sentenza i lavoratori hanno proposto
ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, mentre il MIUR è rimasto
intimato;

 

Considerato che

 

con il primo motivo i ricorrenti denunciano la
violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3
c.p.c.) dell’art. 1, co. 218,
L. 266/2005, ribadendo che il premio di produttività andava considerato
nella determinazione della posizione stipendiale di partenza, in quanto
altrimenti, seguendo la linea della Corte territoriale, si sarebbe determinato
un inquadramento peggiore di quello che sarebbe risultato tenendo conto anche
di tale retribuzione accessoria, né poteva dirsi che l’assegno ad personam
potesse essere idoneo a colmare le differenze retributive altrimenti
sussistenti;

con il secondo motivo è invece dedotta, ai sensi
dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della
sentenza per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ribadendo come
la domanda fosse stata dispiegata sul presupposto che il premio di produttività
andasse considerato per determinare l’anzianità di inquadramento e comunque
negando, in quanto non corrispondente alla realtà dei fatti, che l’assegno ad
personam riconosciuto ai ricorrenti fosse comprensivo del premio di
produttività, come da calcoli offerti in ogni grado di giudizio;

i motivi vanno disattesi;

la Corte territoriale ha accertato come non risulti
che l’importo «annuale o mensile, in concreto, riscosso dal lavoratore
dall’1/1/2000, sia stato inferiore (strettamente in nummario) a quello del
giorno precedente»;

tale giudizio in sé integra gli estremi della
valutazione imposta dall’ordinamento eurounitario ed ai sensi dell’art. 3 della direttiva n.
77/187/CE, dovendosi appunto valutare se il trasferimento dall’uno
all’altro datore di lavoro pubblico abbia comportato l’applicazione di
«condizioni di lavoro meno favorevoli di 
quelle godute in precedenza, secondo una valutazione comparativa da
compiersi all’atto del trasferimento, in relazione al trattamento retributivo
globale, compresi gli istituti e le voci erogati con continuità, ancorché non
legati all’anzianità di servizio» (Cass. 28 marzo 2018, n. 7698;  analogamente, v. Cass. 19 giugno 2012, n.
10034);

rispetto al predetto giudizio è poi insufficiente,
per un verso, l’affermazione secondo cui l’ad personam riconosciuto non sarebbe
«comprensivo» del premio di produttività (in quanto è erroneo l’approccio
basato su singole voci ed il raffronto deve essere invece globale), mentre,
rispetto appunto ad un confronto globale tra quanto percepito prima e dopo il
trasferimento, gli elementi forniti con il ricorso per cassazione appaiono
generici, facendo per lo più riferimento a possibili ricalcoli e non, ad
esempio, a tangibili (ed in ipotesi tempestivamente dedotti) contenuti di
specifiche buste paga anteriori e posteriori atte a dimostrare il determinarsi
di un peggioramento “sostanziale” del percepito: d’altra parte, l’art. 8, co. 2, L. 124/1999 quale
autenticamente interpretato dall’art.
1, co. 218, L. 266/2005, impone che il trasferimento del personale degli
enti locali nei ruoli ATA dovesse avvenire «sulla base del trattamento
economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con
l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente
inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito
dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonché da
eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali
di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data
dell’inquadramento»;

la struttura stessa dell’operazione, finalizzata ad
un inquadramento, non consentiva evidentemente di fare riferimento a qualsiasi
indennità, premio o emolumento percepito nell’anno precedente, dovendosi invece
avere riguardo ad emolumenti destinati ad essere riconosciuti con
continuatività (Cass. 7698/2018 cit.), in quanto appunto espressione di un
pregresso e consolidato ammontare della retribuzione in ragione dell’inquadramento
da trasporre presso la nuova Amministrazione ed a prescindere da contingenze
del rapporto preesistente;

l’esistenza di un premio di produttività percepito
per l’anno 1999 presso la P.A. di provenienza, in sé non dimostra però che
quell’indennità, in difformità dalla natura di “premio”, fosse
stabilmente e continuativamente dovuta ex ante per qualsiasi rapporto ed a
prescindere dal concreto evolversi di esso nel periodo di riferimento;

questa Corte ha anzi già ritenuto che «i premi o
compensi incentivanti previsti dagli artt. 17 e 18 del CCNL 1 aprile 1999 per
il comparto delle regioni ed autonomie locali non possono avere rilevanza ai
fini della determinazione del c.d. “maturato economico” perché si
tratta di compensi espressamente introdotti come strettamente correlati
“ad effettivi incrementi di produttività e di miglioramento
quali-quantitativo dei servizi”, in coerenza con gli obiettivi annualmente
predeterminati dagli enti di appartenenza secondo la disciplina del d.lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni
ed integrazioni. Tali compensi, quindi, non costituiscono componenti fisse e
necessarie dello stipendio complessivo annuo» (Cass. 5 marzo 2019, n. 6345);
pertanto, quanto addotto non è sufficiente ad integrare la violazione di legge
denunciata, né a far ritenere che, ove si fosse considerato quel premio di cui
si afferma la percezione nell’anno antecedente al passaggio, le conclusioni,
sia per l’inquadramento, sia per il riconoscimento del complessivo trattamento
dovuto agli ATA in questione dal 1.1.2000, avrebbero dovuto essere diverse;
alla reiezione del ricorso non segue statuizione sulle spese in quanto il
Ministero è rimasto intimato;

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13,
se dovuto.

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