Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 luglio 2020, n. 14891

Inps, Avviso di addebito, Recupero della contribuzione,
Obbligo di iscrizione del socio amministratore alla gestione commercianti

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 10
maggio 2014, in accoglimento del gravame svolto dall’INPS ha respinto le
opposizioni ad avviso di addebito per il recupero della contribuzione
commercianti in riferimento all’anno 2005 nei confronti di N.A., socia
accomandataria della s.a.s. L.A.M. del Porto della Spezia, di A.N. & C.

2. Il giudice di primo grado aveva ritenuto
insussistente il debito perché l’attività svolta dalla società non rientrava
tra quelle censite sulla base dei codici Istat-Ateco.

3. Il gravame dell’ente previdenziale, incentrato
sull’irrilevanza dei codici Ateco e sull’applicazione delle qualificazioni
proprie dell’art. 49, legge n.
88 del 1989 da cui far derivare la natura commerciale dell’attività svolta
da L.A.M., è stato accolto dalla Corte territoriale che ha ritenuto i codici
ISTAT, identificativi dell’attività svolta (c.d. codici Ateco), di rilievo
essenzialmente statistico e con funzionalità amministrativa, ed ha escluso
l’esonero dall’obbligazione contributiva sulla base della mera difficoltà,
opposta dalla debitrice, di reperire i codici per l’inquadramento dell’attività
svolta.

4. La Corte di merito, richiamato il disposto dell’art. 49, co. 1, lett. d), legge
n. 88 del 1989 e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza – nel senso
della qualificazione come commerciali delle attività del terziario e
consistenti nella prestazione di servizi, purché non di ausilio a determinate
imprese industriali – riconosceva l’obbligo di iscrizione del socio
amministratore alla gestione commercianti per essere risultata incontestata
l’attività imprenditoriale, in via autonoma, di prestazione di servizi ad una
serie indeterminata di soggetti interessati al settore marittimo e al porto
della Spezia, svolta da L.A.M. e consistente nella raccolta e registrazione di
dati relativi ai servizi ed alle attività del porto della Spezia, con ascolto
di trasmissioni radiofoniche inerenti al medesimo porto e nella comunicazione a
terzi di tali dati, a titolo oneroso a privati e a titolo gratuito a soggetti
pubblici.

5. Infine, per la Corte di merito non risultava
neanche dedotto che l’applicazione del codice ATECO, asseritamente inadeguato,
avesse comportato l’applicazione di un regime previdenziale incongruo rispetto
all’affermata natura commerciale dell’attività d’impresa o un aggravio
dell’aliquota contributiva dovuta.

6. Avverso tale sentenza ricorre N.A., con ricorso
affidato ad un motivo, cui resiste, con controricorso, l’INPS, anche quale
procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a.

 

Ragioni della decisione

 

7. Con il motivo di ricorso, deducendo violazione
dell’art. 49, comma 1, lett.
d), legge n. 88 del 1989, la ricorrente censura la qualificazione data
dalla sentenza impugnata all’attività svolta dalla società e assume che i
compiti del L.A.M. sono molto simili all’attività svolta dalle agenzie di
stampa e affini ai servizi di informazione tramite stampa, per cui esulano dal
novero delle attività del settore terziario, anche in via residuale come
prestazione di servizi a terzi.

8. Il ricorso è da rigettare.

9. Come rilevato in numerosi precedenti di questa
Corte (v., fra gli altri, Cass. n.21138 del 2008),
la legge n. 88 del 1989 ha avuto, tra l’altro,
come scopo quello di attribuire all’INPS un ampio potere classificatorio delle
imprese e dei datori di lavoro – da valere «a tutti i fini previdenziali ed
assistenziali» – sulla base di criteri ben individuati, al fine di introdurre
un nuovo e più moderno sistema classificatorio delle attività datoriali capace,
da un lato, di sostituire il riferimento al precedente articolo 2135 cod. civ., reputato non più idoneo
ad inquadrare realtà imprenditoriali nuove e maggiormente articolate, e
dall’altro di assumere una valenza generale per fornire una collocazione delle
diverse imprese valida per tutti i fini previdenziali, con l’abbandono di un
assetto ordinamentale che presentava l’inconveniente di apprestare criteri di
inquadramento delle imprese tra loro divergenti, a seconda della natura dei
singoli contributi da versare ai diversi enti assicurativi.

10. L’art. 49 della citata legge n. 88
ha introdotto criteri classificatori distinti e ben specificati per comparti
(industria, artigianato, agricoltura, terziario, credito; assicurazione e
tributi) ed ha ricompreso le attività di produzioni di servizi nel settore
terziario.

11. Pertanto, alla stregua della lettera d) della
citata disposizione, sono classificabili nel settore terziario le attività
commerciali, ivi comprese quelle turistiche, le attività di produzione,
intermediazione e prestazione di servizi anche finanziari, e le attività
professionali ed artistiche nonché le relative attività ausiliarie.

12. La portata onnicomprensiva della disposizione
risulta dall’introduzione di un settore aggiuntivo – le «attività varie» – nel
quale sono stati inclusi gli organismi esponenziali di interessi categoriali,
collettivi o diffusi, e gli enti che perseguono scopi non riconducibili a
quelli economico-produttivi o che, per qualsiasi altra ragione, mal si adeguano
ad essere inquadrati nei precedenti settori (v. Cass.
n. 21138 del 2008 e successive conformi, in riferimento all’attività di
investigatore privato).

13. Nel settore terziario confluiscono, oltre alle
tradizionali attività del commercio, del turismo, dei pubblici esercizi, dei
professionisti e degli artisti, tutte le attività di produzione e prestazione
dei servizi alle imprese e di intermediazione nella produzione e prestazione
dei servizi stessi, sicché per effetto di tale definizione di settore sono ora
ricomprese nel terziario attività che, prima dell’entrata in vigore della legge n. 88 del 1989, venivano normalmente
attribuite all’industria (quali le attività di leasing, factoring, marketing,
organizzazione e consulenza aziendale, servizi di pulizia di uffici e
stabilimenti, servizi di nettezza urbana e similari, stabilimenti idropinici e
idrotermali, case di cura e istituti di vigilanza).

14. D’altro canto, dalla menzionata disposizione – art. 49, lett. d), L. n. 88 del
1989 – emerge la volontà del legislatore di equiparare ed assimilare le
attività commerciali, comprese quelle di prestazione di servizi, alle «attività
professionali ed artistiche» al fine di assicurare, anche a queste ultime
attività, un’analoga tutela previdenziale, e del pari l’intento di
differenziare la posizione di coloro che prestano un servizio, sia pure di
natura professionale, dai professionisti in senso stretto (quali, ad esempio,
gli avvocati), non bisognosi di alcuna tutela perché già iscritti ad un albo e
ad una cassa previdenziale (v., fra le altre, Cass.
n. 669 del 2018).

15. Da tali premesse discende l’infondatezza della
tesi patrocinata dalla ricorrente e incentrata sull’equiparazione, ai fini
previdenziali, dell’attività di avvisatore marittimo all’attività svolta dalle
agenzie di stampe e da un giornalista, tesi non calzante perché l’accostamento
involge professioni intellettuali per le quali è necessaria ex art. 2229 cod. civ. l’iscrizione in appositi albi
ed elenchi.

16. È pur vero che nel nostro ordinamento è con
frequenza riscontrabile la classificazione di una stessa attività lavorativa in
forme divergenti a seconda delle differenziate finalità cui è preordinata la
classificazione stessa; tuttavia quel che conta, nella specie, è l’innegabile
distinzione – sul piano qualificatorio e del contenuto delle prestazioni – tra
professioni intellettuali che richiedono, ex art.
2229 cod. civ., l’iscrizione in appositi albi ed elenchi e quella di
avvisatore marittimo che presta i servizi a favore di quanti (imprese o
soggetti pubblici e privati) abbiano necessità di acquisire il compendio di
notizie o informazioni riferite alle operazioni dell’area portuale.

17. L’onnicomprensività del settore terziario, in
cui confluiscono, come detto, oltre alle tradizionali attività del commercio,
del turismo, dei pubblici esercizi, dei professionisti e degli artisti, tutte
le attività di produzione e prestazione dei servizi alle imprese e di
intermediazione nella produzione e prestazione dei servizi stessi, induce ad
includervi l’attività svolta dal L.A.M.

18. Tale classificazione si appalesa anche coerente
con l’esclusione dell’attività di avvisatore marittimo dal novero e dal
perimetro definito dalla legislazione in materia portuale (legge n. 84 del 1994) e dei servizi di interesse
generale, di polizia e sicurezza, tecnico-nautici nell’ambito delle operazioni
portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, ecc.) e dei servizi portuali
(prestazioni complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali),
trattandosi di mera attività svolta in regime di autorizzazione, alta stregua
del codice della navigazione (art. 68 cod. nav.),
a livello locale, con provvedimento della Capitaneria di Porto e sottoposta a
vigilanza (v., fra le altre, TAR Firenze n. 1294 del 2018 e TAR Lecce n. 962
del 2018).

19. Del resto, l’attività di avvisatore marittimo
non è svolta all’esito di una procedura ad evidenza pubblica, aperta a tutti
gli operatori economici interessati allo svolgimento della medesima attività, e
l’obbligatorietà del relativo servizio è stata esclusa dalla giurisprudenza
amministrativa proprio per la natura commerciale connaturata all’attività
svolta, sia pure preordinata ad implementare il livello di sicurezza delle
operazioni svolte in ambito portuale (v. la giurisprudenza amministrativa già
citata nel paragrafo che precede).

20. Inoltre per l’attività svolta L.A.M. è
retribuito dagli utenti dei servizi prestati (sintetizzabili in attività di
raccolta, elaborazione e certificazione di informazioni) e agisce in regime di
monopolio, giacché per i servizi prestati (informazioni univoche certificate
con obbligo di porle a disposizione della pubblica amministrazione) è esclusa
la coesistenza di più avvisatori marittimi che forniscano il medesimo servizio
in concorrenza proprio perché, come spiegato, il compito di avvisatore
marittimo in un porto non viene assegnato tramite gara.

21. In conclusione, la Corte territoriale ha
correttamente ricompreso l’attività dell’avvisatore marittimo tra le attività
di intermediazione e prestazione di servizi nell’ambito della tutela
previdenziale obbligatoria apprestata dal comma 202 dell’art. 1 della legge n.
662 del 1996 con obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti; la
sentenza impugnata è, pertanto, immune da censure.

22. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate
come in dispositivo.

23. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro
3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 luglio 2020, n. 14891
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