Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 luglio 2020, n. 15109

Rapporto di lavoro, Dirigenti medici, Pagamento della
retribuzione di posizione minima

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza in data 18 febbraio – 6 marzo 2015
nr 1511 la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di
Frosinone, che aveva accolto le domande proposte da A.P., N.A., P.C., C.D.,
A.B., D. D.C., A.O., T.P., C.N., E.R., B.V., M.M., C.N., S.M., G.D.R., P.C.,
L.B., dirigenti medici dell’ (…) (in prosieguo: AUSL) e condannato la AUSL
pagamento delle differenze maturate in favore di ciascuno di essi sulla
retribuzione di posizione percepita nel periodo dall’ottobre 1998 al dicembre
2008.

2. Preliminarmente la Corte territoriale riteneva
infondata la dedotta eccezione di nullità del ricorso introduttivo del
giudizio; evidenziava che nel ricorso erano indicate le ragioni di fatto e di
diritto poste a fondamento della domanda ed il petitum.

3. Nel merito respingeva l’appello .

4. Ricostruito il quadro normativo e contrattuale,
evidenziava che il Tribunale aveva accolto la domanda di condanna della AUSL al
pagamento della retribuzione di posizione minima, come incrementata nella
delibera AUSL nr. 1822/1998 e nelle successive delibere (2429/2004; 3114/2004;
183/2008). La ASL in appello non contestava che le delibere adottate
prevedessero un incremento minimo della retribuzione di posizione-parte
variabile anche per i dirigenti medici privi di incarico.

5. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza la AUSL sulla base di quattro motivi, ai quali tutti gli intimati
hanno resistito con controricorso.

6. LA AUSL con nota del 17 luglio 2019 ha depositato
verbali di conciliazione in sede sindacale relativi a tutti i controricorrenti
ad eccezione del controricorrente C.. Successivamente ha depositato memoria del
4 dicembre 2019 nonché in data 5 dicembre 2019 verbale di conciliazione in sede
giudiziale del 18 dicembre 2018 relativo a D. C..

Nel corso dell’udienza di discussione tutte le
parti, nel richiamare i verbali di conciliazione indicati nei punti che
precedono, hanno concluso per la dichiarazione di intervenuta cessazione della
materia del contendere.

 

Motivi della decisione

 

1. Il Collegio deve prendere atto dell’intervenuta
cessazione della materia del contendere, in conformità al principio di diritto
recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, qualora
«nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con
un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del
contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata,
non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione
indicate dagli artt. 382, comma 3, 383 e 384 cod. proc.
civ. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti
per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello
stesso» (Cass. S.U. 11 aprile 2018 n. 8980).

2. Con la richiamata decisione si è precisato che
quando le parti di una controversia danno atto di avere raggiunto la sua
composizione con un accordo negoziale, « i cui termini esse possono individuare
ed identificare ma anche non individuare ed identificare, limitandosi ad
asserire concordemente che esso vi è stato ed ha definito la lite», la
congiunta prospettazione della definizione della lite pendente rende non più
necessario l’intervento della decisione del giudice investito della controversia,
essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione
dell’intervenuto accordo.

3. Ricorrono nella fattispecie le condizioni per la
pronuncia di intervenuta cessazione della materia del contendere in quanto al
deposito del verbale di conciliazione ha fatto seguito la richiesta congiunta
delle parti.

4. Devono essere integralmente compensate le spese
del giudizio di legittimità per le ragioni indicate dalla richiamata sentenza
n. 8980/2018.

5. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n.
228, deve darsi atto della insussistenza delle condizioni processuali
previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, perché il
meccanismo sanzionatorio è applicabile solo qualora il giudizio di cassazione
si concluda con l’integrale conferma dell’efficacia della statuizione
impugnata, cioè con il rigetto dell’impugnazione nel merito ovvero con la
dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, evenienza,
questa, che non si realizza a fronte di una pronuncia di cessazione della
materia del contendere che comporta il venir meno dell’efficacia della sentenza
impugnata in forza di intervenuto accordo negoziale fra le parti (Cass. S.U. n.
8980/2018 cit.).

 

P.Q.M.

 

Dichiara la cessazione della materia del contendere.
Compensa le spese.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 luglio 2020, n. 15109
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