Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 15 luglio 2020, n. 41/E

Regime fiscale dei compensi erogati ai sostituti medici in
continuità assistenziale

 

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto,
è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

Il contribuente istante, nel rappresentare di
svolgere l’attività di sostituto medico in continuità assistenziale (c.d.
guardia medica), chiede di conoscere quale sia la misura della ritenuta
d’acconto applicabile sui compensi che sono erogati dalle ASL per lo
svolgimento di tale attività professionale.

La richiesta di chiarimenti scaturisce
dall’incertezza sull’esatta collocazione dei proventi professionali in una
delle categorie reddituali individuate nell’articolo 6 del Testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 (Tuir).

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

L’Istante ritiene che le somme erogate in favore dei
sostituti medici in continuità assistenziale vadano classificati come reddito
di lavoro autonomo occasionale, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del
Tuir.

Conseguentemente, ai sensi dell’articolo 25 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 sugli stessi è da applicarsi la
ritenuta nella misura del 20 per cento, salva l’ipotesi in cui il contribuente
si avvalga del regime forfetario, nel qual caso le somme erogate non sono
soggette alla predetta ritenuta d’acconto IRPEF, ai sensi dall’articolo 1, comma 67, della legge 23
dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015).

 

Parere dell’agenzia delle entrate

 

L’articolo
8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante norme
in materia di “Riordino della disciplina in materia sanitaria”
stabilisce, tra l’altro, che il rapporto tra il Servizio Sanitario Nazionale
(in seguito, anche SSN), i medici di medicina generale ed i pediatri di libera
scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli
accordi collettivi nazionali stipulati con le organizzazioni sindacali di
categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale.

In particolare, la Convenzione con il SSN regola
“il rapporto di lavoro autonomo convenzionato per l’esercizio delle
attività professionali, tra i medici di medicina generale e le Aziende sanitarie
locali, per lo svolgimento, nell’ambito del SSN e le sue articolazioni, dei
compiti e delle attività relativi ai settori di:

a) assistenza primaria;

b) continuità assistenziale;

c) medicina dei servizi territoriali;

d) emergenza sanitaria territoriale.”

I medici da incaricare per l’espletamento delle
attività di settore sono tratti da graduatorie per titoli, una per ciascuna
delle attività (graduatorie di settore), predisposte annualmente a livello
regionale, a cura del competente Assessorato alla Sanità. Gli Accordi regionali
possono, inoltre, prevedere la formulazione di una graduatoria unica regionale
per tutte le attività.

Le graduatorie hanno validità di un anno a partire
dal 1° gennaio dell’anno al quale sono riferite, decadono il 31 dicembre dello
stesso anno, e sono utilizzate per la copertura degli incarichi rilevati come
vacanti nel corso dell’anno di validità delle graduatorie di settore medesime.

Il rapporto di lavoro disciplinato dalla citata
Convenzione può essere instaurato da parte delle aziende solo con i medici che
siano iscritti all’albo professionale e siano in possesso dell’attestato di
formazione in medicina generale, o titolo equipollente. In linea generale, deve
osservarsi che l’esercizio della professione medica, salvo quella effettuata
nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente (ad esempio l’attività libero
professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio Sanitario
Nazionale), rientra nella previsione normativa di cui all’articolo 53, comma 1, del Tuir e,
pertanto, il reddito da essa derivante, qualunque sia la prestazione
effettuata, si configura come reddito di lavoro autonomo.

Con specifico riferimento alle attività di
continuità assistenziale svolta da medici con incarico a tempo indeterminato,
il Ministero delle Finanze con la risoluzione 5
febbraio 1999, n. 14, ha ritenuto che gli emolumenti corrisposti dalle
Aziende Sanitarie Locali ai predetti medici siano da qualificarsi quali redditi
di lavoro dipendente e, conseguentemente, non soggetti ad IRAP da parte dei
medesimi. Al riguardo, si è dell’avviso che il citato documento di prassi non
possa essere automaticamente esteso alla fattispecie in esame, dal momento che
la richiamata risoluzione dovrebbe essere valutata alla luce dell’evoluzione
normativa e contrattuale che ha interessato negli anni la disciplina del
rapporto di lavoro tra il personale sanitario e le Aziende Sanitarie Locali.

Inoltre, l’Istante afferma che i sostituti medici in
continuità assistenziale, iscritti in un apposito albo professionale, sono
“sprovvisti degli istituti contrattuali di cui all’art. 51 del d.P.R. n. 484 del 1996 – come la
gravidanza o la malattia per citarne alcuni – ovvero di qualsiasi altra tutela
lavorativa caratterizzante i rapporti di lavoro dipendente, come le ferie o il
trattamento di fine rapporto (T.F.R.)”.

Si osserva, inoltre, che la Convenzione prevede che
“per sostituzioni superiori a 9 giorni, l’Azienda conferisce l’incarico di
sostituzione secondo l’ordine della graduatoria aziendale di disponibilità di
cui all’articolo 15, comma 12 (medicina generale) o, in mancanza, della
graduatoria regionale di settore vigente, con priorità per i medici residenti nel
territorio della Azienda.”.

Invero, l’incarico assegnato ai sostituti per
l’espletamento dell’attività di continuità assistenziale è a tempo determinato,
ovvero provvisorio dal momento che può cessare in ragione del rientro, anche
anticipato, del medico titolare dell’incarico a tempo indeterminato.

Sulla base di quanto rappresentato, la tipologia di
rapporto che si instaura tra l’Azienda e il medico sostituto che, come detto,
deve essere iscritto all’albo professionale, dal punto di vista fiscale è inquadrabile
quale rapporto di lavoro autonomo.

Necessitano, però, ulteriori considerazioni in
materia di IRPEF e di IVA, ai fini della corretta qualificazione fiscale dei
compensi percepiti dall’Istante quali redditi professionali od occasionali.

Per quanto concerne le imposte sui redditi, l’articolo 53, comma 1, del TUIR
definisce redditi di lavoro autonomo “quelli che derivano dall’esercizio
di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio
per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro
autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in
forma associata di cui alla lett. c) del comma 3 dell’art. 5.”.

Ai sensi, invece, dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del
Tuir, “i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non
esercitate abitualmente” rientrano nella categoria dei “redditi diversi”.

Ai fini IVA, l’articoli 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l’applicazione
dell’imposta sul valore aggiunto “sulle cessioni di beni e sulle
prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di
imprese o nell’esercizio di arti e professioni”; laddove, per esercizio di
arti e professioni l’articolo 5,
comma 1, del medesimo d.P.R. “intende l’esercizio per professione
abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da
parte di persone fisiche”.

Il successivo articolo 21, comma 1, del medesimo
d.P.R n. 633 del 1972 prevede l’obbligo di fatturazione per i soggetti
rispetto ai quali si configurano i presupposti per l’assoggettamento della
operazione al tributo in esame.

Al riguardo, l’articolo 35, comma 1, del d.P.R.
citato statuisce che “I soggetti che intraprendono l’esercizio di
un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono
una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad
uno degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate … L’ufficio attribuisce al
contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle
ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione
dell’attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page
dell’eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto”.

Dalle riportate disposizioni si rileva, tra l’altro,
che ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, il presupposto
soggettivo si realizza nella sola ipotesi in cui il professionista eserciti la
propria attività in modo professionale ed abituale, a prescindere
dall’ammontare del corrispettivo percepito.

Occorre dunque verificare, caso per caso, se
sussistano i requisiti sopra indicati, e, conseguentemente, se nella fattispecie
in esame, sorga in capo all’Istante l’obbligo di dichiarare i compensi fra i
redditi professionali ai sensi dell’articolo
53 del Tuir, nonché l’obbligo di fatturazione con IVA.

In linea generale, i requisiti di professionalità e
abitualità sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con
regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici
coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo; mentre non si
realizzano solo nei casi in cui vengano posti in essere atti economici in via
meramente occasionale. L’accertamento dei suddetti presupposti implica una
valutazione di fatto, che non può essere esperita in sede di istanza di
interpello. Tuttavia, si fa presente che la scrivente, con risoluzione 19 ottobre 2015, n. 88/E, richiamata
anche dal contribuente istante, ha chiarito, in coerenza con quanto affermato
dalla Cassazione Civile con sentenza 27 marzo 1987, n. 2297, che l’abitualità
dell’esercizio professionale è insita nella volontaria iscrizione del
professionista nell’albo, costituente titolo per l’affidamento di compiti in
modo ricorrente.

L’iscrizione all’albo, richiesta per poter
esercitare l’attività, risulta indicativa, infatti, della volontà del
professionista di porre in essere una pluralità di atti coordinati e
finalizzati all’esercizio della professione.

In relazione alla fattispecie in esame, considerato
che l’iscrizione all’albo professionale costituisce il titolo necessario per
poter svolgere l’attività di sostituto medico in continuità assistenziale, si
ritiene che tale attività sia riconducibile all’esercizio di una attività
professionale abituale.

Ne consegue, pertanto, che l’Istante sarà obbligato
all’apertura della partita IVA e all’emissione della fattura nei confronti
dell’Azienda Sanitaria, nonché a dichiarare il compenso percepito tra i redditi
di lavoro autonomo.

Al riguardo, si fa presente che il contribuente,
qualora ricorrano le condizioni richieste, potrà fruire del regime forfetario
previsto dall’articolo 1, commi
da 54 a 89, della legge 23
dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) così come modificato, da
ultimo, dall’articolo 1, comma
692, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di Bilancio 2020), che
prevede l’applicazione di una imposta unica sostitutiva delle imposte sui
redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP, ed esclude la
rivalsa dell’IVA nei confronti dei committenti.

Chiarimenti in merito all’applicazione di tali
disposizioni sono stati resi, tra l’altro, con le circolari
4 aprile 2016, n. 10/E e 10 aprile 2019, n.8/E,
consultabili sul sito www.agenziaentrate.gov.it, alle quale si rinvia per
ulteriori precisazioni.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i
principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano
puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

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