Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 luglio 2020, n. 14950

Superiore inquadramento, Diritto all’inquadramento automatico
nel livello superiore, Sostituzione di un lavoratore assente per ferie o per
turni di riposo, Nessuna promozione automatica, che presuppone l’effettiva
vacanza del posto

 

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Roma, in riforma della
sentenza del Tribunale stessa sede, ha accolto il ricorso di T. s.p.a. rivolto
a sentir dichiarare non spettante, in capo a A.M., dipendente con qualifica
contrattuale di Capo tecnico specializzato – Livello D1, il superiore
inquadramento nel Livello B – Quadro per avere lo stesso svolto le mansioni di
“gestore – treno” per coprire carenze di organico per le esigenze
dell’Alta velocità;

il lavoratore aveva dedotto che la durata
dell’adibizione alle mansioni di Quadro per novantasei giornate era sufficiente
a fargli acquisire il diritto all’inquadramento automatico nel livello
superiore ai sensi dell’art. 2103 cod. civ.;

la Corte territoriale ha, di contro, accertato che
l’appellato non aveva maturato il predetto diritto avendo svolto le superiori
funzioni per un numero di giornate (trentatré) insufficiente alla sua
maturazione, atteso che, nelle restanti sessantatré giornate la Società lo
aveva chiamato a sostituire uno dei quattro gestori titolari, assenti con
diritto alla conservazione del posto di lavoro;

la cassazione della sentenza è domandata da A.M.
sulla base di un unico, articolato motivo, illustrato da successiva memoria;

T. s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 e n. 5, parte ricorrente
contesta “Violazione dell’art. 1362 e seguenti
c.c. e 21 CCNL 2002 e 27 CCNL 2012 – Omesso esame di
un fatto decisivo prospettato dall’appellante”; sostiene di essere stato
utilizzato con assiduità nella superiore funzione sempre e solo per colmare
esigenze di organico, contestando la distinzione operata dalla Corte d’appello
fra giornate di sostituzione dei gestori titolari con diritto alla
conservazione del posto di lavoro e gestori vicari che tale diritto non possiedono;

aggiunge che le assenze per riposo, essendo
normalmente prevedibili, non rientrerebbero nella tipologia cui fa riferimento
l’art. 2103 cod. civ., per concludere che qual
si voglia giornata di adibizione alla qualifica di gestore – vuoi per supplire
a carenze di organico, vuoi per sostituire colleghi in ferie o riposo
settimanale – sarebbero utili a far maturare il diritto al superiore
inquadramento;

la Corte territoriale avrebbe, inoltre, omesso di
approfondire aspetti decisivi proposti dall’odierno ricorrente, concentrando il
suo esame su profili diversi da quelli dedotti;

il motivo non merita accoglimento;

per quanto riguarda il vizio prospettato quale
violazione di legge, si rileva l’infondatezza della doglianza, atteso che, come
questa Corte ha già da tempo affermato, la sostituzione di un lavoratore
assente per ferie o per turni di riposo non dà luogo alla promozione
automatica, la quale presuppone l’effettiva vacanza del posto;

« L’art. 2103 cod. civ.
pone come presupposto della cosiddetta promozione automatica l’effettiva e
sostanziale vacanza del posto ricoperto temporaneamente dal sostituto, quale
condizione (non ricorrente nel caso della semplice pausa feriale e neppure, per
esplicita previsione legale, nel caso previsto dagli artt.
2110 e 2111 cod. civ.) idonea a
giustificare la modifica apportata, dalla automatica attribuzione per legge di
un superiore inquadramento, alla organizzazione aziendale predisposta dal
datore di lavoro nella sua veste di titolare dei poteri direttivi ed
organizzativi nell’impresa. Consegue che l’ipotesi di sostituzione di altro
lavoratore con diritto alla conservazione del posto, della quale, a norma dell’art. 2103 cod. civ., non può tenersi conto ai fini
del compimento del periodo di assegnazione a mansioni superiori necessario per
l’acquisizione del diritto alla promozione automatica, comprende anche quella
in cui la sostituzione riguardi un lavoratore assente per ferie o per il
godimento di turni di riposo, difettando anche in tali casi quella effettiva
vacanza del posto che costituisce il presupposto dell’acquisizione della
qualifica superiore.» (Così, Cass. n. 3581 del 2004 e n. 13940 del 2000);

nel caso in esame, la Corte territoriale ha
accertato che la Società aveva istituito cinque posti di gestore treno per le
esigenze delle “F.” e che in relazione ad una di queste cinque
posizioni si era verificata una carenza di organico, alla quale si era
provveduto nominando cinque vicari, fra i quali non compariva A.M.;

peraltro, secondo la Corte territoriale, era stato
lo stesso lavoratore ad aver dato in giudizio la prova di avere – in misura
prevalente – sostituito colleghi titolari, di tal che, mantenendo questi ultimi
il diritto alla conservazione del posto di lavoro, l’adibizione alle superiori
funzioni risultava priva del presupposto della carenza di organico, con la conseguenza
dell’impossibilità dell’insorgenza del diritto al superiore inquadramento in
capo all’odierno ricorrente;

quanto al vizio di motivazione, lo stesso, per com’è
prospettato, esorbita dai parametri fissati dall’art.
360 n. 5 cod. proc. civ. attualmente vigente, atteso che parte ricorrente
non ha specificamente indicato qual è il fatto storico che non ha ricevuto
“l’attenzione sollecitata” (p. 10 ric.), e, di conseguenza, non può
provarne la decisività rispetto all’impianto decisorio rappresentato nella
sentenza impugnata, limitandosi ad asserire genericamente che il Collegio
avrebbe «…sviato il suo esame su altri aspetti assolutamente differenti da
quelli proposti con ciò realizzando proprio l’ipotesi di un omesso esame su un
fatto assumente carattere decisivo e prospettato dalla parte appellata»;

la doglianza si rivela, pertanto, un’inammissibile
richiesta di riesame del merito, inibita in sede di legittimità;

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la
soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della Società
controricorrente, che liquida in Euro 2.500,00 a titolo di compensi
professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e
accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della I. n.228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

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