Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 luglio 2020, n. 15345

Differenze retributive, Termine breve di impugnazione ex art.325 c.p.c., Decadenza, Non suscettibile di
sospensione nel periodo feriale

 

Rilevato che

 

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza resa
pubblica in data 29/4/2015 e notificata il 3/8/2015, in parziale riforma della
pronuncia di prime cure, condannava la s.r.l. M. al pagamento in favore di
R.I.A., della somma di euro 13.035,46 a titolo di differenze retributive e Tfr
maturati in relazione al rapporto di lavoro intercorso fra le parti dal giugno
2007 al dicembre 2008.

Avverso tale decisione interpone ricorso per
cassazione la M. s.r.l. cui resiste con controricorso la parte intimata.

 

Considerato che

 

1. Con unico motivo la società ricorrente denuncia
omessa motivazione in ordine alla durata del rapporto, criticando la sentenza
impugnata per avere acclarato la durata del rapporto inter partes in relazione
al periodo aprile 2007-dicembre 2008, benchè la circostanza non fosse stata
confortata né dalle deposizioni testimoniali raccolte, né dalle prodotte buste
paga, che rendevano conto di una durata del rapporto di soli tre mesi.

2. deve in via pregiudiziale rilevarsi, che la
ricorrente è decaduta dalla impugnazione, avendo proposto il ricorso oltre il
termine breve previsto dall’art.325 c.p.c.,
comma 2, termine che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, non è
suscettibile di sospensione nel periodo feriale secondo i dettami di cui agli artt. 1 e 3 della I. n. 742 del 1969
e 92 del r.d. n. 12 del 1941,
non applicabili alle controversie ascrivibili alla materia del lavoro e della
previdenza, le cui esigenze di speditezza e concentrazione giustificano
l’applicazione della deroga (per tutte, vedi Cass. 22/12/2011 n.28291, Cass. 18/7/2018 n. 19079).

2. Invero, dalla copia conforme all’originale
versata in atti, la sentenza impugnata risulta pubblicata il 29 aprile 2015 e
notificata personalmente alla parte appellata a mezzo del servizio postale
mediante spedizione di copia conforme in data 28 luglio 2015, ricevuta in data
3 agosto 2015, come dedotto dalla medesima società odierna ricorrente,
contumace nel giudizio di appello.

Nell’ipotesi in cui il giudizio si sia svolto nella
contumacia di una parte, la sentenza che lo conclude deve infatti essere
notificata alla parte personalmente ai sensi dell’art.
292 ultimo comma cod. proc. civ., anche al fine della decorrenza del
termine breve per impugnare di cui all’art. 325
cod. proc. civ., nè tale prescrizione può trovare deroga quando la notifica
della sentenza sia avvenuta in forma esecutiva ai sensi dell’art. 479 cod. proc. civ., non avendo rilevanza il
fine processuale per il quale essa sia stata effettuata (vedi Cass. 15/3/2006
n.5682).

Nello specifico, il ricorso per cassazione proposto
dalla M. s.r.I., è stato notificato alla controparte mediante il servizio
postale il 23 ottobre 2015 (data della richiesta di spedizione), dovendo al
riguardo precisarsi che in tema di notificazione, il momento di perfezionamento
per il notificante della tempestività dell’impugnazione è costituito dalla
consegna dell’atto da notificarsi all’ufficiale giudiziario, la cui prova può
essere ricavata dal timbro, ancorché privo di sottoscrizione, da questi apposto
sull’atto, recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese,
salvo che sia in contestazione la conformità al vero di quanto da esso
desumibile, atteso che le risultanze del registro cronologico, che egli deve
tenere ai sensi dell’art. 116, primo comma, n. 1, del d.P.R. 15 dicembre 1959
n. 1229, fanno fede fino a querela di falso (cfr. Cass.
25/2/2015 n.3755).

Tenuto conto, dunque, della suddetta data del 3
agosto 2015, di notifica della sentenza di appello, il ricorso per cassazione
proposto dalla M. s.r.I., risulta ampiamente posteriore alla scadenza del
termine dì sessanta giorni, stabilito dall’art.325
cod. proc. civ. e, pertanto, soggiace alla sanzione dell’inammissibilità.

Alla stregua delle sinora esposte considerazioni, il
presente ricorso deve, pertanto, dichiararsi inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono il principio
della soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente
al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art. 1 co 17 L. 228/2012 (che ha
aggiunto il comma 1 quater all’art.
13 DPR 115/2002) – della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo
13.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro
200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese
generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo
13.

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