L’inattività forzata del dipendente, seguita da plurimi trasferimenti e da una valutazione inferiore, è fonte di risarcimento del danno professionale, biologico ed esistenziale, salvo che l’impresa non sia giustificata ex art. 41 Cost.

Nota a Cass. 24 giugno 2020, n. 12485

Flavia Durval

L’impresa che per un prolungato periodo di tempo lasci un lavoratore del tutto inattivo e lo privi di ogni compito e mansione viola il diritto all’esecuzione della prestazione, con conseguente responsabilità risarcitoria del datore di lavoro. Ciò, a meno che “l’inattività del lavoratore sia riconducibile ad un lecito comportamento del datore di lavoro stesso, in quanto giustificata dall’esercizio dei poteri imprenditoriali, garantiti dall’art. 41 Cost., o dall’esercizio dei poteri disciplinari”.

Questa l’interessante precisazione della Corte di Cassazione 24 giugno 2020, n. 12485, relativamente al caso di un lavoratore che aveva subìto da parte dell’istituto di credito-datore di lavoro ben dodici trasferimenti in nove anni, seguiti da completa inattività con privazione di ogni compito e mansione e con il passaggio da una valutazione di “ottimo” a quella di “parzialmente adeguato”.

Le Corti di merito (Tribunale di Parma e Corte di Appello di Bologna n. 834/2016) avevano ritenuto provata la dequalificazione del dipendente, accertando in relazione al demansionamento subìto nel corso del rapporto una illegittima lesione dell’equilibrio psico-fisico e della personalità morale del prestatore, con la condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle spese mediche sostenute dal lavoratore in conseguenza della patologia insorta a seguito dell’illecito datoriale, nonché al risarcimento del danno professionale, biologico ed esistenziale, che ne era derivato.

La Cassazione (nel ritenere inammissibile il ricorso dell’istituto di credito):

a) sottolinea che i plurimi trasferimenti, l’inattività, il demansionamento e l’inferiore valutazione professionale del lavoratore violano l’art. 2103 c.c., che comprende il diritto del prestatore a “non essere allontanato da ogni mansione” ed “all’esecuzione della prestazione lavorativa” (Cass. n. 4766/2006);

b) ritiene legittima l’ipotesi di inattività determinata da validi motivi aziendali (ex art. 41 Cost.) o da ragioni disciplinari;

c) ribadisce che, in base alla disposizione codicistica, il lavoratore ha diritto ad essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, o a mansioni “corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte” (co.1); o anche, nell’ipotesi di di “modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore,… a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale” (co.2).

Come noto, nel caso di attribuzione di mansioni inferiori “il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa” (co.5). Tuttavia, “nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro”.

Per riferimenti in tema, v. anche, in questo sito, Trib. Roma ord. 1° febbraio 2020, n. 12119, con nota di F. DURVAL, Diritto al lavoro e inattività del prestatore; Cass. 25 febbraio 2019, n. 5431, con nota di F. IACOBONE, Dequalificazione professionale da inattività e risarcimento del danno; Cass. 9 ottobre 2018, n. 24828, con nota di D. MARTINO, Orario di lavoro, messa a disposizione delle energie e temporanea inattività del prestatore; Cass. 29 maggio 2018, n. 13484, con nota di F. ALBINIANO, Onere probatorio e danno da demansionamento; Cass. 9 maggio 2018, n. 11169, con nota di F. ALBINIANO, Inattività del lavoratore e danno patrimoniale; Cass. 21 febbraio 2018, n. 4228, con nota di A. EVANGELISTA, Demansionamento del dipendente pubblico e inattività forzata (del lavoratore subordinato), K. PUNTILLO, Inattività forzata del lavoratore subordinato, 100 PAROLE.

Inattività del lavoratore e giustificazione dell’impresa
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