G. I. Vigliotti

Il dirigente medico di struttura sanitaria pubblica può, come ogni dipendente pubblico, richiedere di essere assegnato, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a 3 anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione del proprio coniuge, se entrambi genitori di un bimbo con età non superiore a 3 anni. Lo prevede l’art. 42-bis del T.U. sulla maternità (D.LGS. n. 151/2001). Si tratta, però, non di un vero trasferimento, bensì di una assegnazione temporanea, come tale sottoposta a due condizioni: a) previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza e di destinazione; b) natura temporanea della mobilità (dopo i 3 anni di servizio nella nuova sede si torna indietro).

Con riferimento all’autorizzazione, deve sottolinearsi che l’amministrazione può, per ragioni contingenti ed eccezionali di tipo organizzativo, rifiutare l’assegnazione temporanea. In caso di accoglimento, questo deve avvenire entro 30 gg. dalla domanda. Il rifiuto dell’assegnazione non ha conseguenze sul rapporto di lavoro: il dirigente non perde il diritto a partecipare a bandi di mobilità e non perde il diritto a richiedere successive assegnazioni o trasferimenti qualora cambino le condizioni. Il rifiuto dell’amministrazione, peraltro, se ritenuto illegittimo (cioè non sufficientemente o coerentemente motivato) può essere impugnato in sede giudiziale.

In alternativa, il dirigente medico, anche ai sensi dell’art. 54 del ccnl di comparto approvato da pochi mesi, può sempre richiedere il trasferimento definitivo tramite mobilità volontaria, se all’uopo è stato istituito apposito bando ad evidenza pubblica. Questo istituto, a differenza dell’assegnazione, non è temporaneo ma definitivo e comporta la perdita dell’incarico dirigenziale di provenienza e l’obbligo per l’amministrazione di destinazione di assegnare un nuovo incarico dirigenziale, il quale può essere anche di natura diversa purché sempre rientrante tra quelli previsti all’art. 18 del medesimo ccnl.

Infine, il dirigente medico può sempre richiedere la mobilità individuale, anche a prescindere dall’emissione di un bando, ma occorre all’uopo il consenso dell’amministrazione di provenienza e di destinazione.

In definitiva, non esiste un diritto soggettivo assoluto del dirigente medico ad ottenere l’assegnazione o il trasferimento per ricongiungimento familiare, poiché le esigenze organizzative dell’amministrazione, se fondate e rilevanti, possono sempre legittimamente motivare il rifiuto della mobilità, sia temporanea che definitiva.

Trasferimento del dirigente medico – genitore
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