Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 agosto 2020, n. 17577

Domanda di regresso proposta dall’Inail, Recupero delle
prestazioni economiche, Dinamica del sinistro, Giudizio di responsabilità del
datore di lavoro e concorso di colpa dei lavoratori, Utilizzo dei mezzi di
protezione messi a disposizione, Copertura assicurativa inoperante in ragione
della sua sospensione, Pagamento del premio era avvenuto in ritardo, il giorno
dopo l’infortunio

 

Rilevato che

 

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 480
del 2014, ha rigettato l’impugnazione proposta da S. s.r.l. e dal suo
procuratore unico G.C., nei riguardi dell’INAIL e di A.A. s.p.a., avverso la
sentenza del Tribunale G.L. di Verona di parziale accoglimento della domanda di
regresso proposta dall’Istituto al fine del recupero delle prestazioni
economiche riconosciute agli eredi di I.P. e M.H.O., dipendenti della società,
deceduti a seguito dell’infortunio sul lavoro del 22 giugno 2006;

la Corte territoriale ha precisato che la sentenza
di primo grado non si era basata sulla esistenza di una sentenza di
patteggiamento, ma aveva ricostruito la fattispecie concreta mediante propria
attività istruttoria; inoltre, ha condiviso la ricostruzione della dinamica del
sinistro, occorso durante l’esecuzione su piattaforma aerea di lavori in
appalto (relativi al rifacimento della facciata di una chiesa ma evidentemente
estesi per volontà datoriale anche al campanile) operata dal primo giudice ed
ha confermato il giudizio di responsabilità della datrice di lavoro ed il
concorso di colpa dei lavoratori, derivante dalla macroscopica imprudenza degli
stessi consistita nel non aver utilizzato i mezzi di protezione messi loro a
disposizione; inoltre, pur accertato che la copertura assicurativa cui era
obbligata A.A. s.p.a era limitata a lavori come quelli in oggetto, da eseguirsi
in altezza fino a venti metri, ha ritenuto in concreto inoperante la copertura
medesima in ragione della sua sospensione, posto che il pagamento del premio
era avvenuto in ritardo, il giorno dopo l’infortunio, e l’assicuratore, non
essendo a conoscenza dell’infortunio, non avrebbe potuto rinunciare
implicitamente agli effetti della detta sospensione;

avverso tale sentenza, pubblicata il 2 ottobre 2014
e notificata il 23 ottobre 2014, S. s.r.l. e G.C. hanno proposto ricorso per
cassazione basato su due motivi, successivamente illustrati da memoria: il
primo, articolato su due punti, relativo all’ omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360,
primo comma n.5, c.p.c., che si ravvisa nel fatto che la Corte territoriale
avrebbe fondato il proprio convincimento sulla circostanza, non vera, che gli
operai, al momento del sinistro, stavano utilizzando un intonaco del colore del
campanile e che ciò faceva presumere che l’attività rientrasse tra quelle
organizzate dalla datrice di lavoro; il secondo profilo del motivo è basato
sulla violazione o falsa applicazione degli artt.
2727 e 2729 c.c., in relazione alla
illegittimità del ricorso alla disciplina delle presunzioni fondato sulla mera
circostanza che sulla piattaforma semovibile ove i lavoratori operavano era
stato rinvenuto un secchio con l’intonaco del colore del campanile, ed, ancora,
presumendo che una terza persona, mai identificata, aveva spostato il mezzo
semovibile mentre gli operai erano intenti al lavoro; il secondo motivo
denuncia violazione e o falsa applicazione degli artt.
1901 e 1406 c.c., nonché omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio che si ravvisa nella circostanza che la
sentenza impugnata aveva considerato come pagamento tardivo del premio il
pagamento avvenuto il 23 giugno 2006, mentre si trattava della mera regolazione
del premio stesso, da effettuarsi nell’anno successivo a quello di scadenza con
la finalità di integrarne la misura e di adeguare il rischio al contratto in
ragione del volume del bilancio approvato dalla società;

resiste con controricorso, illustrato da successiva
memoria, A.A. s.p.a.;

l’INAIL ha depositato procura speciale notarile e
successiva memoria;

 

Considerato che

 

preliminarmente all’esame dei motivi, va rilevato
che al ricorso, che dà atto che lo stesso si riferisce alla sentenza n. 480 del
2014 emessa dalla Corte d’appello di Venezia il 26 giugno 2014, pubblicata il 2
ottobre 2014 e notificata il 23 ottobre 2014, risulta allegata copia autentica
della sentenza impugnata non notificata;

la contro ricorrente A.A. s.p.a. ha rilevato la
tardività della notificazione del ricorso per cassazione, avvenuta a mezzo
posta elettronica certificata in data 24 dicembre 2014 e, quindi, oltre il
termine di sessanta giorni previsto dall’art. 325
c.p.c., decorrente dalla data della notifica della sentenza impugnata, che
ha allegato al controricorso dopo aver ivi riportato in fotocopia le relative
relate di notifica;

alla luce di tali circostanze, in considerazione
della previsione contenuta nell’art 369, comma 2
n.2, c.p.c., deve ritenersi che il ricorso sia ugualmente procedibile in
applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte di
cassazione, con la sentenza n. 10648 del 02/05/2017, secondo il quale in tema
di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della
sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma
2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il
ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica,
ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché
prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di
trasmissione del fascicolo di ufficio;

il ricorso è, tuttavia, inammissibile in quanto
intempestivamente notificato; va rilevato, infatti, che a fronte della avvenuta
notifica della sentenza, come è pacifico tra le parti, in data 23 ottobre 2014,
la notifica del ricorso, pur spedita lunedì 22 dicembre 2014 alle ore 20,21, è
stata accettata dal sistema per la notifica a mezzo posta elettronica
certificata rispettivamente, quanto al procuratore dell’Inail (avv. C.
Giordano), alle ore 01,56, e quanto all’avv.to S. P., alle ore 2,14 di martedì
23 dicembre 2014 (sessantunesimo giorno dalla notifica della sentenza
impugnata); inoltre, è stata emessa ricevuta di consegna ai predetti
destinatari, rispettivamente, alle ore 01,57 ed alle ore 2,14 del 23 ottobre
2014; è la data in cui viene generata la ricevuta di accettazione che determina
il perfezionamento dell’attività di notifica per il notificante, come
testualmente previsto dall’art.
16 quater, comma tre, del d.l. n. 179/2012, secondo il quale < […] 3.
La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui
viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il
destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta
consegna prevista dall’articolo 6,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68>;
va precisato che la questione in esame si differenzia dalle fattispecie
esaminate da questa Corte di legittimità in diverse occasioni (Cass. 4 maggio
2016, n. 8886, Cass. 21 settembre 2017, n. 21915, nonché con l’ordinanza 22
dicembre 2017, n. 30766);

si discuteva, in particolare in quelle sedi, della
disciplina di cui all’art. 16-
septies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche
nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, laddove
dispone(va) che la notificazione richiesta, con rilascio della ricevuta di
accettazione dopo le ore 21.00, ai sensi dell’art. 3-bis, comma 3, della legge
21 gennaio 1994, n. 53, si perfeziona (va) alle ore 7.00 del giorno successivo,
essendo disposizione normativa, intesa a tutelare il diritto di difesa del
destinatario della notifica senza condizionare irragionevolmente quello del
mittente; principio, questo, che fu enunciato tenendo conto della scelta operata
dal legislatore in ordine all’applicazione dell’art.
147 cod. proc. civ. anche al processo telematico;

nelle suddette pronunce si era in presenza di
situazioni nelle quali il procedimento di notifica era stato messo in moto dopo
le ore 21 e nelle quali anche la ricevuta di accettazione era stata generata
dopo le 21 ma entro le 24 dell’ultimo giorno utile, per cui, pur trattandosi di
notifica avvenuta nell’ultimo giorno utile, l’impugnazione era stata ritenuta
tardiva; sulla legittimità costituzionale della estensione dell’art. 147 c.p.c. alla notifica telematica si è
pronunciata la Corte Costituzionale con la
sentenza n. 75 del 2019 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo –
per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. –
l’art. 16-septies del d.l. n. 179
del 2012 (conv., con modif., in legge n. 221
del 2012), inserito dall’art.
45-bis, comma 2, lett. b), del d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., in legge n. 114 del 2014), nella parte in cui
prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di
accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il
notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione
della predetta ricevuta; la Corte Costituzionale ha ritenuto che la fictio
iuris, relativa al differimento al giorno seguente degli effetti della notifica
eseguita dal mittente tra le ore 21 e le ore 24, è giustificata nei confronti
del destinatario, poiché il divieto di notifica telematica dopo le ore 21,
previsto dalla prima parte dell’art.
16- septies, tramite il rinvio all’art. 147
cod. proc. Civ., mira a tutelare il suo diritto al riposo in una fascia
oraria (dalle 21 alle 24) nella quale egli sarebbe altrimenti costretto a
continuare a controllare la casella di posta elettronica;

nei confronti del mittente, invece, il medesimo differimento
comporta un irragionevole vulnus al pieno esercizio del diritto di difesa,
quanto alla fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in
giudizio, che si sostanzia anche nel diritto ad impugnare, poiché gli impedisce
di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa – che,
nel caso di impugnazione, scade (ai sensi dell’art.
155 cod. proc. civ.) allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno –
senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario
e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta; inoltre, la restrizione
delle potenzialità (accettazione e consegna sino alla mezzanotte) che
caratterizzano e diversificano il sistema tecnologico telematico rispetto al
sistema tradizionale di notificazione legato “all’apertura degli
uffici” è intrinsecamente irrazionale, venendo a recidere l’affidamento
che lo stesso legislatore ha ingenerato nel notificante immettendo il sistema
telematico nel circuito del processo. La reductio ad legitimitatem della
disposizione censurata è possibile, ad avviso della Corte Costituzionale,
applicando – in superamento dell’interpretazione consolidatasi come diritto
vivente – la regola generale di scindibilità soggettiva degli effetti della
notificazione anche alla notifica effettuata con modalità telematiche giacché
il diritto ad impugnare è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale
effettiva;

la questione che forma oggetto del presente
giudizio, (come in quella esaminata anche da Cass. n. 20198 del 2018) nasce dal
fatto che la notifica del ricorso risulta spedita alle ore 20.21 del 22 ottobre
2014 ma l’accettazione della notifica è avvenuta il giorno successivo; proprio
in applicazione del principio della scissione del momento di perfezionamento
della notifica per il notificante e per il destinatario esteso dall’art. 16 quater, comma tre, del d.l.
n. 179/2012 anche alle notifiche eseguite con modalità telematica, per il
primo (il notificante) il momento perfezionativo è determinato dall’emissione
della ricevuta di accettazione e per il secondo (il destinatario) da quella di
emissione della ricevuta di avvenuta consegna;

ne consegue che si deve considerare tardiva la notifica
che, seppure spedita alle 20.21 dell’ultimo giorno utile per la proposizione
del ricorso per cassazione, venga accettata addirittura il giorno dopo, con
perfezionamento del procedimento notificatorio quando il termine era già
spirato; i ricorrenti, nella memoria depositata, rilevano che in condizione di
normale funzionamento dei server dedicati alla posta certificata all’invio di
una PEC segue, in un lasso di tempo praticamente immediato, la ricezione sul
computer del mittente di una PEC di accettazione che comunica che il gestore
della posta elettronica ha preso in carico il messaggio e lo ha inviato al
destinatario;

pertanto, nel caso di specie, si sarebbe certamente
verificato un malfunzionamento correlato al server del gestore della Posta
Elettronica Certificata, dimostrato dal lasso di tempo di circa sei ore
intercorso tra l’invio e l’accettazione e certamente non imputabile al
notificante; alla luce di tale considerazione, dunque, viene invocato il
principio secondo il quale il termine a disposizione del notificante deve
essere riconosciuto per intero (Cass. SS.UU. 24822 del 2015), senza che si
possa pretendere che lo stesso anticipi <per precauzione> l’attività
stessa, e si insiste perché la Corte di cassazione rimetta in termini la parte ricorrente;
la situazione in concreto realizzatasi, come è evidente, non costituisce il
riflesso di una illegittima lettura del disposto dell’art. 16 quater, comma tre, del d.l.
n. 179/2012, ma un accadimento di fatto che non ha consentito l’effettivo
perfezionamento del procedimento notificatorio; dinanzi a tale accadimento,
anche a voler ritenere la decadenza non imputabile al notificante, va fatta
applicazione del disposto dell’art. 153, secondo
comma, c.p.c. e del principio espresso da Cass. Sez. U, n. 14594 del 2016,
secondo la quale “In caso di notifica di atti processuali non andata a
buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito
negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve
riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con
tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il
limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 cod. proc. civ.,salvo circostanze
eccezionali di cui sia data prova rigorosa”; il richiedente, dunque, ha il
preciso onere di riprendere il procedimento notificatorio nella metà dei
termini ex art. 325 cod. proc. civ., ossia, per
quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni, salva la facoltà
per l’interessato di dimostrare che tale dilazione è insufficiente in ragione
di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato; nella concreta
vicenda risulta che i ricorrenti, pur avendo appreso dell’esito negativo della
notifica in data 23.1.2014, non hanno mai riattivato la procedura
notificatoria;

il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza nella misura
liquidata in dispositivo in favore della contro ricorrente A.A. s.p.a. e nei
confronti dell’INAIL che ha depositato memoria.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna le parti
ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in
favore di ciascuna parte intimata, in Euro 3700,00 per compensi professionali,
oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese
accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.
13, comma 1 quater dà atto del sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso
art. 13, comma 1 bis, ove
dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 agosto 2020, n. 17577
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