Fumare nel luogo di lavoro non legittima sempre il licenziamento disciplinare.

Nota a Cass. 26 giugno 2020, n. 12841

Fabio Iacobone

La violazione del divieto di fumo in azienda, senza pericolo per impianti e persone, comporta l’applicazione della sanzione disciplinare conservativa e non il licenziamento del dipendente.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione 26 giugno 2020 n 12841, condividendo la decisione con cui la Corte territoriale (App. Genova n. 305/2018) aveva annullato il licenziamento per giusta causa di un lavoratore per aver contravvenuto al divieto di fumo durante l’orario di lavoro e presso un ambito recondito (intercapedine) dei locali dell’azienda.

I giudici del merito, in particolare, avevano escluso che il fatto addebitato al lavoratore rientrasse nella previsione di cui all’art. 48, lett. b), ccnl Pulizie – Multiservizi, che collega il licenziamento ai casi in cui il lavoratore fumi “dove può provocare pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti”, ritenendo, invece, applicabile la previsione collegata al mero divieto di fumare in mancanza di “pericolo per le persone o per gli impianti”, dettata dall’art. 47 del medesimo ccnl e concernente la sanzione conservativa dell’ammonizione o della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, con conseguente illegittimità del licenziamento ed applicazione della tutela reintegratoria (ex art. 18, co. 4, Stat. Lav.).

La Cassazione ha: a) valutato la scala valoriale del codice disciplinare contenuto nel ccnl applicato in azienda circa le due tipizzazioni contrattuali concernenti l’infrazione al divieto di fumo, procedendo alla verifica della sussistenza dei requisiti elaborati dalle parti sociali per l’adozione del provvedimento di licenziamento; b) analizzato il profilo soggettivo e oggettivo della condotta con particolare riguardo alla conformazione del luogo ove il lavoratore era stato trovato intento a fumare (“zona di intercapedine tra uffici sprovvisto di impianti e di persone; assenza di attrezzature pericolose quali bombole contenenti materiale infiammabile; planimetria dello stabilimento”); c) escluso la ricorrenza dei requisiti costitutivi della fattispecie contrattuale punita con sanzione espulsiva, nello specifico “rilevando che – alla luce delle circostanze concrete che caratterizzavano la condotta del lavoratore – non poteva ritenersi integrato un pericolo alla salute derivante dalla mera combustione di una sigaretta posto che l’infrazione al divieto di fumo in ambienti chiusi previsto dalla legge (L. n. 3 del 2003, art. 51) doveva misurarsi, quanto agli effetti sul rapporto di lavoro, con le due distinte previsioni disciplinari elaborate dalle parti sociali (artt. 47 e 48 ccnl cit.)”.

Fumare sul lavoro
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