Prassi – FONDAZIONE STUDI CDL – Approfondimento 27 agosto 2020

Super ecobonus e visto di conformità: i risvolti penali per il
Consulente del lavoro

 

L’articolo
119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito con modificazioni
dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), al comma
1, stabilisce che possono essere portate in detrazione “nella misura del 110
per cento” le spese sostenute per “interventi di efficienza energetica” effettuati
su unità immobiliari. L’articolo
121 dello stesso decreto, al comma 1, prevede che “i soggetti”, i quali
“sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi” di efficienza
energetica “possono”, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione
spettante, esercitare un’opzione:

a) ricevere un contributo, sotto forma di sconto sul
corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso,
anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi
recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione
spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti,
compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;

oppure

b) cedere il credito d’imposta di pari ammontare,
con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di
credito e gli altri intermediari finanziari.

Lo stesso articolo, all’ultimo comma, stabilisce
inoltre che l’esercizio delle sopra indicate opzioni sarà effettuato “in via
telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322”, tra i
quali, alla lettera a), sono ricompresi anche i Consulenti del Lavoro.

 

1. I SOGGETTI TENUTI AL RILASCIO DI “ASSEVERAZIONI”
E “ATTESTAZIONI”

 

Il comma 13 dell’articolo 119 stabilisce che,
per poter effettuare la detrazione ovvero esercitare l’opzione per la cessione
o per lo sconto delle spese sostenute per l’adeguamento o la ristrutturazione
di immobili per migliorarne l’efficienza energetica, il contribuente è tenuto a
presentare “asseverazioni”, che, in riferimento agli “interventi di cui ai
commi 1, 2 e 3 del presente articolo” riguardano il “rispetto dei requisiti
previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell’articolo 14 del decreto-legge 4
giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e la corrispondente
congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati”,
mentre, per quanto concerne “gli interventi di cui al comma 4”, concernono
“l’efficacia degli stessi al fine della riduzione del rischio sismico”.

Peraltro, in quest’ultimo caso, stando alla lettera
del penultimo periodo del comma 13, “la corrispondente congruità delle spese sostenute
in relazione agli interventi agevolati” deve essere provata mediante
“attestazioni”.

Orbene, dall’esame del comma 13 emerge che i
soggetti tenuti a rilasciare le “asseverazioni” in esame sono, “per gli
interventi di cui ai commi 1, 2 e 3”, “i tecnici abilitati” e, “per gli
interventi di cui al comma 4”, i “professionisti incaricati della progettazione
strutturale”, questi ultimi chiamati altresì a rilasciare le “attestazioni”
relative alla “congruità delle spese sostenute”.

Si deve, pertanto, concludere che, alla luce delle
disposizioni citate, i Consulenti del Lavoro non devono rilasciare le
“asseverazioni” e le “attestazioni” che il contribuente è tenuto ad allegare
alle richieste di detrazione o di opzione per la cessione o per lo sconto delle
spese.

 

2. L’INTERVENTO DEL CONSULENTE DEL LAVORO

 

Il comma 11 dell’articolo 119 dispone che il
contribuente, al fine di poter esercitare la “opzione per la cessione o per lo
sconto di cui all’articolo 121”,
deve richiedere ad uno dei “soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3
dell’articolo 3 del regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322”
e, quindi, anche ad un Consulente del Lavoro “il visto di conformità dei dati
relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che
danno diritto alla detrazione d’imposta per gli interventi di cui al presente
articolo”.

Tale precetto prosegue, affermando che “il visto di
conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo
9 luglio 1997, n. 241”. Inoltre, l’ultimo periodo del comma 13 fornisce,
sia pure in maniera sintetica, il tipo di controllo che “il soggetto che
rilascia il visto di conformità di cui al comma 11” – il Consulente del Lavoro
– deve compiere: “verificare la presenza delle asseverazioni e delle
attestazioni rilasciate dai professionisti incaricati”.

Dal tenore letterale della norma in commento è
legittimo dedurre che l’attività – che il Consulente del Lavoro è tenuto ad
effettuare prima di rilasciare il “visto di conformità” – consiste
esclusivamente in una mera “verifica” della “presenza delle asseverazioni e
delle attestazioni”, non dovendo egli eseguire alcun accertamento in ordine
alla veridicità e alla congruità dei dati contenuti in tali atti. Da ciò si
può, inoltre, concludere che il Consulente del Lavoro – salvo che sia ab
origine consapevole della falsità dei dati esposti nelle “asseverazioni” e
nelle “attestazioni” o abbia dato un qualsivoglia contributo causale
all’illecita detrazione mediante l’esercizio del diritto di opzione ex articolo 121 – non potrà essere
chiamato a rispondere dei reati che saranno contestati al contribuente in
concorso, a seconda della natura degli interventi, col “tecnico abilitato” o
col “professionista incaricato della progettazione strutturale”.

In definitiva, l’attività che, nel caso di specie,
il Consulente del Lavoro è chiamato a compiere non è da considerare
“straordinaria” o diversa rispetto a quella che egli ordinariamente svolge, se
si pensa che, in forza del sopra citato (e richiamato nel comma 11) articolo 35 del decreto legislativo
n.241/1997, egli rilascia, su richiesta del contribuente, “il visto di
conformità e l’asseverazione di cui ai commi 1 e 2, lettera a)” (…)
“relativamente alle dichiarazioni da” lui “predisposte”.

 

3. IL “VISTO DI CONFORMITÀ” PREVISTO DALL’ARTICOLO 35 DEL DECRETO LEGISLATIVO
241/1997

 

Lo strumento del “visto di conformità” – al quale fa
riferimento il comma 11 dell’articolo
119 – è quello cosiddetto “leggero”, previsto e disciplinato dall’articolo 35 del decreto legislativo
241/1997. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, tale visto
di conformità “rappresenta uno dei livelli di controllo attribuito dal
legislatore a soggetti estranei all’Amministrazione finanziaria sulla corretta
applicazione delle norme tributarie, in particolare a professionisti abilitati
iscritti negli appositi Albi. Con la sua apposizione i professionisti attestano
la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze della
documentazione e alle norme che disciplinano la deducibilità e detraibilità
degli oneri, i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto. Tali
controlli hanno lo scopo di evitare errori materiali e di calcolo nella
determinazione di imponibili, imposte e ritenute e nel riporto di eccedenze
derivanti da precedenti dichiarazioni”. (NOTA 1)

Del resto, a parere della Corte di Cassazione,
“l’attività di controllo implica, nel caso del professionista, una regolare
tenuta della contabilità, la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione
alle risultanze delle scritture contabili e alla relativa documentazione sia
per le imposte sui redditi sia ai fini IVA”. (NOTA 2)

Per quanto riguarda la responsabilità penale,
secondo la Corte di legittimità, il professionista, che abbia rilasciato “un
mendace visto di conformità leggero risulta esposto anche a sanzioni penali in
ragione dell’espressa previsione di cui all’articolo 39 del d. lgs. 241/1997
e del meccanismo del concorso nel reato di cui all’art.
110 c.p., non trovando dunque applicazione il principio di specialità di
cui all’art. 15 c.p., incorrendo peraltro nel
reato di cui all’articolo 3
D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74” (la cui rubrica è “dichiarazione fraudolenta
mediante altri artifici”), dal momento che l’apposizione di un visto mendace
costituisce un mezzo fraudolento idoneo ad ostacolare l’accertamento e ad
indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indicando in una delle
dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare
inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute
fittizi”. (NOTA 3)

 

4. L’IRREGOLARE APPOSIZIONE DEL “VISTO DI
CONFORMITÀ”: CONSEGUENZE DI NATURA PENALE

 

Nel caso in cui il Consulente del Lavoro rilasci il
“visto di conformità” senza che ne ricorrano i presupposti (ad esempio, in
assenza delle “attestazioni” e delle “asseverazioni”) o dichiarando conformi
dati che non lo sono e, comunque, con la coscienza e la volontà di agevolare o
favorire il contribuente nella realizzazione del programma criminoso da lui
ideato, risponderà – come sopra esposto – delle sanzioni previste dall’articolo 39 del decreto legislativo
241/1997 e, a titolo di concorso, di quelle stabilite per reati
addebitabili al contribuente (tra cui quelli ex articolo 3 del decreto legislativo
74/2000 o di truffa aggravata ovvero di indebita percezione di erogazioni a
danno dello Stato ai sensi dell’articolo 316-ter
del codice penale).

Sul punto, la Corte di Cassazione ha stabilito che è
punibile per reati di natura tributaria, in concorso con il contribuente, il
professionista che, sebbene consapevole della illiceità delle operazioni
commerciali dalle quali è generato un credito IVA, abbia ugualmente apposto il
visto di conformità, “in quanto la professionalità dallo stesso posseduta
avrebbe richiesto un controllo della regolare tenuta e conservazione delle
scritture contabili che, se regolarmente effettuato, avrebbe permesso di
accertare la discrasia evidente tra la capacità reddituale emergente dalle
dichiarazioni depositate negli esercizi precedenti e i ricavi dichiarati in
corrispondenza degli esercizi in cui il credito IVA era maturato”. (NOTA 4) È
stato, in buona sostanza, ritenuto che “la volontà di aderire” al programma
criminoso del contribuente ben può desumersi dall’avere il professionista messo
“a disposizione le proprie competenze professionali e la possibilità di apporre
il visto di conformità necessario per la cessione dei crediti IVA, elemento
funzionale al raggiungimento degli obbiettivi”. (NOTA 5)

 

5. LE SANZIONI DI NATURA PENALE E LA SANZIONE
AMMINISTRATIVA CONTENUTE NEL COMMA 14 DELL’ARTICOLO 119

 

Il comma 14 dell’articolo 119 prevede
“l’applicazione delle sanzioni di natura penale ove il fatto costituisca reato”
e di una sanzione amministrativa” ai soggetti che rilasciano attestazioni e
asseverazioni infedeli”.

Orbene, come abbiamo sopra illustrato, il rilascio
delle asseverazioni e delle attestazioni (alle quali si fa riferimento nei
commi 13 e 13-bis) indispensabili per poter godere “della detrazione del 110
per cento” non compete al Consulente del Lavoro, bensì – stando al tenore
letterale della norma de qua – ai “tecnici abilitati”, in riferimento agli
interventi indicati nei commi 1, 2 e 3 e ai “professionisti incaricati della
progettazione strutturale”, per quanto concerne le opere eseguite su edifici
ubicati in zone sismiche.

Pertanto, sulla base della normativa richiamata, e
soprattutto del principio di legalità in materia penale sancito dall’articolo 25 della Costituzione (in base al quale
“nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in
vigore prima del fatto commesso”) e ribadito nell’articolo
1 del codice penale (secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto
che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non
siano da essa stabilite”), dobbiamo concludere che il Consulente del Lavoro,
essendo chiamato a rilasciare soltanto un visto di conformità (atto che non è
inserito nel comma 14, accanto alle attestazioni e alle asseverazioni), non può
in alcun modo essere destinatario delle “sanzioni di natura penale” e della
“sanzione amministrativa” che il comma 14 commina soltanto ai “tecnici
abilitati” e ai “professionisti incaricati della progettazione strutturale” nel
caso in cui questi abbiano rilasciato attestazioni e asseverazioni infedeli.

 

Note:

(1) Cass. Pen., Sez. III, 13 marzo 2019, n. 24800, Fabiano

(2) Ibidem

(3) Ibidem

(4) Cass. Pen.,
Sez. III, 13 marzo 2019, n. 24800, Fabiano

(5) Ibidem

Prassi – FONDAZIONE STUDI CDL – Approfondimento 27 agosto 2020
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