Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2020, n. 18247

Credito a titolo di TFR, Insinuazione allo stato passivo del
Fallimento, Carenza di prova e di legittimazione attiva, Azienda con oltre
cinquanta dipendenti, Richiesta al Fondo di di Tesoreria, Sostanziale
contestazione della valutazione probatoria del giudice di merito

 

Rilevato che

 

1. con decreto 21 novembre 2014, il Tribunale di
Nola rigettava l’opposizione, proposta da N.S., ai sensi dell’art. 98 I. fall., avverso lo
stato passivo del Fallimento T.A. s.r.l., dal quale era stato escluso in
particolare il suo credito di € 37.804,53 a titolo di T.f.r., ad esso
insinuato, per carenza di prova e di legittimazione attiva, siccome da
richiedere direttamente al Fondo di erogazione del T.f.r. ai lavoratori
dipendenti del settore privato ex lege 296/2006,
trattandosi di azienda con oltre cinquanta dipendenti;

2. esso ha analiticamente ricostruito il sistema, a
seguito dell’istituzione del Fondo di erogazione del T.f.r. ai lavoratori
dipendenti del settore privato, con l’art. 1, comma 755 ss. I. 296/2006,
il D.M. 30 gennaio 2017 e varie note e circolari Inps (tra le quali, in
particolare, la n. 70/2007), sulla fondamentale distinzione delle imprese:

a) con meno di 49 dipendenti, presso le quali il
T.f.r. rimane effettivamente accantonato;

b) con un numero superiore, nelle quali esso è
versato nel Fondo di Tesoreria gestito dall’Inps, dal quale il lavoratore può
ritirarlo alla fine del rapporto e regolato ai sensi dell’art. 2120 c.c.: con il conferimento, in caso di
mancata scelta del lavoratore, al fondo pensione di categoria o di adesione
della maggior parte dei lavoratori; e versamento del T.f.r., in assenza di un
fondo di categoria, dall’Inps al Fondinps (fondo di pensione residuale);

3. la prestazione pensionistica, con le note Inps n.
17020/2012, n. 2057/2012 e n. 2837/2014 in riferimento alla procedura
concorsuale del datore di lavoro, è stata in particolare regolata con un
articolato sistema (di previsione, in epoca successiva al 31 dicembre 2006,
dell’insinuazione dei lavoratori, licenziati da imprese obbligate al versamento
del contributo al Fondo di Tesoreria, allo stato passivo del Fallimento del
datore per il T.f.r. maturato a tale data) di erogazione del T.f.r. a carico
del Fondo, eventualmente (in caso di quota non conguagliata dai contributi
versati dal datore) in esito ad accertamenti ispettivi e con intervento, su
richiesta del lavoratore e nella ricorrenza dei presupposti ai sensi dell’art. 5, secondo comma d.lg.
80/1992, del Fondo di Garanzia presso l’Inps;

4. in esito all’operata ricostruzione del sistema,
il Tribunale ha quindi ritenuto la legittimazione del Fondo di Tesoreria,
previa dichiarazione di incapienza della procedura da parte del curatore o dei
suindicati accertamenti, nel caso di impresa con numero di dipendenti superiore
ai 49, all’erogazione del T.f.r. al lavoratore: con la sua conseguente carenza
di legittimazione all’insinuazione allo stato passivo del credito per T.f.r.; e
ciò sull’accertato presupposto del suindicato limite dimensionale dell’impresa
fallita, contestato dal predetto;

5. avverso il decreto, con atto notificato il 22
dicembre 2014, il lavoratore ricorreva per cassazione con unico motivo, mentre
la curatela fallimentare intimata non svolgeva difese;

 

Considerato che

 

1. il ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 1,
comma 755 ss. 296/2006, 2120 c.c. ed omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti,
quale l’esatta determinazione dell’organico aziendale, inferiore alle 49 unità
(comportante la soggezione al regime di accantonamento effettivo del T.f.r.
presso l’impresa datrice, qualora il lavoratore opti espressamente per la non z
adesione alla previdenza complementare gestita da Fondinps e, in entrambi i
casi, l’ammissione allo stato passivo del fallimento datoriale) alla data del
31 dicembre 2006, elemento discretivo per l’applicazione dal 1° gennaio 2007
del regime del T.f.r.: dovendo questo, nel caso di impresa con un numero di
lavoratori invece superiore, essere versato nel Fondo di Tesoreria gestito
dall’Inps, con la conseguente legittimazione del lavoratore all’insinuazione
allo stato passivo del datore fallito, per riceverne la diretta corresponsione;

1.1. chiarita la tipologia contrattuale computabile
dei lavoratori in essa impiegati, egli si duole pertanto dell’inesatto
accertamento da parte del tribunale del requisito dimensionale dell’impresa per
la mancata ammissione, senza una sufficiente motivazione, delle istanze
istruttorie intese all’esibizione del libro unico contenente il numero dei
dipendenti e delle relative mansioni dal 1° luglio 2010 alla data di
fallimento, nonché dell’iscrizione al fondo ex lege
297/2006 della società fallita, di V. Italia s.a.s. e di S. s.r.l. (unico
motivo);

2. esso è inammissibile;

3. occorre premettere l’obbligo di versamento del
T.f.r. tempo per tempo maturando al Fondo per l’erogazione ai lavoratori
dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ai sensi dell’art. 2120 c.c., istituito dall’art. 1, comma 755 I. 296/2006
con effetto dal 1° gennaio 2007, da parte dei datori di lavori con non meno di
50 dipendenti (art. 1, comma 756
I. cit.), secondo le modalità stabilite, a norma dell’art. 1, comma 757, dal d.m. 30 gennaio
2007, n. 11536, sempre che i lavoratori non manifestino la volontà di
conferirlo a forme pensionistiche complementari;

4. non è configurabile la violazione di legge
denunciata, in assenza di una corretta deduzione del vizio, consistente nella
erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a
dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione) e che postula che
l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed
indiscusso; sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni
critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente
riservata al potere del giudice di merito (Cass. 13 marzo 2018, n. 6035);
essendo poi noto che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa sia esterna all’esatta
interpretazione della norma e inerisca alla tipica valutazione del giudice di
merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto
l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13
ottobre 2017, n. 24155);

5. parimenti inconfigurabile è il vizio motivo, alla
luce del novellato testo dell’art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014,
n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439),
in assenza dell’omesso esame di un fatto storico, che invece è stato esaminato
e valutato, con ragionamento congruente (all’ultimo capoverso prima della parte
dispositiva, a pg. 7 del decreto);

5.1. la denuncia si risolve piuttosto in una
sostanziale contestazione della valutazione probatoria del giudice di merito,
con la sollecitazione di un riesame del merito, insindacabile in sede di
legittimità ove compiuti con adeguata argomentazione, come appunto nel caso di
specie; pure in assenza di una specifica confutazione, in esito al ragionamento
probatorio svolto dal Tribunale, della mancanza di offerta dall’opponente di
una prova contraria: con evidente riflesso sulla genericità del motivo, in
violazione del principio prescritto dall’art. 366,
primo comma, n. 4 c.p.c., che esige l’illustrazione del motivo, con
esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la
sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in
relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la
cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009,
n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 26 settembre 2016, n.
18860); altresì risultando analogo difetto di specificità, in violazione del
principio prescritto dall’art. 366, primo comma, n.
4 e n. 6 c.p.c., tuttavia sotto il profilo di mancata trascrizione delle
istanze istruttorie asseritamente formulate (nonostante il tribunale abbia
argomentato anche dalla mancata sconfessione delle risultanze probatorie
valutate “dalla prova contraria che l’opponente in questa sede non ha offerto”
: così all’ultima parte dell’ultimo capoverso sopra citato), al fine di
consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da
provare e quindi delle prove stesse (Cass. 30 luglio 2010, n 17915, con
principio affermato ai sensi dell’art. 360bis,
primo comma c.p.c.; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 10 agosto 2017, n.
19985);

6. pertanto il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, senza assunzione di provvedimenti sulle spese del giudizio, non
avendo la curatela fallimentare vittoriosa svolto difese e raddoppio del
contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti
processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n.
23535);

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le
spese.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis, dello stesso art. 13, se
dovuto.

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