Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2020, n. 18253

Licenziamento per superamento del periodo di comporto,
Illegittimità, Richiesta di fruizione di un periodo di congedo senza assegni
per trenta giorni al fine di limitare l’assenza per malattia

 

Rilevato che

 

1. La Corte di appello di Roma ha accolto il reclamo
proposto da L.G. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città ed, in
riforma della stessa, ha dichiarato illegittimo il licenziamento a lui intimato
dalla R.F.I. s.p.a. in data 15.12.2009 ed a decorrere dal 7.11.2009, in
relazione all’avvenuto superamento del periodo di comporto; ne ha ordinato la
reintegrazione nel posto di lavoro ed ha condannato la società al pagamento
delle retribuzioni maturate e non erogate dalla data del licenziamento
all’effettiva reintegra con interessi e rivalutazione monetaria dalle singole
scadenze al saldo oltre che al versamento dei contributi previdenziali ed
assistenziali, rigettando le altre domande e condannando la società al
pagamento delle spese di entrambi i gradì di giudizio.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che
erroneamente la sentenza dì primo grado avrebbe trascurato di considerare che
il lavoratore, prima della scadenza del periodo di comporto, aveva chiesto di
poter usufruire dì un periodo di congedo senza assegni per trenta giorni al
fine di limitare l’assenza per malattia e scongiurare il superamento del
periodo di comporto. Ha quindi osservato che tenendo conto di tale richiesta
alla data dell’intimazione del licenziamento il periodo di comporto,
interrotto, non sarebbe maturato e, per l’effetto, ha dichiarato illegittimo il
licenziamento e reintegrato il lavoratore applicando l’art. 18 dello Statuto
dei lavoratori nel testo antecedente le modifiche apportate con la legge del
2012.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto
tempestivo ricorso la società R.F.I. s.p.a. che ha articolato due motivi ai
quali ha resistito con controricorso L.G.. Il Procuratore generale ha insistito
per la declaratoria di inammissibilità del ricorso o, comunque, per il suo
rigetto. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1. cod. proc.civ.

 

Considerato che

 

4. Con il primo motivo dì ricorso è denunciata la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1324
e 1362 e ss. cod. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc.civ.

4.1. Osserva la ricorrente che erroneamente la Corte
di merito ha ritenuto che la società non avrebbe tenuto conto delle richieste
avanzate dal lavoratore in ordine alla concessione dei periodi di congedo per
limitare la durata dell’assenza per malattia. Nel riportare la corrispondenza
intercorsa tra le parti, depositata nei precedenti gradi di giudizio, la
società evidenzia che tale affermazione della Corte territoriale è in palese
violazione dei canoni di interpretazione della documentazione prodotta in
giudizio.

4.2. Osserva infatti che, dal tenore letterale della
comunicazione del 24 giugno 2009, emergeva con chiarezza che al lavoratore era
stato comunicato il superamento del comporto a retribuzione intera; che il
lavoratore era stato, del pari, avvisato della data di scadenza finale del
comporto, anche a retribuzione ridotta, ed informato della possibilità, nel
perdurare della malattia, di avvalersi di ulteriori dodici mesi di aspettativa
non retribuita per ragioni di salute. Infine era stato reso edotto della
possibilità, per la società, di avvalersi della risoluzione del rapporto ai
sensi dell’art. 26 punto 11 del
c.c.n.I. di categoria.

4.3. Evidenzia che dalla lettura della lettera del
22 settembre 2009 emergevano chiaramente le ragioni per le quali la società non
aveva dato seguito alla richiesta formulata dal lavoratore di usufruire di un
congedo per gravi ragioni familiari ai sensi dell’art. 35 del c.c.n.I. (consentito
solo nei limiti dettati dall’art.
2 del D.P.C.M. n. 278 del 2000) ed era stata ribadita la possibilità di
avvalersi, invece, dell’aspettativa per motivi di salute.

4.4. Che nella successiva lettera del 13 ottobre
2009 tale ultima opportunità era stata ancora una volta rimarcata e si era
rammentata la necessità di depositare idonea documentazione medica.

4.5. Infine nella comunicazione del 2 novembre 2009
la società aveva fatto presente che anche il comporto di dodici mesi era stato
raggiunto e che dunque, per evitare il suo superamento, la società aveva
d’ufficio imputato all’aspettativa per motivi di salute – unico strumento
utilizzabile – l’assenza del lavoratore dal 19 al 21 ottobre 2009. Gli aveva
poi rammentato che ulteriori assenze per motivi di salute avrebbero dovuto
essere imputate ad aspettativa e che, in caso contrario, la società si sarebbe
avvalsa della facoltà di risolvere il rapporto di lavoro.

4.6. Ritiene perciò che se la Corte di merito avesse
interpretato la documentazione secondo il canone letterale e tenendo conto
dell’intenzione delle parti sarebbe giunta alla conclusione che, in assenza di
una richiesta di aspettativa, il licenziamento era stato legittimamente
intimato.

4.7. Diversamente decidendo, e ritenendo che non si
sarebbe tenuto conto delle richieste di congedo avanzate, la sentenza sarebbe
incorsa nella violazione di legge denunciata trascurando inoltre di procedere
ad una interpretazione secondo buona fede che avrebbe dovuto convincerlo della
correttezza della condotta tenuta dalla società.

5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la
violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del c.c.n.I. 3 26.9/26.11
delle attività ferroviarie del 16.4.2003 oltre che dell’art. 2110 cod. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ..

5.1. Sostiene la ricorrente che la Corte di merito
non avrebbe tenuto conto della differenza esistente tra il congedo per gravi
motivi familiari, disciplinato dall’art.
35 del c.c.n.I., e l’aspettativa per motivi di salute di cui all’art. 26 dello stesso c.c.n.I..
Mentre il primo richiede che siano documentati gravi motivi riconducibili a
quelli individuati nell’art. 2
del D.P.C.M. n. 278 del 2000 la seconda è prevista dall’art. 26 del c.c.n.I. proprio per
il caso in cui, approssimandosi i limiti del comporto, perduri la malattia.

5.2. Evidenzia che il tenore letterale delle
disposizioni collettive era talmente chiaro da non necessitare il ricorso ad
altri criteri di interpretazione. Sottolinea che la previsione dì una ulteriore
aspettativa per malattia, infrazionabile, è stata prevista dalle parti
collettive per il caso di malattie di particolare gravità che autorizzino il
protrarsi dell’assenza anche oltre il termine di comporto generalmente fissato.
Nell’affermare che la società non avrebbe preso in considerazione le richieste
del lavoratore la Corte di merito trascura di tenere conto del contenuto del
lungo carteggio intercorso tra le parti rivelatore della buona fede e correttezza
della condotta datoriale così incorrendo anche nella violazione delle
disposizioni che autorizzano il recesso dal rapporto di lavoro al verificarsi
di determinate condizioni (art. 2110 cod. civ.).

6. Tanto premesso ritiene il Collegio che le
censure, da esaminare congiuntamente, devono essere accolte.

6.1. Ritiene infatti il Collegio che il presupposto
su cui la sentenza fonda le sue conclusioni muova, come denunciato nel primo
motivo di ricorso, da una implausibile interpretazione della copiosa
documentazione depositata in giudizio e riportata per esteso nel ricorso.

6.2. Ed infatti la sentenza impugnata ha dichiarato
illegittimo il licenziamento affermando che la Società “non ha in alcun
modo tenuto in considerazione delle richieste avanzate dal lavoratore in ordine
alla concessione di periodi di congedo al fine di limitare la durata
dell’assenza e, quindi, di scongiurare il superamento del comporto”. Sulla
base di tale premessa, quindi, il giudice di secondo grado ha considerato
nuovamente la durata del comporto accertando che “ove si fosse tenuto in
considerazione della richiesta di congedo del lavoratore che ne avrebbe
interrotto la decorrenza, non sarebbe stato superato”.

6.3. Si osserva tuttavia che a fronte di reiterate
richieste del lavoratore di poter fruire di congedi straordinari non retribuiti
ai sensi degli artt. 35 e 26.9 del c.c.n.I. la società, che
aveva già informato il lavoratore della complessiva situazione in cui versava
rispetto alle assenze dal lavoro accumulate, ha dato riscontro alle richieste
di ulteriore congedo formulate sottolineando quali erano gli strumenti ancora a
disposizione del lavoratore per non maturare il periodo di comporto per
malattia previsto dal contratto collettivo di categoria.

6.4. Va rammentato che il contratto collettivo delle
attività ferroviarie del 16 aprile 2003, applicabile alla fattispecie in esame,
prevede due distìnti istituti: l’aspettativa per motivi di salute disciplinata
dall’art. 26 del c.c.n.I. ed
il congedo straordinario per gravi motivi disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.I.

6.5. La prima è concessa al lavoratore che la
chieda, per un periodo massimo di dodici mesi e sulla base della documentazione
medica allegata alla richiesta, al fine di agevolare la guarigione e il rientro
in servizio del lavoratore. Il secondo, disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.I., può essere
accordato ove connesso a motivi di salute, nei limiti dettati dalla legge 54
del 2000 art. 4 comma 2 e dal D.P.C.M.
n. 278 del 2000 art. 2.

6.6. Orbene il giudice di appello ha trascurato di
considerare che è proprio a questi due istituti – cumulativamente e
atecnicamente indicati come congedo straordinario non retribuito – che il
lavoratore fa riferimento nelle domande, ripetute, avanzate dopo che la società
datrice lo aveva allertato dell’approssimarsi del raggiungimento del periodo
massimo di assenze accumulabile. A queste richieste pertanto la società ha dato
riscontro fornendo una interpretazione della natura dei congedi e delle
condizioni per ottenerli e sollecitando il lavoratore a documentare
coerentemente le sue domande.

6.7. L’ interpretazione data dalla Corte di merito,
allora, è dissonante rispetto al contenuto letterale delle risposte inviate dalla
società in replica alle domande di “congedo straordinario” formulate
e non è logicamente plausibile sostenere che la società non le abbia prese in
considerazione.

6.9. Al lavoratore, come si è ricordato, è stato
comunicato sia il superamento del comporto a retribuzione intera sia la data di
scadenza finale del comporto, anche a retribuzione ridotta. Inoltre è stato
informato della possibilità di avvalersi di un’ulteriore aspettativa
documentando la malattia e delle conseguenze del compimento del periodo massimo
di assenza consentita (comunicazione del 24 giugno 2009). Sostenere che la
società non avesse affatto tenuto in considerazione le richieste di concessione
di ulteriori periodi di congedo avanzate dal lavoratore per scongiurare il
superamento del comporto è ricostruzione che distorce il tenore letterale delle
risposte date alle richieste del lavoratore, trascura di verificare quale fosse
la reale intenzione delle parti ed incorre perciò nella denunciata violazione
delle regole di interpretazione della documentazione allegata in giudizio. Sì
può discutere se sia o meno corretto il diniego del congedo straordinario per
gravi ragioni familiari disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.I.. Si può
verificare se era stata ritualmente avanzata e documentata una domanda di
ulteriore aspettativa per motivi di salute ai sensi dell’art. 29 dello stesso c.c.n.I.. Si
può per l’effetto ritenere che il licenziamento intimato fosse comunque
illegittimo ma non si può affermare che la società datrice non abbia tenuto
conto delle richieste avanzate.

8. In conclusione, per le ragioni esposte, la
sentenza deve essere cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Roma
che, in diversa composizione, dovrà verificare la legittimità del licenziamento
intimato al signor G. tenendo conto delle domande di congedo/aspettativa
avanzate ai sensi degli artt. 26.9
e 35 del c.c.n.I. e dei
riscontri alle stesse da parte della R.F.I. s.p.a.. Alla Corte del rinvio va
demandata inoltre la regolazione delle spese del giudizio dì legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, anche per le
spese del giudizio dì legittimità.

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