Alfonso Tagliamonte

Il percorso logico-giuridico seguito dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione (v. da ultimo n. 12841/2020) in merito ai principi di diritto relativi al recesso per giusta causa in rapporto al codice disciplinare ed al contenuto nei contratti collettivi muove dal presupposto che, in tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro, facendo ritenere pregiudizievole agli scopi aziendali la continuazione del rapporto di lavoro.

In tal senso, è “determinante la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, denotando scarsa inclinazione all’attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza”.

La valutazione circa la congruità della sanzione espulsiva, tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto in base ad un “apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro”, spetta al giudice di merito che può riscontrare la sussistenza di una giusta causa per un “grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile” qualora tale grave inadempimento o tale grave comportamento abbia leso il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore.

Ciò, alla luce: a) delle tipizzazioni delle mancanze operate dalla contrattazione collettiva; b) dell’intensità dell’elemento intenzionale; c) del grado di affidamento richiesto dalle mansioni; d) della natura e della tipologia del rapporto di lavoro; e) della durata del rapporto medesimo; f) delle precedenti modalità di attuazione della relazione lavorativa; g) dell’assenza di sanzioni pregresse (v., fra tante, Cass. n. 2013/2012 e Cass. n. 13574/2011).

In via di principio, la giusta causa di licenziamento è nozione legale ed il giudice non è vincolato dalle previsioni del contratto collettivo, sebbene L. n. 183/2010 abbia previsto che “nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro” (art. 30, co. 3; v. Cass. n. 32500/ 2018). La scala valoriale espressa dal contratto collettivo costituisce infatti soltanto uno dei parametri cui egli deve fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c. (v. Cass. n. 14063/2019, annotata in questo sito da S. GIOIA, Licenziamento per giusta causa e tipizzazione del ccnl; n. 13865/2019 e n. 9396/2018, annotata in questo sito da F. DURVAL, Licenziamento disciplinare e autonomia collettiva).

Così, il giudice può escludere che la condotta del lavoratore, in considerazione delle circostanze concrete che la hanno caratterizzata, costituisca di fatto una giusta causa, pur essendo qualificata tale dal contratto collettivo (v. Cass. 4060/2011).

Il principio generale subisce eccezione nel caso in cui la previsione negoziale ricolleghi ad un determinato comportamento giuridicamente rilevante solo una sanzione conservativa. In questo caso, trattandosi di una condizione di maggior favore fatta espressamente salva dal legislatore (L. n. 604/1966, art. 12), il giudice non può estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti ed è vincolato a quanto stabilito dal contratto collettivo (v. Cass. n. 15058/2015; Cass. n. 4546/2013).

Questa regola non vale solamente nel caso in cui si accerti che le parti stesse “non avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità di una sanzione espulsiva, dovendosi attribuire prevalenza alla valutazione di gravità di quel peculiare comportamento, come illecito disciplinare di grado inferiore, compiuta dall’autonomia collettiva nella graduazione delle mancanze disciplinari” (v. Cass. n. 17337/2016 e n. 6165/2016).

Giusta causa: nozione legale e ccnl
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