Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2020, n. 24956

Violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul
lavoro, Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella massima
estensione, Elemento ostativo la presenza di numerosi precedenti penali a
carico dell’imputato, Reati colposi e di indole analoga a quello contestato,
Scarsa propensione del ricorrente al rispetto delle regole e all’osservanza
delle prescritte norme cautelari

 

Ritenuto in fatto e considerato
in diritto

 

1. A.L.T. propone ricorso avverso la sentenza con la
quale la Corte di appello di Torino, il 5 aprile 2019, ha parzialmente
riformato quoad poenam, e per il resto ha confermato, la pronunzia di condanna
emessa a suo carico in data 25 luglio 2017 dal Tribunale di Cuneo, che lo aveva
condannato alla pena di giustizia per il reato p. e p. dall’art. 590 cod.pen. (lesioni colpose con violazione
di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro).

Ne chiede l’annullamento lamentando, con unico
motivo, vizio di motivazione per mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche nella massima estensione.

2. Il ricorso è inammissibile per manifesta
infondatezza.

Ed invero, va premesso che in realtà la Corte di
merito (come già aveva fatto il giudice di primo grado) ha negato – e non
semplicemente concesso in misura inferiore al massimo – le attenuanti
generiche; ma lo ha fatto sulla scorta di un compiuto percorso argomentativo,
in cui è stata evidenziata quale elemento ostativo la presenza di numerosi
precedenti penali a carico dell’imputato (cui pure è stata concessa una
riduzione di pena), tutti per reati colposi e di indole analoga a quello oggi
contestato, così da deporre per una scarsa propensione del ricorrente al
rispetto delle regole e all’osservanza delle prescritte norme cautelari.

Ciò premesso, va ricordato che la graduazione della
pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita,
così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133
cod.pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di
cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (v. Cass.,
Sez. IlI, n. 1182/2008 del 17/10/2007, Cilia); ed inoltre va rammentato che,
nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione
(ex multis Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).

Al riguardo, come si è detto, la motivazione resa
dalla Corte di merito evidenzia i precedenti risultanti dalla biografia penale
del ricorrente, e tanto appare sufficiente a fondare il diniego delle
attenuanti generiche sulla base della valutazione negativa della personalità
del soggetto, ai sensi dell’art. 133 cod.pen..

3. Alla declaratoria di inammissibilità
dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima
equo determinare in euro 3.000,00.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
in favore della cassa delle ammende.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2020, n. 24956
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: