Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2020, n. 18653

Tributi, IRPEF, Trattamento pensionistico integrativo
dipendenti bancari, Tassazione, Contributi versati dal dipendente, Natura
facoltativa, Inclusione nella base imponibile

 

Ritenuto che

 

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione
della sentenza della CTR del Lazio, meglio indicata in epigrafe, che, in
controversia su impugnazione del diniego all’istanza di rimborso IRPEF, anno
2007, avanzata da G.R., ex dipendente della Banca Commerciale Italiana,
(riuniti gli appelli dell’Agenzia avverso le due sentenze di primo grado tra le
stesse parti con identica causa petendi e petitum) ha parzialmente rigettato
gli appelli dell’Ufficio, riformando la sentenza di primo grado. La CTR ha
rilevato che l’erogazione in forma capitalizzata delle prestazioni
previdenziali equiparabile, ex art.
6, co. 2, d.P.R. 917/1986, al reddito delle stessa categoria della pensione
integrativa va assoggettato al regime più favorevole di tassazione riducendosi
la base imponibile del 87,50%, anziché sottoporla al regime di tassazione
separata del TFR.

G.R. si costituisce con controricorso.

 

Considerato che

 

Il ricorso è affidato a due motivi.

Con il primo motivo, la ricorrente censura la
sentenza d’appello – per violazione degli artt. 17, comma 2, 48, comma 2, lett. a), del t.u.i.r.,
vigente ratione temporis (ora 19
e 51 del t.u.i.r.) – laddove
ritiene detraibili dall’imponibile di cui al fondo di previdenza complementare
i contributi versati dal lavoratore. Deduce che, essendo la previdenza
complementare facoltativa, ad essa va applicato l’art. 48, comma 2, del t.u.i.r.
(ora art. 51), secondo cui «non
concorrono a formare il reddito (solo) i contributi previdenziali e
assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a
disposizioni di legge»; di conseguenza, non essendo i contributi versati al
fondo di previdenza complementare imposti da norme di legge, ma solo da
convenzione tra le parti, essi concorrono a formare il reddito imponibile senza
alcuna detrazione.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 47, co. 1 e
48, co. 7bis, d.P.R. 917/1986, 2697 c.c.,
in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.,
per aver la CTR accolto la richiesta di tassazione al 12,50% tout court e non
soltanto sul rendimento in assenza di certificazione dell’investimento.

I motivi, che per la loro stretta connessione
meritano un esame congiunto, sono fondati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la
prestazione di capitale in fondo di previdenza complementare per il personale
di un istituto bancario (nella specie, il Fondo di previdenza complementare per
il personale della Banca Commerciale Italiana) effettui in favore di un ex
dipendente, in forza di accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al
trattamento pensionistico integrativo in godimento (cd. “zainetto”),
costituisce, ai sensi dell’art. 6,
comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, reddito della stessa categoria della
«pensione integrativa» cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi,
assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la
predetta forma di pensione.

Ne consegue che la base imponibile su cui calcolare
l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal fondo, senza che sia
possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi della
lett. a) dell’art. 48 del d.P.R. n.
917 del 1986 (nel testo in vigore fino al 31dicembre 2003), gli unici
contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il
reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge (Cass. n. 11156 del 7/5/2010; n. 23030 del 29/10/2014; n. 124 del 4/1/2018).

L’imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di
previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include
pertanto anche i contributi versati dal dipendente, attesa la loro natura
facoltativa (cfr. Cass. n. 27078 e n. 27079 del 2016, là dove si afferma che
«il Fondo pensione Comit, in quanto iscritto all’Albo dei fondi presso la COVIP
e assoggettato alla sua vigilanza, costituisce una forma di previdenza
complementare, concretizzandosi in una prestazione in forma di rendita
realizzata in modo volontario, con lo scopo di integrare la pensione
pubblica»), essendo fiscalmente esenti a norma dell’art. 48 TUIR vigente ratione
temporis (oggi art. 51) soltanto
i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati cioè «in ottemperanza a
disposizioni di legge» (Cass. 11156 del 2010, n. 124 e n. 2201 del 2018).

Il ricorso va, quindi, accolto, dovendosi dare
continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (da ultimo,
v. Cass. n. 5771/2020; nn. 33828 e 33827/2019;
24558/19; 17965/19; nn. 10479/2018; n. 5144 e
n. 5142 del 2018); la sentenza va cassata e, non occorrendo ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, col rigetto del
ricorso introduttivo del contribuente.

Vanno compensate le spese della fase di merito,
stante il recente consolidarsi della giurisprudenza in materia; le spese del
presente giudizio di legittimità vanno liquidate in base alla soccombenza come
in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo
nel merito, rigetta gli originari ricorsi del contribuente.

Compensa le spese del giudizio di merito; condanna
il contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in €.
1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

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