Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2020, n. 18663

Rapporto di lavoro, Svolgimento della prestazione in luoghi
sempre variabili e diversi, Inquadramento nella categoria dei trasfertisti

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza dell’8.8.13, la Corte d’Appello di
Torino, in parziale riforma della sentenza del tribunale della stessa sede, ha
condannato la società SIMET srl al pagamento della somma di euro 278.220, a
titolo di contributi dovuti ai sensi dell’art. 51, co. 6, del D.P.R. 917/86
(TUIR), oltre sanzioni.

2. In particolare, la corte territoriale ha rilevato
che i lavoratori erano tenuti all’espletamento della prestazione in luoghi
sempre variabili e diversi, sicché essi dovevano essere inquadrati nella
categoria dei trasfertisti, con conseguente assoggettamento a contribuzione
previdenziale delle somme corrisposte agli stessi a titolo di trasferta, in
applicazione dell’art. 51, co. 6,
del D.P.R. 917/86 (TUIR).

3. Avverso tale sentenza ricorre la società per tre
motivi, cui resiste l’INPS con controricorso.

 

Considerato che

 

4. Con i primi due motivi di ricorso, trattati
congiuntamente, il ricorrente -ai sensi dell’articolo
360 co. 1 n. 3 e 5 – lamenta violazione dell’art. 51, co. 6, del D.P.R. 917/86
(TUIR) ed omesso esame di fatto decisivo discusso dalle parti, per avere la
sentenza impugnata trascurato che per i lavoratori in questione era indicata
nel contratto di assunzione una sede di lavoro, ove peraltro la gran parte
della prestazione era resa, essendo corrisposta l’indennità di trasferta solo
in correlazione con l’effettivo occasionale svolgimento di attività lavorativa
in sede diversa. Sottolinea la ricorrente in particolare che la norma
richiamata demandava a decreti ministeriali appositi la determinazione della
categoria dei trasfertisti, e che, non essendo questi mai intervenuti, devono
trovare applicazione i criteri fissati dai medesimi organi amministrativi
(Ministero delle Finanze) con circolare 326/E del
1997, ripresa dall’INPS con messaggio amm.
027271 del 2008, secondo i quali ai fini dell’applicabilità del richiamato
co. 6 devono sussistere congiuntamente le tre condizioni (la mancata
indicazione nel contratto di assunzione della sede di lavoro, lo svolgimento di
un’attività lavorativa che richieda ai lavoratori continui spostamenti, la corresponsione
al dipendente di un’indennità in misura fissa, non legata all’effettivo
svolgimento dell’attività in trasferta), due della quali almeno nella specie
non ricorrenti.

5. I motivi sono fondati.

6. Occorre premettere che la qualificazione delle modalità
di espletamento della prestazione di un lavoratore ai fini dell’applicazione
del regime della trasferta (rilevante ai fini del co. 5 della richiamata norma
del TUIR) o del regime dei trasfertisti (rilevante ai fini del diverso co. 6) è
riservata al giudice di merito, la cui valutazione costituisce giudizio di
fatto che, se congruamente motivato, non è censurabile dal giudice di
legittimità.

7. Spetta invece al giudice di legittimità le
precisazione dei criteri legali differenziali tra le due fattispecie.

8. Al riguardo, va preliminarmente ricordato che l’art. 12 della I. n. 153 del 1969,
come sostituito dall’art. 6 del
d.lgs. n. 314 del 1997, prevede che per il calcolo dei contributi di
previdenza ed assistenza sociale si applicano le disposizioni contenute nell’art. 48 (oggi, all’esito della
riforma del 2004, art. 51) del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R.
917 del 1986. Ciò posto, l’art.
51, mentre al co. 5 prevede che le indennità percepite per trasferte
prevede o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il
reddito per la parte eccedente l’importo dalla norma prevista, al comma 6
prevede che “le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai
lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in
luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di
continuità, … concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento
del loro ammontare”.

9. La norma è stata oggetto di interpretazione
autentica con l’art. 7-quinquies,
di. 22 ottobre 2016 n. 193 (conv. in L. 10
dicembre 2016 n. 225), il quale, nel dettare disposizioni in materia di
«Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di
lavoratori in trasferta e trasfertisti», ha disposto che «Il comma 6 dell’articolo 51 del testo
unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917», debba interpretarsi «nel senso che i
lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali
sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel
contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo
svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del
dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento
dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità
o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere
se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è
svolta». Si è poi precisato al comma 2, che «Ai lavoratori ai quali, a seguito
della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è
applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 51 del testo unico
di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è
riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51».

10. Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 27093 del 15.11.2017, hanno ritenuto
la conformità dell’art. 7
quinquies -quale norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione
autentica”- ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del
legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che
all’art. 117, comma 1, Cost., sotto il profilo
del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo di cui
all’art. 6 della CEDU.

11. All’esito di tale pronuncia la giurisprudenza di
questa Sezione della Corte (da ultimo Cassazione
Sez. L, Sentenza n. 21410 del 14/08/2019, Rv. 654809 – 02, e Sez. L, Ordinanza n. 12648 del 13/05/2019, Rv.
653763 – 01) ha costantemente ritenuto che in materia di trattamento
contributivo dell’indennità di trasferta, l’art. 51, comma 6, del d.P.R. n. 917 del
1986, secondo l’interpretazione autentica di cui all’art. 7 quinquies del d.l. n. 193 del
2016, conv., con modif., in I. n. 225 del 2016,
si applica ai lavoratori per i quali sussistono contestualmente le seguenti
condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di
assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che
richiede la continua mobilità; c) la corresponsione al dipendente, in relazione
allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi,
di un’indennità o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”.

12. Orbene, ai predetti criteri così come
individuati da questa Corte ed alla luce dello ius superveniens non risulta
essersi informata l’indagine di merito condotta nell’impugnata sentenza dalla
Corte d’appello che – ritenendo non rilevante l’indicazione in contratto della
sede di lavoro e non considerando la misura dell’indennità corrisposta a titolo
di trasferta – ha qualificato i lavoratori in questione
“trasfertisti” in base a criterio ormai non più decisivo nel nuovo
quadro normativo e giurisprudenziale.

13. Il terzo motivo di ricorso – con il quale la
ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.
3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 2112/2000
(Statuto del Contribuente), per avere la sentenza violato l’affidamento riposto
dal contribuente nelle circolari amministrative in materia tributaria- resta
assorbito.

14. La sentenza impugnata per quanto detto deve
essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Torino in diversa
composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito
il terzo; per l’effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione anche
per spese del giudizio di legittimità.

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